In greco θήρθηρός significa: animale
selvaggio, belva, fiera, omologo del lesbico φήρ e del tessalico φείρ, con lo
stesso significato. Questi due lemmi giunsero nel Lazio dando luogo a: θηρ-r-eo/territum: metto in fuga, spavento, atterrisco,
da cui furono dedotti: terribile e atterrire, quindi: deterreo
e deterrente, perterreo (spavento, sbigottisco),
da cui: imperterrito. Imperterrito trasmette un’immagine di persona impavida,
che non si scompone, che, salda, non arretra, nemmeno di fronte ad una belva
che ringhia minacciosa. Sempre dal lemma θήρ, i latini
dedussero: protervus: ardito, altero, arrogante, sprezzante,
ad indicare com’è l’atteggiamento della belva, che altri, da una radice
diversa, definirono, positivamente, fiero. Poi, da protervo fu
coniata la protervia. Invece da φήρ furono
dedotti: ferus/fera, ferox, ferocia, inferocito, infierire,
ma anche: ferio: ferisco. Inoltre, c’è da dire che la perifrasi
di θήρθηρός suona così:
è quello (l’animale) che crescendo sono costretto a legare, per cui, è
possibile che i latini se ne siano serviti per elaborare θηρ-ra, come quella che dallo scorrere delle stagioni fa crescere ciò che
manca (ciò che è necessario). La stessa cosa si può dire della radice che
ha generato tenlus telluris (da scrivere alla greca: θενλουδθελλουριδ), da tradurre: da dentro il crescere del flusso gravidico,
che rappresenta la semina, legando, genera. Da θηρ, per assibilazione della lettera teta, fu elaborato serus (dal
generare il crescere lo scorrere è ciò che lega): tempo tardo, avanzato,
da cui, poi, la sera.
Immagine mutuata dal preparto. Anche serio e serietà rimandano
alla stessa radice, in quanto contestualizza la fase del travaglio: dallo
scorrere il crescere c’è il legare/la stretta del travaglio: è un fatto
serio, anzi, angosciante! Anche sereno dovrebbe
rimandare alla stessa radice, volendo indicare la calma, la tranquillità del
grembo nello stadio iniziale.Da θερ, sempre per
assibilazione della lettera teta, fu formulato sero, serui, sertum
(alla greca: δηρθ-um: ha legato dallo scorrere il crescere l’ho il
rimanere): lego insieme, concateno, intreccio, connetto,
da cui il deverbale: series (alla greca: θηρ-ies: dal generare lo scorrere il crescere, va dal legare): serie,
ordine, concatenamento, poi: desero/desertum: abbandono,
ad indicare il grembo dopo il parto: abbandonato! Tengo a precisare che
il participio passato sertus (intrecciato) modifica la radice,
diventando: δηρθ-us: è stato generato dal generare il legare lo
scorrere il crescere, perché ai latini premeva esprimere l’anteriorità
dell’azione!
C’è una
radice αλθ/αλς, da
tradurre: dallo sciogliere il crescere/genera lo sciogliere il
crescere, da cui i greci, al femminile, dedussero ἅλςἁλός, attribuendo
il significato di: mare; al maschile, invece, quelli di: sale/ingegno.
La traduzione di ἁλός dovrebbe essere: genera lo sciogliere il legare, che sicuramente
rende il concetto di ingegno, in quanto è frutto di acume la decisione di legare
madre e figlio al fine di determinare il processo formativo dell’essere. I
latini utilizzarono sia αλθ/αλς(genera lo
sciogliere il crescere) sia σαλ(cresce dallo
sciogliere), ovvero, premettendo la teta assibilata a αλ. Pertanto, altus
dei latini fu dedotto della radice αλθ, aggiungendo
la desinenza us (lega la creatura). Da alto gli italici
dedussero: altezza, alzare, innalzare, altana, altèro,.
I latini da αλθricavarono: αλθ-er/alterius,
attribuendo il seguente significato: l’uno dei due oppure: l’altro (il
secondo). C’è da dire che la perifrasi alter alterius dovrebbe essere tradotta
così: genera lo sciogliere il crescere, va dall’ho lo scorrere il mancare (come
inseminazione), che potrebbe far riferimento alla scelta di uno dei due maschi
del gregge per la fecondazione. Infatti, il pastore latino fece una successiva
considerazione, coniando: alterno/alternatum. Con questo verbo
asserì: per evitare tare ereditarie nel gregge, alternouno dei due
maschi del gregge. Poi, da alternato ricavò alternativa.
