La crisi Occidentale odierna
e il richiamo all’orchestra del Titanic Benedetto
Croce, filosofo hegeliano di stretta osservanza, oggi molto amato dai
post-comunisti sedicenti neo-liberali (come Giovanni Gentile lo è dai neo fascisti)
diceva di fare gli scongiuri quando gli ricordavano Oswald Spengler e la
profezia contenuta nel suo libro (Il Tramonto dell’Occidente). Se
lo storico abruzzese vivesse ancora oggi, dovrebbe passare il suo tempo a fare,
come suole dirsi, “le corna” con entrambe le mani, perché ormai anche
pennivendoli di provincia quando parlano del destino dell’Occidente evocano la
tragedia del “Titanic”. Se
ne parla, ovviamente, in vario modo. C’è chi si limita a individuare la banchina di
ghiaccio dell’iceberg in cui la nave Occidentale si è incagliata nelle sanguinose guerre in
corso in Ucraina e in Israele e c’è chi si dilunga a ricordare tutti gli eventi
bellici e fortemente aggressivi che gli Stati Uniti, dopo la seconda guerra
mondiale, hanno avviato, a ripetizione, in tutte le parti del globo su input di spie, generali, finanzieri di Wall Street e industriali delle armi;
c’è chi rammenta l’odio che i
discendenti dello zio Sam hanno seminato in un mondo che rifiuta gli equilibri
attuali che si sono stabiliti nello scenario internazionale (le aspettative
dei due terzi del Pianeta sono quelle di non essere più dominati dal terzo, l’Occidente,
a sua volta egemonizzato per giunta dal più ristretto polo anglosassone) e c’è chi
critica la pretesa che all’interno del Vecchio Continente strumenti di dominio
come la NATO e l’Unione Europea (governata da Vicerègraditi Oltreoceano e Oltremanica) facciano
il bello e il cattivo tempo, accentuando le sofferenze per il servaggio che la
“Vecchia Signora” è costretta a subire,. E ciò, anche, perché il numero dei “politici
servi dell’America” copre, quasi in ogni Stato, tutto l’arco governativo e quello
dell’opposizione. Molto
spesso poi la tragedia del “Titanic” è citata sui media per i rituali (come
quelli in corso per il G7 nel finto paesello di Borgo Egnazia in Puglia) con le
massime autorità degli Stati Occidentali, protagoniste della performance, sempreapparentemente gioiose, piene di incomprensibile gaudio salottiero,
allegre, spensierate a dispetto del sangue che scorre in Europa e Medio Oriente
e della mancanza di un serio e vero impegno di pace. Tali
cerimonie compulsive, infatti, richiamano alla mente gli sforzi degli
orchestrali a bordo del transatlantico, che continuarono a suonare fino alla
scomparsa negli abissi marini della nave, dopo lo scontro finale con la parte
emersa del mastodontico iceberg. Non
è difficile (non per chi scrive ma) per chi crede nella vita ultraterrena,
immaginare Croce rivoltarsi nella tomba: l’Occidente sta andando a rotoli come
aveva previsto Spengler e non c’è utopia hegeliana o cristiana (“perché non
possiamo non essere cristiani”, scriveva il Pescasserolese, al contrario di
Bertrand Russell che affermava: “perché non sono cristiano”) che tenga. Il
resto è pura “accademia”. Ciò
che dei veri giornalisti, non preoccupati unicamente di mostrare lo sfarzo
della messa in scena, oggi dovrebbero chiedersi è se in quegli incontri di
vertice che hanno tutta l’aria di essere inutili e illusori (“aria fritta”, si
diceva un tempo) c’è qualcuno dei tanti ilari e sorridenti leader che ricordi e dica che a ottanta anni dalla firma del
Trattato di pace (post seconda guerra mondiale) è giunta l’ora di smetterla di impedire
agli Europei continentali (sconfitti o vincitori) di crescere economicamente
solo per salvaguardare gli interessi anglo-americani. In altre e più chiare
parole è il momento di consentire loro: a)
di contrastare l’opera di navi di più che dubbia natura che favoriscono l’ immigrazione
di sbandati che occupano terre per condannarle a una progressiva estinzione (v.
caso della Svezia), b)
di ostacolare l’opera, a livello di Unione Europea dei “viceré” volta a
promuovere o perpetuare misure destinate a non far crescere la nostra economia:
flat-tax vietata se non per i redditi bassi (del tutto inutile per l’incremento
produttivo), austerity, blocco del bilancio statale, imposizione di acquisti motivati
da presunte ragioni ecologiche ma destinati a ben altro.