C’è
sempre qualcuno che scappa dal suo compito. Un pisello che fugge dalla pentola,
un grano di riso che rimane nel piatto, un’arancia che esce dalla cassetta di
frutta. Ogni volta raccolgo questi esuli, incerta sul da farsi. Rimetterli
da dove sono fuggiti o lasciarli liberi? Così
ho provato un giorno a seguire l’arancia sfuggita alla mano del fruttivendolo.
La sentivo sorella, un’anarchica, la libertà innanzi tutto. Rotolò
piano piano verso il fondo del camion che la trasportava, quando il padrone
scaricò, non la vide e lei scivolò dal camion nella via. Per
un momento si spaventò, si guardò intorno e scomparì ai miei occhi dentro un
tombino aperto. Tre
giorni dopo, la radio raccontò di un intero quartiere rimasto senz’acqua. Il
danno era stato provocato da un’arancia, che aveva otturato uno dei tubi
centrali della rete idrica. Sorrisi. Il
quartiere rimasto senz’acqua era quello del mercato ortofrutticolo. La
mia arancia si era vendicata? Lei
che era stata strappata dal bell’albero, dalla sua terra, dal calore di quel
sole... finì spremuta in un brutto bar di periferia.