GIORNATA DEL RISPETTO DI
OGNI SPIRITUALITÀ di Giulio Mignani e
Gigliola Biavaschi
Perché? L’esperienza quotidiana ci pone a contatto
con un sentire, pervasivo e sempre più generalizzato, che si esprime in una
continua e sfibrante tensione, intellettuale e sociale, di fronte a ciò che
risulta nuovo, sconosciuto, diverso, destabilizzante rispetto al sistema di
valori, civili e religiosi, che ciascuno sente come propri, intoccabili, gli
unici degni di essere perseguiti. In questo clima “non disteso”,
per usare un eufemismo, le religioni giocano spesso un ruolo di primo piano.
Pensiamo ai conflitti armati che segnano il nostro tempo, ma anche al
potenziale distruttivo che esprimono le quotidiane manifestazioni di
intolleranza, anche religiosa appunto, a livello di piccole o grandi realtà
locali; episodi che, sommati, lacerano il tessuto sociale, la “societas” intesa
come solidale e rispettosa compresenza di diversi che condividono lo stesso
suolo, si riconoscono nello stesso ordinamento giuridico, convergono verso
obiettivi condivisi. Persiste la tendenza, da parte delle varie religioni
(soprattutto le tre monoteistiche), ad assolutizzare il pensiero di cui sono
portatrici, ciascuna pretendendo che esso sia il solo vero e autenticamente
“salvifico”. Ci è sembrato quindi non
inutile mettere a tema, in una giornata dedicata, la necessità di acquisire una
mentalità capace di includere le diversità e di entrare in dialogo con esse. È
l’unico modo per pensare società armoniche e pacifiche. Da queste considerazioni
è dunque maturata l’idea di celebrare ogni anno, in due piccoli centri della
Liguria (prima Bonassola e in un secondo tempo Montaretto), nella prima
domenica di settembre, quella che abbiamo chiamato “Giornata del rispetto di
ogni Spiritualità”. Un evento molto semplice, incentrato sulla lettura di una
“Dichiarazione di intenti”, preceduta da una breve riflessione e seguita da 15
minuti di meditazione silenziosa.
I temi Si parte dal
riconoscimento di una dimensione dell’essere umano, quella spirituale, non
riducibile alla sfera biologica e materiale: qualcosa di “ulteriore”, capace di
indicare un senso che orienti la vita e delinei orizzonti di speranza;
dimensione dunque che merita cura e rispetto e che ciascuno “nutre” seguendo
diverse strade, diverse spiritualità. In relazione a queste diverse possibili
vie, affinché si possa sperimentare un reale e profondo rispetto reciproco, è
auspicabile che ciascuno pervenga alla consapevolezza che nessuno “possiede” la
Verità nella sua compiutezza e assolutezza, nessuno può ritenere di esserne il
detentore esclusivo e privilegiato. Il tempo di silenzio
dedicato alla meditazione interiore, nella Giornata del Rispetto, vuole allora
esprimere il desiderio di porsi, individualmente ma gli uni accanto agli altri,
di fronte alla realtà più alta della quale ciascuno si sente parte (che alcuni
chiamano Dio, altri Allah, altri Yahweh, altri energia, altri semplicemente
“mistero”…); significando inoltre, con la vicinanza anche fisica, l’intenzione
di onorare, in un rispettoso silenzio, la parte più preziosa e “divina” che
abita l’interiorità di chi ci sta accanto, nella varietà dei modi secondo i
quali tale dimensione viene sperimentata e nutrita.
Qualche chiarimento L’iniziativa relativa
all’evento di cui stiamo parlando potrebbe forse ritenersi superflua: inutile
appendice, o replica, dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso, esperienze
da tempo praticate e apprezzate in molti ambiti, religiosi o di impegno civile.
In realtà la nostra proposta introduce alcuni tratti distintivi a nostro parere
non trascurabili. Ci pare infatti che sia giunto il momento di spingerci un po'
oltre la spiritualità ecumenica, senza tuttavia in alcun modo misconoscerla. Da
un lato si sente l’esigenza di includere nel dialogo anche chi, pur interessato
alla cura della propria interiorità, non desidera esprimerla secondo modalità
religiose. Dall’altro si vede la necessità che le religioni stesse, soprattutto
le tre “religioni del Libro” (Islamismo, Ebraismo, Cristianesimo), pervengano
ad una sorta di “conversione” in rapporto all’idea di Verità che veicolano e
alimentano. L’idea di Verità, in sé
nobile e alta, risulta infatti, nella pratica, fra i motivi più potenti di
divisione che possano essere concepiti; soprattutto qualora essa venga assunta
e proposta dai singoli soggetti religiosi in modo esclusivo ed assoluto, ideologicamente,
come bandiera di un gruppo, di un’istituzione, di un movimento di pensiero. Una tale prospettiva
rende molto difficile un dialogo onesto e non semplicemente rituale o affidato
all’emotività indotta da eventi di forte risonanza mediatica.
Esperienze Non meno grave è la
mancanza di dialogo interno alle religioni stesse. In particolare l’impianto
dottrinale e dogmatico che ancora e persistentemente caratterizza i monoteismi,
non consente alcun serio confronto o pluralità nei modi del pensiero e
dell’appartenenza. Anche in seno al cattolicesimo (nella cui tradizione chi
scrive si è formato) l’immobilismo e l’inadeguatezza nel rispondere alle
domande della contemporaneità, conseguenti a tale impostazione dogmatica, sono
evidenti, sperimentabili ed escludenti verso chi desideri impostare il proprio
percorso di fede in modo più libero ed aperto alla problematicità. Eppure lo scopo di molti
“dissenzienti” non è certo quello di misconoscere l’idea di Verità, ma di
“tutelarla”. Come osservava autorevolmente Jaspers nel suo saggio “La fede
filosofica”, tutelare la Verità significa sottrarla ad ogni tentativo di
imprigionarla in un sapere assoluto e definitivo, via fallace perché la realtà
dell’essere è per sua natura complessa e contraddittoria. La pretesa
esclusivistica della fede, inoltre, secondo lo stesso autore, non è altro che
volontà di potenza la quale può tradursi, in casi estremi (ma più volte
sperimentati nella storia) in desiderio di combattere, di distruggere, di
tormentare. L’apparente difesa della Verità può dunque diventare, paradossalmente,
uno strumento di divisione o addirittura di odio.