Per quanto
riguarda il processo formativo di: altero/alteratum si possono
fare delle ipotesi, la prima, più plausibile, rimanda alle alterazioni
genetiche, da scongiurare con l’alternanza dei due maschi, l’altra potrebbe
indicare la modifica del grembo della gestante e, comunque, nella sostanza che
cresce/fermenta si verificano delle alterazioni. C’è da aggiungere che la teta,
spesso, per greci e latini, indicò un processo di degenerazione come in πύθω: faccio imputridire. Quindi, si ebbero i dedotti: alterazione,
inalterato. Da ricordare che, nel mio dialetto, se dico: “s’ad’
annartarat’ “(è qualcosa in più di: si è alterato), voglio significare che
per la rabbia uno ha alterato nel profondo il suo modo di essere, tanto che è
irriconoscibile. Poi, da alterius (dallo sciogliere il crescere, dallo
scorrere, va l’ho il mancare) fu dedotto altercor: ho una contesa,
da cui, in italiano, il deverbale: alterco. Inoltre, i
latini riformularono ἅλςἁλός in sal salis, per cui dalla radice σαλ(genera il
crescere lo sciogliere) furono dedotti: sale/salare, salso, salsedine
(nel senso di: sapore amaro) saliva, salace, salario, salina,
salice. Quindi, furono dedotti: salio/saltum (δαλθ-um), i deverbali: salita, salto, verosimilmente il
collegio dei Salii. Quindi si ebbero: risalto e assalto. Da salio
si ebbe resilio/resultum: saltare indietro, rimbalzare,
ripercuotersi, significati ben diversi dal neo-conio: resilienza.
Da resultus fu coniato il verbo resulto/ resultas: rimbalzo,
ripercuoto, echeggio.
Non posso non soffermarmi sulla radice greca παρθ/παρς, che aveva dato origine a: παρθένος, in laconico: παρσένος, cui i greci
assegnarono il significato di: vergine, attraverso questa perifrasi: fa
dallo scorrere il crescere da dentro il mancare, ad indicare colei che non è
stata mai deflorata. Si tratta di un significato, quello greco, sicuramente
forzato, perché si evince da εν(da
dentro).Questa radice, una volta
arrivata a Roma, determinò: pars partis: parte, porzione, fazione,
partito, inquadrando un preciso momento del processo formativo
dell’essere: la crescita del flusso spermatico va a legare. Il pastore latino
evince i significati sopraddetti, in quanto il legare acquisisce per la
puerpera la formazione di una parte, meglio di un processo che è tutt’uno con
sé stessa, da qui il significato di trattamento particolare, fino alla
faziosità. Inoltre, il pastore latino volle indicare la quota-parte che
riceveva per la fatica (nella logica del pastore è un legare) che determinava
la crescita della produzione e, quindi, dedusse: parte/porzione.
Da sottolineare che partes partium significa: contrade/regioni,
per cui nel mio dialetto: ampart a tii, significa: dalle tueparti.
Nel processo formativo pars significò anche la parte di un tutto,
per cui i latini dedussero: parziale, nel senso di in parte, poi,
da essere di parte (partigiano) si generò quello di partito/fazione.
È interessante far notare che nel mio dialetto: facim’ ampart’ significa:
facciamo una società in cui mettiamo insieme ciò che serve: tu il
terreno, io il lavoro e poi: spartim’, che i latini avevano indicato con
partior/partitus sum (dividere/ripartire), atto, quello del
ripartire, che avveniva quando il pastore aveva cresciuto gli agnelli o il
contadino aveva trebbiato. Dopo il raccolto, in una economia povera,
senza circolazione monetaria, il pagamento agli addetti avveniva in natura e secondo
il merito.
C’era, anche, una quota, per esempio: di grano, che si metteva da
parte, per la riproduzione e per qualche evenienza. Tornando a parte,
bisogna dire che generò partito, nel senso di fazione prescelta, ma
anche nel senso di un buon partito, perché la perifrasi indicava anche
che si trattava di un abbiente (buon partito). Da parte si è
generata una profluvie di parole: partecipe, compartecipe, participio,
partecipare, particula/particola, particolare (anche
nel senso di fare particolarità), particulare, nel significato dato dal
Guicciardini di: interesse (fa dallo scorrere il crescere). Inoltre, da παρθfu dedotto adπαρθare (appartare), in quanto la creatura nel grembo è appartata, ma
anche perché per l’amplesso ci si appartava; infatti, questa perifrasi suona
così: dal mancare, che rimanda all’amplesso, è ciò che si genera dallo scorrere
il crescere. Da appartare si ebbe il deverbale appartamento,
anche nel senso di luogo in cui vivo appartato. Gli italici, inoltre, coniarono
il verbo παρθ-ire, in quanto, nella metafora del grembo, il
legame tra madre e figlio, successivo al primo abbozzo del grembo, indica anche
l’inizio della formazione e del cammino per arrivare alla nascita.
Per
concludere, voglio mostrare un uso tutto particolare di παρθ/παρςda parte dei latini. Essi avevano coniato parco (fa
dallo scorrere il passare) /parsum: risparmio, desumendo questo
concetto dal processo formativo dell’essere, per cui asserirono che la
gestazione determina un accumulo/crescita con poco; al participio passato
usarono pars-us (risparmiato), asserendo che nel nato (parsus si
può tradurre: è avvenuto dallo scorrere il crescere il mancare, che è il
nascere) si riscontra quanto si è risparmiato. Poi, da parsus fu
formulato il deverbale parsimonia/risparmio, che è ciò che rimane
in chi ha già risparmiato.