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domenica 8 settembre 2024

GIORNATA DEL RISPETTO DI OGNI SPIRITUALITÀ    
di Giulio Mignani e Gigliola Biavaschi


 

Perché?
L’esperienza quotidiana ci pone a contatto con un sentire, pervasivo e sempre più generalizzato, che si esprime in una continua e sfibrante tensione, intellettuale e sociale, di fronte a ciò che risulta nuovo, sconosciuto, diverso, destabilizzante rispetto al sistema di valori, civili e religiosi, che ciascuno sente come propri, intoccabili, gli unici degni di essere perseguiti.
In questo clima “non disteso”, per usare un eufemismo, le religioni giocano spesso un ruolo di primo piano. Pensiamo ai conflitti armati che segnano il nostro tempo, ma anche al potenziale distruttivo che esprimono le quotidiane manifestazioni di intolleranza, anche religiosa appunto, a livello di piccole o grandi realtà locali; episodi che, sommati, lacerano il tessuto sociale, la “societas” intesa come solidale e rispettosa compresenza di diversi che condividono lo stesso suolo, si riconoscono nello stesso ordinamento giuridico, convergono verso obiettivi condivisi. Persiste la tendenza, da parte delle varie religioni (soprattutto le tre monoteistiche), ad assolutizzare il pensiero di cui sono portatrici, ciascuna pretendendo che esso sia il solo vero e autenticamente “salvifico”.
Ci è sembrato quindi non inutile mettere a tema, in una giornata dedicata, la necessità di acquisire una mentalità capace di includere le diversità e di entrare in dialogo con esse. È l’unico modo per pensare società armoniche e pacifiche.
Da queste considerazioni è dunque maturata l’idea di celebrare ogni anno, in due piccoli centri della Liguria (prima Bonassola e in un secondo tempo Montaretto), nella prima domenica di settembre, quella che abbiamo chiamato “Giornata del rispetto di ogni Spiritualità”. Un evento molto semplice, incentrato sulla lettura di una “Dichiarazione di intenti”, preceduta da una breve riflessione e seguita da 15 minuti di meditazione silenziosa.


 

I temi
Si parte dal riconoscimento di una dimensione dell’essere umano, quella spirituale, non riducibile alla sfera biologica e materiale: qualcosa di “ulteriore”, capace di indicare un senso che orienti la vita e delinei orizzonti di speranza; dimensione dunque che merita cura e rispetto e che ciascuno “nutre” seguendo diverse strade, diverse spiritualità. In relazione a queste diverse possibili vie, affinché si possa sperimentare un reale e profondo rispetto reciproco, è auspicabile che ciascuno pervenga alla consapevolezza che nessuno “possiede” la Verità nella sua compiutezza e assolutezza, nessuno può ritenere di esserne il detentore esclusivo e privilegiato.
Il tempo di silenzio dedicato alla meditazione interiore, nella Giornata del Rispetto, vuole allora esprimere il desiderio di porsi, individualmente ma gli uni accanto agli altri, di fronte alla realtà più alta della quale ciascuno si sente parte (che alcuni chiamano Dio, altri Allah, altri Yahweh, altri energia, altri semplicemente “mistero”…); significando inoltre, con la vicinanza anche fisica, l’intenzione di onorare, in un rispettoso silenzio, la parte più preziosa e “divina” che abita l’interiorità di chi ci sta accanto, nella varietà dei modi secondo i quali tale dimensione viene sperimentata e nutrita.


 

Qualche chiarimento
L’iniziativa relativa all’evento di cui stiamo parlando potrebbe forse ritenersi superflua: inutile appendice, o replica, dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso, esperienze da tempo praticate e apprezzate in molti ambiti, religiosi o di impegno civile. In realtà la nostra proposta introduce alcuni tratti distintivi a nostro parere non trascurabili. Ci pare infatti che sia giunto il momento di spingerci un po' oltre la spiritualità ecumenica, senza tuttavia in alcun modo misconoscerla. Da un lato si sente l’esigenza di includere nel dialogo anche chi, pur interessato alla cura della propria interiorità, non desidera esprimerla secondo modalità religiose. Dall’altro si vede la necessità che le religioni stesse, soprattutto le tre “religioni del Libro” (Islamismo, Ebraismo, Cristianesimo), pervengano ad una sorta di “conversione” in rapporto all’idea di Verità che veicolano e alimentano.
L’idea di Verità, in sé nobile e alta, risulta infatti, nella pratica, fra i motivi più potenti di divisione che possano essere concepiti; soprattutto qualora essa venga assunta e proposta dai singoli soggetti religiosi in modo esclusivo ed assoluto, ideologicamente, come bandiera di un gruppo, di un’istituzione, di un movimento di pensiero.
Una tale prospettiva rende molto difficile un dialogo onesto e non semplicemente rituale o affidato all’emotività indotta da eventi di forte risonanza mediatica.


 

Esperienze
Non meno grave è la mancanza di dialogo interno alle religioni stesse. In particolare l’impianto dottrinale e dogmatico che ancora e persistentemente caratterizza i monoteismi, non consente alcun serio confronto o pluralità nei modi del pensiero e dell’appartenenza. Anche in seno al cattolicesimo (nella cui tradizione chi scrive si è formato) l’immobilismo e l’inadeguatezza nel rispondere alle domande della contemporaneità, conseguenti a tale impostazione dogmatica, sono evidenti, sperimentabili ed escludenti verso chi desideri impostare il proprio percorso di fede in modo più libero ed aperto alla problematicità.
Eppure lo scopo di molti “dissenzienti” non è certo quello di misconoscere l’idea di Verità, ma di “tutelarla”. Come osservava autorevolmente Jaspers nel suo saggio “La fede filosofica”, tutelare la Verità significa sottrarla ad ogni tentativo di imprigionarla in un sapere assoluto e definitivo, via fallace perché la realtà dell’essere è per sua natura complessa e contraddittoria. La pretesa esclusivistica della fede, inoltre, secondo lo stesso autore, non è altro che volontà di potenza la quale può tradursi, in casi estremi (ma più volte sperimentati nella storia) in desiderio di combattere, di distruggere, di tormentare. L’apparente difesa della Verità può dunque diventare, paradossalmente, uno strumento di divisione o addirittura di odio.