Con il suo ultimo saggio La
passione secondo Maria (Il Mulino, 2024) il nostro Cacciari si
guadagna la palma del “negazionismo patriarcale”! Cacciari è lo stesso che ha
affermato che il patriarcato, senza darne metodologicamente uno straccio di
definizione, è finito duecento anni fa. Ora il Nostro non è né un antropologo,
né un sociologo, né uno storico delle civiltà o delle religioni, ma solo un
filosofo, e ciò dovrebbe indurlo alla cautela, ma poiché si erge a tuttologo,
spazia il lungo e in largo senza alcuna metodologia come vorrebbero le scienze
sociali. Per questo, sempre su “Odissea”, ebbi modo, a partire dai criteri di
definizione di matriarcato, di proporre una definizione di patriarcato,
peraltro con l’avallo di Heide Goettner-Abendroth, la studiosa tedesca che
nella seconda metà del Novecento ha istituito i Moderni Studi Matriarcali (con
buona pace di chi ancora si attarda sugli studi, ma anche sui pregiudizi, di
Bachofen e della vecchia scuola). Ciò che allora, però, non mi era ancora
chiaro, è che ci troviamo di fronte a un emergente fenomeno trasversale di
“negazionismo patriarcale”, dal recentissimo cd. ministro Valditara (“il
patriarcato è finito cinquant’anni fa, ora ci sono solo residui di
maschilismo”), a Diego Fusaro che lo precede (“Il patriarcato è finito
cinquanta anni fa”), a Marco Travaglio a cui evidentemente Valditara si è
ispirato (“Non vedo patriarcato, ma maschilismo”), ad Antonella Viola (“Non sono
nata in una famiglia patriarcale”), alla faccia della patrilinearità, in base al
diritto di famiglia dell’epoca in cui è nata, fino al nostro Cacciari (“Il
patriarcato è finito duecento anni fa”). Ora, questa trasversalità del
negazionismo è il sintomo che siamo in presenza di una trasformazione in atto
profonda, che mette in discussione alle fondamenta la nostra civiltà
patriarcale. E non bisogna arrivare allo stupro della propria figlia (Giulia
Cecchettin) per svegliarsi finalmente a questo processo di trasformazione che
rivendica una sacrosanta uguaglianza tra i generi e, più in generale, un’uscita
dai rapporti di dominio, perché è il dominio la quintessenza del patriarcato,
che l’uomo esercita anche sull’uomo, non dimentichiamolo (sfruttato sul lavoro,
carne da macello in guerra). Oggi che siamo in procinto di manifestare contro
la violenza sulle donne (irriducibile a una sola giornata), auspico che le
donne, sempre più numerose e salde, contrastino, non solo i femminicidi a
livello fisico, ma anche i negazionismi a livello culturale, perché fanno parte
della stessa reazione irrazionale e inconscia all’emergente cambio di
paradigma.
E veniamo a Cacciari, perché assegnargli la palma del negazionismo
patriarcale? Perché osa dove arrivano le “aquile” (mi si perdoni l’ironia),
ovvero osa arrampicarsi al sostrato psico-antropologico delle religioni, e
scusate se è poco; ma proprio per questo, non si può più tacere. Ma cosa dice
Cacciari in un’intervista che rilascia a proposito del suo libro? Egli afferma
che la rimozione della figura di Maria abbia prodotto “il fatto che, nonostante
questa figura della donna simbolo di amore gratuito, di perfetta misericordia,
noi oggi viviamo in una società lontana mille miglia da ogni idea di dono e di
perdono. Viviamo in un mondo che ha dimenticato completamente la
compassione…” (www.alzogliocchialcielo.comMassimo
Cacciari "La figura di Maria non è mai stata al centro del mondo europeo e
cristiano") Ma va?... e di che si “stupefa” il nostro negazionista patriarcale? Che
prima detronizzano la sacra femminile Diana efesina (concilio di Efeso, 431)… e
sulle sue ceneri “residuano” la depotenziata, non più sacra, madonna cristiana,
reductio ad maternum? Ora di che si meraviglia se quei sacri valori femminili
(Afrodite Elemoon, la misericordiosa, ben prima della madonna cristiana) sono
stati depotenziati, emarginati, e ora languono, pallidi fuochi fatui ai margini
dei campi di guerra e di sterminio. Lo dobbiamo proprio ai padri della chiesa e
della teologia cristiana, che sono uno dei cardini (quello spirituale) del
patriarcato tutt'ora imperante, checché ne dica il Nostro, il quale, senza uno
straccio di definizione di patriarcato, dice che è finito duecento anni fa! Ora
questo mucchio di scempiaggini può dirle l'uomo della strada, ma non un
Cacciari che intasa i talk e occupa la grande editoria come Il Mulino (che
peraltro non ci fa una bella figura). Sono consapevole che combatto ad armi
impari - non avendo accesso né ai media, né alla grande editoria, né alle
istituzioni accademiche - ma se avesse letto il mio ben più cauto Ritorno
alla Dea (Agorà & Co), che queste ardenti questioni di civiltà le ha
espresse in forma saggistica e in poesia, non dico che avrebbe fatto da “ponte”
(anziché da “pontiere” di un pensiero egemonico patriarcale) ma avrebbe
cominciato a confrontarsi con “l’Altro” e con “l’Altrove”, un pensiero
autentico origina nello stupore, quello vero...