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lunedì 30 dicembre 2024

POVERTÀ CULTURALI 
di Vittorio Melandri


 
Per chi non lo sapesse Intel è da decenni il maggior produttore di microchip, quegli oggetti per i più “alieni”, che appunto da alcuni decenni hanno invaso, camuffati in moltissime forme, la nostra vita quotidiana. Un interessante articolo di Cesare Alemanni, che illustra anche per noi profani cosa ci può attendere nel prossimo futuro, prende le mosse proprio dal “declino di Intel (che) è un esempio emblematico della rapidità con cui si muove il settore dei semiconduttori e dei rischi che questo comporta”. Chi vuole può leggerlo scaricando la app Appunti di Stefano Feltri. Qui ne traggo spunto, sollecitato anche da un articolo di Ezio Mauro su “la Repubblica” di ieri, dal titolo emblematico “La tecnodestra che avanza”, per attrarre l’attenzione sulle sempre più drammatiche povertà culturali che essiccano le radici di una speranza democratica. In un mondo in cui non si riesce a chiudere la forbice (che si allarga anzi sempre più), fra povertà e ricchezza materiali, l’unica povertà e l’unica ricchezza che sembrano avere attenzione, dilaga in modo ancora più drammatico e travolgente ogni contrasto, una devastante povertà culturale. Povertà culturale che non è da confondersi con quella coincidente con l’ignoranza delle scienze o delle lettere, ma è quella che condanna masse sempre più grandi di popolazione a vivere in un mondo costruito da “pochi sempre più pochi”, che ne controllano porte d’ingresso e di uscita e tengono per sé i codici di accesso. D’altro canto accade che masse di individui sempre più grandi, son fatte da chi si illude di essere al passo con “i tempi moderni”, ma sono fatte di estranei al mondo in cui sono calati. Diplomati e laureati, per non parlare di chi ha solo frequentato la scuola dell’obbligo, ragionieri, periti, geometri, ingegneri, dottori, tutti analfabeti di ritorno, poveri culturalmente rispetto al “proprio mondo”. Molto più poveri, sempre culturalmente parlando, del “cafone della Marsica abruzzese”, immortalato da Ignazio Silone in Fontamara, o del contadino de L’albero degli zoccoli di Olmi, che del proprio mondo conoscevano e controllavano molte più cose di quante ne conosciamo e controlliamo noi oggi del nostro. E sulle povertà culturali, che come le lame di una forbice si aprono sempre di più, la destra ingrassa e la sinistra latita.