Sicontinuano le considerazioni sulle parole
che contengono la teta. La radice σαθ (genera il mancare il crescere), che, in greco, aveva fatto dedurre σαθή: membro virile e σάθων: giovinetto
vigoroso, servì ai latini, ormai contadini, per formare il supino satum
(in ciò che è stato seminato si deduce ciò che è cresciuto) del verbo sero
(dal generare il mancare dallo scorrere) sevi, satum: semino/seminato
e seminativo. Nel satus, in chi ha seminato/in ciò che è
stato seminato, è avvenuta la crescita, conseguente al mancare del seme.
Quindi, σαθdivenne una radice, da cui: satis: abbastanza,
susseguente a questa perifrasi: genera il mancare il crescere, a causa del
legame; quindi: satur come grembo cresciuto al massimo, da rendere con: saturo,
sazio, sazietà, poi: satura lanx come piatto pieno di
frutti o una sorta di panzerotto farcito come offerta votiva. Quindi: per
saturam: senz’ordine, irregolarmente, da cui la satira come
genere letterario, in quanto da una vicenda ingarbugliata, dove il mancare
cresce, si perviene a legare l’ordito della vicenda. Inoltre, dentro il
concetto di satur si deduce la divinità di Saturno, dio
dell’agricoltura, dell’abbondanza (come crescita), tutt’uno come mitico
dio dell’età dell’oro, cantato nelle elegie di Tibullo.
Si ricorda,
incidentalmente, che, invece, dalla radice σατ, da decodificare: genera il crescere il tendere, fu dedotto satrapo,
che è colui cui il sovrano, dai vasti/cresciuti territori, affida il
governo di una provincia, furono ricavati: satiro, fecondatore
per eccellenza, satiriasi, come priapismo per qualche pozione azzurrina e il dramma
satiresco. Dalla radice ανθ assibilata in ανς (da dentro
il crescere), i greci avevano formulato: ἀνθέω: fiorisco e ἄνθος: fiore. I latini
dalla radice ανθ/ανςelaborarono ανθ(η): prima (nel tempo), davanti (nello
spazio). I latini, presumibilmente, indicarono prima,dalla
crescita del flusso gravidico, e davanti, in quanto il grembo che cresce
è davanti alla gestante e agli astanti. Tengo a precisare che, i greci,
in ἀνθ-ίστημι: pongo in faccia, pongo contro, con ανθ, avevano prefigurato davanti. I latini, inoltre, da questa
radice, dedussero: ansa come manico della panciuta brocca,
sicuramente: anser anseris:(la grassa) oca, antiquus:
antico, che è l’anteriore di prima, il prima prima (quando Berta
filava!). Probabilmente, in antiquus, così come in arcaico, si
può intravedere il superamento di una concezione del processo formativo!
Anche gli
italici utilizzarono ansa, dando, però, il significato di protuberanza
della gravida; formularono anche: ansare, ansante, ansimare,
poi: ansia per l’evento nascita, per i latini: anxius (ansioso), anxia
(ansia), che rimandano allo stesso contesto, ma dedotti da: ἄγχω, in latino: ango:
stringo, che contestualizza la creatura avviluppata nella fase del
travaglio, con conseguente possibile nocumento per la creatura stessa e per la
gestante. Come ho già
detto, la consonante θ(teta) molte
volte si assibila, come in ρίςρινός, in latino nasus (alla greca: ναθος).Entrambi definiscono una
funzione di questo organo: fiutare l’eventuale ingravidamento. I greci dissero:
va a scorrere il crescere, per cui si genera (manca) ciò che annusa; i latini
dissero: da dentro il crescere è quello che ci vuole: il naso. Si sottolinea
che nascor/natus contengono lo stesso tassello: ναθχωρ(quindi: νασχωρ) /ναθος. Il respiro
affannoso, conseguente ad una patologia, fu reso dai greci con il conio ἄσθμαατος, deverbale di ἄω: respiro,
la cui perifrasi suona così: il respiro manca (as)/genera per una crescita, che
persiste legando. Il verbo
deponente reor reris/ratus sum: penso, credo, giudico,
stimo ha, al perfetto, una radice completamente diversa, che ha
consentito a rat, da scrivere alla greca ραθ (genera lo scorrere il crescere), sviluppi logici del tutto inattesi.
Come si è detto innumerevoli volte, i verbi deponenti indicano il punto di
vista di chi osserva il processo di formazione dell’essere, per cui il pastore
latino asserisce che, osservando il grembo della gravida, deduce penso, credo
ecc., ma, al perfetto, per indicare chi ha pensato, elaborò una
perifrasi di questo tipo: ciò che è conseguito dallo scorrere il crescere
l’andare a mancare per ottenere la creatura. Da qui il pastore, o chi per
lui, deduce un concetto forte, contenuto in ratio rationis, il motivo
per cui si attiva il processo di riproduzione, dal pochissimo (il seme di
grano) ottenere moltissimo (la spiga di grano). Poi, altri, non i latini,
dedussero, razionale come dedotto da ratus: pensato. Molto
probabilmente, fu dedotta dagli italici la ragione, anche se, per
quest’ultima, si deve pensare alla radice ραγ(dallo
scorrere genera). Inoltre, dalla radice ραθfurono
dedotti sicuramente il sostantivo ratto e l’aggettivo ratto: “ch’al
cor gentil ratto s’apprende”.
Si riportano
i significati assegnati al participio/aggettivo ratus: valido (da
cui: ratifica), costante, fisso, stabilito, anche
per capire il significato in italiano di razione (di cibo). Sicuramente il
significato attribuito a rata, quindi a rateo e a rateizzare,è frutto di un divenire della parola, i cui germi possono essere: sulla
base della crescita (dallo scorrere il crescere) si divide in quote fisse proporzionali
(pro rata parte: in parte proporzionale). Per quanto
riguarda la parola razza,bisogna dire che è stata coniata dagli
italici e si può pensare che, inizialmente, indicasse un animale di una stessa
famiglia che aveva particolari caratteristiche. Pertanto, il significato dato
dai moderni a razza e a razzismo è stato acquisito. Si può
supporre che sia stata dedotta dalla radice ραθcon
l’aggiunta del calco ια/ja e che,
quindi, il significato della perifrasi si possa rendere così: è ciò che si genera
dallo scorrere il crescere, che è una definizione sintetica e riduttiva e che,
comunque, puntualizza lo sviluppo dell’animale.
Molto
probabilmente la radice di grat-us rimanda al tassello χραθ, perché in greco con χάριςχάριτος, prima dell’assibilazione χαριθ, furono
indicati: grazia (anche Grazia in senso cristiano), bellezza, favore,
gratitudine, riconoscenza e con ΧάριτεςΧαρίτων: le Grazie. Infatti, in gratus (è ciò
che lega il generare lo scorrere del passare il crescere) sono presenti i
concetti di gratitudine per quello che la mamma ha fatto e di bellezza, se da gratus
discende anche grazioso, mentre da gratia fu dedotto l’avverbio gratis.
Inoltre, da grat fu dedotto il verbo deponente grat-ulor: manifesto
la mia propria gioia, mi rallegro, manifesto gratitudine, ringrazio
e, quindi, congratulo. Mi piace
soffermare l’attenzione sulla parola stilla, che ha dato luogo a stillare,
a instillare, a distillare. Il crescere e il far crescere è
proprio della femmina, per cui da θάωfurono
ricavati: succhio, mungo, allatto, mentre da θήλη: mammella, capezzolo, gli italici dedussero appunto: stilla,
che, come tante parole, è un deittico.