Pagine

mercoledì 6 novembre 2024

MORIRE PER L’INNO?
di Luigi Mazzella


Michele Novaro

Quando in un Paese che vive allo “stato coloniale” e che ha forze politiche sia di destra, sia di sinistra e sia di centro che seguono sempre e solo i suggerimenti (rectius: le imposizioni) di uno Stato egemone, la necessità di litigare per continuare a distinguersi diventa una necessità assoluta. Non c’è motto sul “maiora premunt” che tenga. È ben per questo, quindi, che con il fiato sospeso gli Italiani di fronte alla diatriba sorta sul loro inno nazionale si chiedono ansiosi quali posizioni assumeranno le due “pulzelle” nazionali (di destra e di sinistra) e se quella di Bruxelles le lascerà “concionare” senza intervenire. La questione è nata perché, a quanto scrive Aldo A. Mola su “il Giornale” Marco Bucci, il neo eletto Presidente della Regione Liguria, ottenne da sindaco che la sua città fosse elevata “a città dell’Inno Nazionale”. Oggi, però, il riconoscimento, a quanto sembra molto ambito, è contestato dal Sindaco di Carcare che ha costituito la consueta “commissione di studio”, composta da dotte e qualificate personalità della cultura, in preparazione di un convegno ad hoc. Massimo Castoldi, filologo e critico letterario, intanto, ha scritto addirittura un libro: “L’Italia s’è desta. L’inno di Mameli: un canto di pace”. E la disputa è divampata: innanzitutto sulla sua nascita. V’è, infatti, chi ha rilevato che non esiste alcun manoscritto inviato da Mameli a Michele Novaro, autore della musica, perché una lucerna maldestramente gestita lo bruciò e poi sui risultati emersi dalle ricerche filologiche sul testo, con i relativi dubbi se possa definirsi canto di pace o canto di guerra e se il suo patriottismo sia “laicamente” mazziniano o giobertiano con i richiami impliciti alla guerra giusta dei neo-guelfi. Ritengo che entrare nella disputa con proprie interpretazioni sia un fuor d’opera; esse aggiungerebbero solo altre irrazionalità, desunte da cose ignote o difformemente raccontate, a quella già insita nell’esistenza stessa della querelle. Nei suoi termini essenziali le cose sembrano stare oggettivamente così: l’inno negli stadi sportivi è l’unico che, con la Marsigliese, suscita (a mio avviso per merito della musica di Novaro) entusiasmi e “sveglia” dal sonno indotto da altri inni nazionali. Le parole di Mameli (o solo sue a anche di altri, secondo il parere di molti e dotti studiosi) appaiono al giorno d’oggi roboanti se non ridicole. “Son pronti alla morte” in guerra (in Ucraina per giunta) solo gli Italiani che votano per i partiti dalla Meloni alla Schlein ed è probabile che gli astensionisti, sempre più numerosi, non condividano tali istinti suicidi. “Dov’è la Vittoria?” È una domanda giusta ma da non farsi cantando, per un Paese che le guerre sistematicamente le perde. Francamente penso che “dell’elmo di Scipio” gli Italiani si cingerebbero la testa solo a Carnevale. Anche i nostri connazionali che giurino di far libero il suolo patrio: Nizza, Savoia, Corsica- fatal (nostra sponda di romanità come faceva cantare il Duce), Istria, Pola Fiume, Zara, metà Gorizia sembrano pochi persino tra le fila della pulzella della Garbatella. Illusorie appaiono le istanze italiche alle unioni (sia per la Patria, sia per Dio) e ingenua la domanda: “uniti… chi vincer ci può?”. Ancora: che “i bimbi d’Italia si chiaman Balilla” potrebbe un domani piacere alla Meloni ma la Schlein insorgerebbe furibonda. Sulle penne perdute dell’Aquila d’Austria e su altre amenità guerresche, polacche e cosacche, è meglio stendere un velo pietoso. L’Italia di oggi è quella che è, ma quella di ieri spiega bene la nostra condizione attuale. La domanda è: anche a non voler credere a Mussolini che l’Italia sia un Paese di Poeti… è così difficile trovare un “paroliere” di buon mestiere che metta in bocca ai nostri atleti negli Stadi parole più adeguate ai tempi, rispettando le note della musica di Novaro? Et de hoc satis.   
 
