CENSIS 2024: IL
NAZIONALISMO SENZA NAZIONE di Franco Astengo
Di seguito si troverà una sintesi giornalistica delle principali
proposizioni emerse dal rapporto del Censis 2024 presentato oggi 6 dicembre. In precedenza siano
consentite poche righe dettata da un’analisi personale: 1) il Censis ha
fotografato un’Italia dove la politica, l’azione pubblica, il senso del
collettivo ha ormai raggiunto il minimo storico almeno dal secondo dopoguerra
in poi; 2) L’analisi di
questa sintesi che presentiamo adesso ci dimostra che la passività sociale
viene intesa e sfruttata come varco perché si apra il fianco a qualche
avventura pericolosa, considerato anche il vento che spira per il mondo; 3) Dovrebbe essere
fondamentale il recupero di alcuni concetti-base che tra l’altro stanno dentro
per intero alla Costituzione Repubblicana nell’idea dell’uguaglianza, di una
democrazia rappresentativa, di una partecipazione popolare al governo del
Paese; 4) Alla
frantumazione corrisponde quindi l’acquiescenza di massa nell’omologazione
della perdita di valoriche si verifica
mentre si sta smarrendo il senso del “pubblico” in settori decisivi come il
lavoro (in un Paese privo di struttura e di politica industriale) la scuola e
la sanità che dovrebbero essere considerati non semplicemente come elementi del
“welfare” ma come fattorifondamentali
della coesione sociale; 5) questo governo
punta su di un antistorico nazionalismo senza nazione puntando tutto sulla
paura. L’idea di una Europa democratica sembra ormai smarrita dentro a una
crisi profonda delle relazioni internazionali; 6) Tutti questi
elementi giustificano ampiamente la tanto criticata affermazione sulla “rivolta
sociale”. Abbiamo bisogno urgente di una gramsciana “rivoluzione intellettuale
e morale” tale da funzionare come presa di coscienza collettiva.
Ecco la sintesi
come ce la stanno offrendo le principali fonti di stampa in queste ore:“Si galleggia e ci si crogiola in una ‘sindrome italiana’ che ci intrappola perché non si
arretra e non si cresce. La fotografia del Rapporto Censis 2024 restituisce una stasi che nasconde anche opportunità,
slanci che sarebbero dietro l’angolo. Sempre che si decida di non galleggiare,
appunto, nel tradizionale problema solving all’italiana che, scrivono ancora
quelli del Censis, non basta più. «Ci flettiamo come legni storti e
ci rialziamo dopo ogni inciampo, senza ammutinamenti. Ma
la spinta propulsiva verso l’accrescimento del benessere si è smorzata», si
legge nel Rapporto 2024 in cui si dice che negli ultimi vent’anni (2003-2023)
ci si è impoveriti perché il reddito disponibile lordo pro-capite si è ridotto in
termini reali del 7,0%. E nell’ultimo decennio (tra il secondo trimestre del
2014 e il secondo trimestre del 2024) anche la
ricchezza netta pro-capite è diminuita del 5,5%.
In un flash: c’è
più lavoro ma meno Pil, il settore del turismo è molto vivace mentre l’industria
soffre nonostante l’aumento netto della produttività, manca personale in
diverse realtà e il welfare è ipotecato.Tutto questo succede mentre c’è un nuovo scenario
mondiale e un nuovo scenario tecnologico «nei quali le barche non salgono e non
scendono più tutte con la stessa marea». I
dimenticati che scontano la deindustrializzazione, non sono solo nel Midwest, l’ottimismo
autentico, dell’era della globalizzazione arrivate ormai al capolinea. L’Italia
sta attraversando profonde trasformazioni che, avverte il Censis, rischiamo di
non padroneggiare al meglio. Soprattutto se si sceglie il galleggiamento senza
meta di «sempre meno famiglie e imprese che competono», e che a mano a mano
saranno «sempre meno abili al galleggiamento». Ecco perché la fotografia del
Censis assume i contorni di una trappola se si considera che l’85,5%
degli italiani è ormai convinto che sia molto difficile salire nella scala sociale”.