Nella società
contemporanea e di avanzata tecnologia gli aggiornamenti lessicali,
terminologici e concettuali richiedono una tempestività diversa da quella in
uso nei tempi andati. Non si può, ad esempio, parlare di “impero” solo riferendosi all’esistenza di
un’entità statale costituita da un esteso insieme di territori e/o di popoli
diversi (per lingua, religione, origine etnica, usi e costumi) a volte anche
molti lontani ma sottoposti ad un’unica autorità rappresentata da una persona
fisica detta “imperatore”,
È roba d’altri tempi e puzza di stantio. Oggi, nello Stato più importante e
potente di una vasta aggregazione di Paesi (l’Occidente), gli Stati Uniti
d’America avviene che: 1) il Presidente
“democraticamente eletto” non sia in grado di ordinare alle truppe del proprio
Stato di rientrare in patria da un territorio occupato perché gli pone il veto
il “Pentagono” e cioè l’ufficio dei suoi dipendenti militari; 2) il medesimo, quale che
sia il partito che lo esprima, debba stare con due piedi in una scarpa quando
tenta di toccare i vertici della CIA e dell’FBI, entità da lui formalmente
dipendenti ma sostanzialmente e strettamente collegate in vario e complesso
modo con la lobby finanziaria di Wall Street; 3) i rapporti
internazionali un tempo affidati alle feluche ed al loro “eloquio” tanto
formalmente forbito ed elegantemente burocratico quanto sostanzialmente innocuo
sono gestiti da spie e militari che hanno “deviato”, asservendoli, tutti i
servizi di intelligence
e di sicurezza dei Paesi “coloniali”;
4) i “viceré” del tempo remoto
sono stati sostituiti dai Commissari dell’Unione Europea che raccoglie
(togliendo radicalmente autonomia e indipendenza) il maggior numero delle
“colonie”; 5) dopo il crollo
dell’Unione Sovietica e l’appoggio dato ai neonazisti in recenti occasioni
belliche tutto il fronte dei partiti degli Stati coloniali, da sinistra e
destra, passando per il centro, è controllato dagli Anglo-americani ed è fedele
alle linee imposte da Washington “perinde ac cadaver”. Tutto ciò altro non significa che attribuire
all’impero americano la stessa terminologia e le stesse idee valide per gli
Imperi del passato è del tutto privo di senso. Eppure nel mondo cosiddetto “Occidentale”
anche le persone dotate di una certa intelligenza fanno ancora fatica ad
abbandonare vecchi schemi e idee obsolete, insediatisi nelle loro menti nel
corso degli anni. Come individui si sentono “incartati” in quegli involucri di
false verità, sedimentatesi nelle loro coscienze, e non riescono a pensare
liberamente pure avendo tutta la voglia di farlo. In altre parole subiscono
ancora gli effetti deleteri dell’ invenzione e della narrazione di fiabe
(religiose o politiche) e hanno l’impudenza di farsi vanto della propria
staticità di pensiero, autoproclamandosi “benpensanti” (nella chiara
consapevolezza di non pensare affatto).
Ad avvantaggiarsi della fortuna
di raggiungere l’ inattaccabilità a causa del sonno protratto della ragione in
individui di scarso coraggio e di nulla iniziativa taluni “luoghi comuni”
abilmente “propagandati” dal sistema mass-mediatico delle potenze egemoni nel
Nuovo e nel Vecchio Continente e divenuti refrain
ricorrenti nelle considerazioni dei “quisque de populo”
che si cimentano in discussioni politiche. Uno di essi è che nell’Occidente,
pure ammettendosi che la sua cultura sia influenzata dalla presenza dagli
stessi assolutismi e astrattismi delle religioni e delle ideologie dominanti e
che, quindi, le tre religioni mediorientali, fascismo e comunismoabbiano trovato in esso, ovunque, accoglienti
sedi politiche, gli Stati Uniti debbano essere guardati con occhio benevolo
perché interverrebbero nelle vicende europee non per fare i loro interessima per sbrogliare le ingarbugliate matasse
che intessono gli abitanti del vecchio continente. Sarebbe stato così nella
prima guerra mondiale e ancor più nella seconda in cui i nordamericani si
sarebbero guadagnati addiritturai
galloni di “liberatori”. C’è allora da chiedersi: sono ragioni
ugualmente benevoli quelle che inducono gli Statunitensi a “omogeneizzare”
tutti i partiti di tutti i Paesi Europei sino al punto di renderli
acriticamente e totalmente filo americani (e, quindi, in un certo senso “fedelmente
colonizzati”) e ad adottare misure legislative atte a soddisfare il popolo-bue
con sussidi e bonus comunemente ritenuti impeditivi, per altro verso, di una
vera crescita economica delle “colonie” soprattutto europee, vietata da una
clausola del Trattato di pace successivo alla seconda guerra mondiale? E non è
ipotizzabile, invece, che quelle misure costrittive e impeditive di sviluppo
economico abbiano reso inevitabile e necessaria la Brexit per evitare che fosse
trattata alla stregua delle altre colonie raggruppatenell’Unione Europea anche
l’Inghilterra, Paese, storicamente, colonizzatore dell’America del Nord?