Quando in un Paese che
vive allo “stato coloniale” e che ha forze politiche sia di destra, sia di
sinistra e sia di centro che seguono sempre e solo i suggerimenti (rectius:
le imposizioni) di uno Stato egemone, la necessità di litigare per continuare a
distinguersi diventa una necessità assoluta. Non c’è motto sul “maiora
premunt” che tenga. È ben per questo, quindi, che con il fiato sospeso gli
Italiani di fronte alla diatriba sorta sul loro inno nazionale si chiedono
ansiosi quali posizioni assumeranno le due “pulzelle” nazionali (di destra e di
sinistra) e se quella di Bruxelles le lascerà “concionare” senza
intervenire. La questione è nata perché, a quanto scrive Aldo A. Mola su “il
Giornale” Marco Bucci, il neo eletto Presidente della Regione Liguria,
ottenne da sindaco che la sua città fosse elevata “a città dell’Inno
Nazionale”. Oggi, però, il riconoscimento, a quanto sembra molto ambito, è
contestato dal Sindaco di Carcare che ha costituito la consueta “commissione di
studio”, composta da dotte e qualificate personalità della cultura, in
preparazione di un convegno ad hoc. Massimo Castoldi, filologo e critico
letterario, intanto, ha scritto addirittura un libro: “L’Italia s’è desta.
L’inno di Mameli: un canto dipace”. E la disputa è divampata:
innanzitutto sulla sua nascita. V’è, infatti, chi ha rilevato che non
esiste alcun manoscritto inviato da Mameli a Michele Novaro, autore della
musica, perché una lucerna maldestramente gestita lo bruciò e poi sui risultati
emersi dalle ricerche filologiche sul testo, con i relativi dubbi se possa
definirsi canto di pace o canto di guerra e se il
suo patriottismo sia “laicamente” mazziniano o giobertiano con i richiami
impliciti alla guerra giusta dei neo-guelfi. Ritengo che entrare nella disputa
con proprie interpretazioni sia un fuor d’opera; esse aggiungerebbero solo
altre irrazionalità, desunte da cose ignote o difformemente raccontate, a quella
già insita nell’esistenza stessa della querelle. Nei suoi
termini essenziali le cose sembrano stare oggettivamente così: l’inno negli
stadi sportivi è l’unico che, con la Marsigliese, suscita (a mio avviso per
merito della musica di Novaro) entusiasmi e “sveglia” dal sonno indotto da
altri inni nazionali. Le parole di Mameli (o solo sue a anche di altri,
secondo il parere di molti e dotti studiosi) appaiono al giorno d’oggi
roboanti se non ridicole. “Son pronti alla morte” in guerra (in
Ucraina per giunta) solo gli Italiani che votano per i partiti dalla Meloni
alla Schlein ed è probabile che gli astensionisti, sempre più numerosi, non
condividano tali istinti suicidi. “Dov’è la Vittoria?” È una domanda giusta ma
da non farsi cantando, per un Paese che le guerre sistematicamente le perde.
Francamente penso che “dell’elmo di Scipio” gli Italiani si cingerebbero
la testa solo a Carnevale. Anche i nostri connazionali che giurino di far
libero il suolo patrio: Nizza, Savoia, Corsica- fatal (nostra sponda
di romanità come faceva cantare il Duce), Istria, Pola Fiume, Zara, metà
Gorizia sembrano pochi persino tra le fila della pulzella della Garbatella.
