Reticenze: 70 microracconti
di Mauro Germani Se c’è un genere letterario che in
Italia gode di discreta fortuna è il racconto, ideale per stimolare riflessioni
muovendo da vicende reali o d’invenzione. In Reticenze (Fallone Editore,
182 pagine) lo scrittore milanese Mauro Germani, deposta ormai la pur felice
penna poetica, immette nelle sue 70 narrazioni brevi un caleidoscopio di
situazioni, talvolta ai limiti del surreale, che ne fanno un’opera degna di
attenzione, ariosa e suggestiva insieme, con accenti buzzatiani (dell’autore
bellunese, del resto, lui stesso ha curato in passato un’opera). A dominare
nelle pagine sono le ombre, la vita ammantata di oscurità e di nostalgia per
qualcosa o qualcuno ormai lontano, le visioni oniriche che fungono da linfa
dell’inconscio, le premonizioni fatali, i falliti tentativi e i desideri
abortiti, l’ipocrisia imperante, il destino che si diverte a scombinare le
carte, un universo intellettuale mefitico e ampolloso e ancora i conflitti che
corrodono l’umanità intera o la verità concepita come un macigno insuperabile.
Dotato di una scrittura elegante che non cede a manierismi, Germani mette tutti
davanti all’evidenza di una “maglia rotta nella rete”, di uno scarto del caso
che non è colmabile, tra paure, disillusioni, tic, perversioni, vendette,
ingenuità: i personaggi protagonisti, che spesso narrano in prima persona le
proprie disavventure, sono figli di reticenze, di indisponibilità a vivere
appieno il loro tempo, incapaci a cogliere il pertugio per uscire dalla
claustrofobica loro condizione. Germani penetra anche nei gangli scoperti dello
Stato, dalle stragi senza mandanti al gioco che obnubila le coscienze fino ad
alimentare la povertà, ai fenomeni sociali odierni come il bullismo o la violenza
che apparentemente non offrono motivi di speranza. Eppure, anche laddove le
nubi oscurano la terra, c’è un bene che non muore, alimentato da figure
discoste e schive quali esempi da imitare fino a raggiungere la soglia dell’Eterno.