Il
concetto di cittadinanza, oggi sottoposto a dibattito nel sistema politico
italiano, fa capo a molteplici tradizioni e noi viviamo in un’epoca nella quale
si ravvisa ancora l’origine dalle rivoluzioni borghesi, inglese, americana e francese.
Se si riconosce questo punto di partenza deve essere riconosciuto anche lo
stretto intreccio tra cittadinanza e democrazia nella sua forma classica “liberale”.
Quella forma classica “liberale” oggi in crisi sotto l’assalto delle visioni
autocratiche fondate sull’idea dell’eccesso di domanda da ridurre limitandone l’estensione
dell’agibilità (da Schimtt a Luhmann). Da questo schema risulta ancora diverso
quello che possiamo nuovamente definire “caso italiano” perché l’autocrazia
obiettivo della destra di governo si intreccia (oltre all’ovvietà del
nazionalismo) a una visione economico-sociale di tipo corporativo. Il tema del
riconoscimento della cittadinanza passa allora attraverso la ricerca dell’uguaglianza,
intendendo l’appartenenza alla comunità il fattore dinamico della ricerca delle
modificazioni sociali. Se infatti l’uguaglianza tra i cittadini deve essere
estesa a un numero sempre maggiore di donne e di uomini ciò deve prevedere una
definizione formale come membri della comunità. Questo processo di definizione
formale si lega direttamente, come sostenuto all’inizio, all’affermazione della
democrazia il cui mezzo di estensione rimane il suffragio universale e l’equa
risultanza del voto quale effetto della diversità di opinioni e dell’organizzazione
di queste diversità. L’affermarsi del multiculturalismo comporta la coesistenza
tra un principio di carattere individuale (eguaglianza) e un principio di
carattere sovraindividuale che reclama l’organizzazione dei principi e degli
interessi divergenti. La negazione del diritto di cittadinanza (diritto
ovviamente da regolarsi nelle condizioni storiche) è dunque rifiuto del
pluralismo nel suo senso più ampio: da parte nostra affermare questo intreccio
tra rifiuto della cittadinanza e rifiuto del pluralismo non è certo
condivisione di una banalità. La discussione in corso tra le forze politiche
sul diritto di cittadinanza attraverso la nascita o la scuola è quindi parte
integrante dello scontro in atto sui temi costituzionali della forma di Stato e
di Governo (tra l’altro dovrebbe essere oggetto della discussione in atto
quanto la modifica del metodo di elezione al vertice della carica monocratica
esecutiva di governo muti la stessa forma di Stato repubblicana). Riconoscere
questo elemento fondativo dello scontro politico in atto è riconoscere la
qualità della vicenda storica che stiamo attraversando rendendo ragione alla
necessità di produrre la formazione di un adeguato schieramento costituzionale,
ricordando anche come l’assetto costituzionale italiano rappresenti un punto
avanzato rispetto alle stesse origini classiche del costituzionalismo europeo
richiamate all’inizio. Nei contenuti espressi dal costituzionalismo italiano è
forte l’impatto delle correnti culturali che avevano ispirato le lotte per l’eguaglianza
sociale e per la liberazione dalla tirannia, e questo è un punto che va ricordato. Infine:
abbiamo visto come premierato, autonomia differenziata, riconoscimento della
cittadinanza sono questioni che non possono essere affrontate in maniera
isolata l’una dall’altra ma elementi di una visione d’insieme della convivenza
democratica che dobbiamo difendere, affermare, coltivare con cura.