Il
messaggio umano e pacifista di un anziano obiettore
Questo è
uno dei miei ultimi messaggi che avranno a che fare con la pace. Non è un gesto
di arroganza, ma un’assunzione di responsabilità. Stiamo parlando di pace:
vita per tutti; e guerra: morte per molti, se non di tutti. I nostri sono
giorni nucleari, è un’epoca nucleare, di ordigni nucleari che abbiamo fatto
nascere e persino utilizzato alla fine della seconda guerra mondiale. Li
abbiamo sviluppati e potenziati, come se non fossero bastati i milioni e
milioni di morti dell’ultima guerra. La guerra è soprattutto un atto, un gesto collegato
alla nostra responsabilità personale di cui, molte volte, non siamo stati fino
in fondo consapevoli. Ricordiamo la sofferenza del pilota che ha sganciato una delle
bombe su Hiroshima o Nagasaki e il suo senso di colpa. Oggi in Europa, e in
altre parti del mondo, ci sono situazioni tali che possono portare a guerre devastanti,
e questa volta con Stati in possesso di bombe nucleari ancora più distruttive.
Non dovremmo riflettere su questo? Perché non affrontare il problema sin da
subito e non ridursi ad un “dopo” apocalittico, come ci insegna la distruzione
che abbiamo davanti agli occhi ogni giorno? Il periodo storico che stiamo
vivendo non è dei più democratici: una guerra tra due o più stati ne coinvolge
altri che non hanno a che fare con gli stati belligeranti, ma ne devono
sopportare le conseguenze. È democratico questo? È democratico che Stati o
gruppi di potere forti possono agire contro la volontà dei loro popoli esibendo
il potere della forza? Vorrei aggiungere alcune cose. Credo che ognuno di noi
debba agire nella propria vita nel rispetto degli altri (almeno io lo vorrei),
e con senso di responsabilità nei confronti della stessa Natura in cui ci siamo
trovati ad operare. Non sto inventando niente, altri prima di me hanno indicato
percorsi di vita o espressi pensieri simili che possiamo riassumere nel
comandamento: “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”.
Pensieri di secoli fa, umanamente profondi e ancora validi perché non
applicati. I disastri climatici in corso, mai così intensi e frequenti, non
dovrebbero farci apprezzare la nostra vicinanza umana per sminuirne almeno la
comune distruttività? Un cambiamento della nostra vita storica, se resa più
amorevole, potrebbe influire positivamente verso le nuove generazioni oggi
abbandonate un po’ a sé stesse. Di questo sono fermamente convito. Vorrei chiudere
questo messaggio con un grazie alla vita, comunque si sia svolta, e soprattutto
alla mia famiglia per il calore umano che mi ha espresso, esteso alle generose persone
con cui sono venuto in contatto. Giuseppe
Bruzzone