*
Caro Mazzella,
il tuo scritto mi ha fatto ricordare che nel Natale del 2012, a seguito di una accesa polemica, avevo messo mano al nostro Inno nazionale riscrivendolo di sana pianta. Naturalmente non avrei mai potuto immaginare che un decennio dopo Governo, Partiti, Stampa e la quasi totalità di quella che viene definita “intellettualità pensante” si sarebbero convertiti in accesi guerrafondai. Avevo pubblicato poi nel 2015, in occasione del 2 Giugno, il testo in prima pagina su “Odissea” facendolo precedere dalla nota che segue. [A. Gaccione] 

  
 
Goffredo Mameli
 
SORELLE D’ITALIA

Il nuovo Inno Nazionale per un’Italia diversa e migliore
di Angelo Gaccione
 
Cari lettori, care lettrici,
per questo 2 Giugno, festa della Repubblica, ho deciso di regalarvi il rifacimento del nostro “Inno Nazionale”, sperando che vi piaccia o che almeno lo troviate di qualche interesse. Mi ero accinto nell’impresa di rifare il testo di Goffredo Mameli Dei Mannelli (questo era il suo nome intero), nel Dicembre del 2012, come potete vedere dalla data sotto il testo, dopo una serie di polemiche, a volte esagerate, a volte astiose, dimenticando che era stato scritto in una temperie di esaltazione patriottica (nell’Autunno del 1847) e da un giovane poeta genovese di appena vent’anni, e che morirà a 21, a Roma, l’anno successivo.
Sicuramente oggi l’Italia è cambiata, profondamente cambiata, ed il testo di quel lontano Inno appare ai nostri occhi e alla nostra sensibilità, oggettivamente retorico, ridondante, e forse inadatto alla situazione socio-politica che viviamo. Io ne ho riscritto il testo, quello che avete sotto gli occhi, e mi piacerebbe che a intonarlo pubblicamente, fossero i Modena City Ramblers alla loro maniera, o un coro di ragazze e ragazzi. Chissà, magari qualcuno viaggiando nello spazio liquido della Rete ci farà un pensierino. Ma se anche lo cantate voi (ora non potete trovare la scusa che il testo è difficile, retorico o guerrafondaio) senza dovervi sentire in imbarazzo, va bene lo stesso. Mi sono deciso a renderlo pubblico dopo la sortita del presidente del Consiglio Matteo Renzi alla inaugurazione dell’Expo. Tanto rumore per la sostituzione della parola morte con la parola vita. Io l’ho rifatto tutto: se vi scandalizzate peggio per voi.
 
Inno Nazionale
(Riscritto da Angelo Gaccione)
 
Sorelle d’Italia
vestitevi a festa
con fiori e ghirlande
cingete la testa
la nostra bandiera
in alto levate
il nostro Paese
la guerra
mai più farà.
 
Fratelli d’Italia,
alzate la testa,
per ladri e corrotti
nessuna pietà.
 
Il vero nemico
è dentro i confini
briganti e assassini
futuro non c’è.
 
Coi popoli uniti
di tutta la terra
in pace e amicizia
l’Italia sarà
in pace e amicizia
l’Italia sarà
Sì!
 
Il nazionalismo
sarà cancellato
cannoni e confini
li si abolirà.
 
Mai più una madre
piagata e perduta
un figlio caduto
pianger dovrà.
 
Che l’unica gloria
sia la sua cultura
per la sua bellezza
amata sarà.
 
Restiam solidali
mai privi di onore
un popolo è grande
per la sua pietà.
 
Un popolo è degno
se nelle sventure
gentile e accogliente
si dimostrerà
se sa conservare
la propria pietà
Sì!
 
[Milano, Natale 2012]
(Pubblicato sulla prima pagina di “Odissea” in Rete il 1° Giugno 2015) www.libertariam.blogspot.it