Illusorie appaiono le istanze italiche alle unioni (sia per la Patria, sia per
Dio) e ingenua la domanda: “uniti… chi vincer ci può?”. Ancora: che “i bimbi
d’Italia si chiaman Balilla” potrebbe un domani piacere alla Meloni ma la
Schlein insorgerebbe furibonda. Sulle penne perdute dell’Aquila d’Austria e su
altre amenità guerresche, polacche e cosacche, è meglio stendere un velo
pietoso. L’Italia di oggi è quella che è, ma quella di ieri spiega bene la
nostra condizione attuale. La domanda è: anche a non voler credere a Mussolini
che l’Italia sia un Paese di Poeti… è così difficile trovare un “paroliere” di
buon mestiere che metta in bocca ai nostri atleti negli Stadi parole più
adeguate ai tempi, rispettando le note della musica di Novaro? Et de hoc
satis. * Caro
Mazzella, il tuo
scritto mi ha fatto ricordare che nel Natale del 2012, a seguito di una accesa
polemica, avevo messo mano al nostro Inno nazionale riscrivendolo di sana
pianta. Naturalmente non avrei mai potuto immaginare che un decennio dopo
Governo, Partiti, Stampa e la quasi totalità di quella che viene definita
“intellettualità pensante” si sarebbero convertiti in accesi guerrafondai.
Avevo pubblicato poi nel 2015, in occasione del 2 Giugno, il testo in prima
pagina su “Odissea” facendolo precedere dalla nota che segue. [A. Gaccione]
Goffredo Mameli
SORELLE D’ITALIA
Il nuovo Inno Nazionale per un’Italia
diversa e migliore di Angelo Gaccione Cari lettori, care lettrici, per questo 2
Giugno, festa della Repubblica, ho deciso di regalarvi il rifacimento del
nostro “Inno Nazionale”, sperando che vi piaccia o che almeno lo troviate di
qualche interesse. Mi ero accinto nell’impresa di rifare il testo di Goffredo
Mameli Dei Mannelli (questo era il suo nome intero), nel Dicembre del 2012,
come potete vedere dalla data sotto il testo, dopo una serie di polemiche, a
volte esagerate, a volte astiose, dimenticando che era stato scritto in una
temperie di esaltazione patriottica (nell’Autunno del 1847) e da un giovane
poeta genovese di appena vent’anni, e che morirà a 21, a Roma, l’anno
successivo. Sicuramente
oggi l’Italia è cambiata, profondamente cambiata, ed il testo di quel lontano
Inno appare ai nostri occhi e alla nostra sensibilità, oggettivamente retorico,
ridondante, e forse inadatto alla situazione socio-politica che viviamo. Io ne
ho riscritto il testo, quello che avete sotto gli occhi, e mi piacerebbe che a
intonarlo pubblicamente, fossero i Modena City Ramblers alla loro maniera, o un
coro di ragazze e ragazzi. Chissà, magari qualcuno viaggiando nello spazio
liquido della Rete ci farà un pensierino. Ma se anche lo cantate voi (ora non
potete trovare la scusa che il testo è difficile, retorico o guerrafondaio)
senza dovervi sentire in imbarazzo, va bene lo stesso. Mi sono deciso a
renderlo pubblico dopo la sortita del presidente del Consiglio Matteo Renzi
alla inaugurazione dell’Expo. Tanto rumore per la sostituzione della parola morte con la parola vita. Io l’ho rifatto tutto: se vi scandalizzate peggio per voi. Inno Nazionale (Riscritto da Angelo Gaccione) Sorelle d’Italia vestitevi a festa con fiori e ghirlande cingete la testa la nostra bandiera in alto levate il nostro Paese la guerra mai più farà. Fratelli d’Italia, alzate la testa, per ladri e corrotti nessuna pietà. Il vero nemico è dentro i confini briganti e assassini futuro non c’è. Coi popoli uniti di tutta la terra in pace e amicizia l’Italia sarà in pace e amicizia l’Italia sarà Sì! Il nazionalismo sarà cancellato cannoni e confini li si abolirà. Mai più una madre piagata e perduta un figlio caduto pianger dovrà. Che l’unica gloria sia la sua cultura per la sua bellezza amata sarà. Restiam solidali mai privi di onore un popolo è grande per la sua pietà. Un popolo è degno se nelle sventure gentile e accogliente si dimostrerà se sa conservare la propria pietà Sì! [Milano, Natale 2012] (Pubblicato sulla prima pagina di “Odissea” in Rete il 1°
Giugno 2015) www.libertariam.blogspot.it