SEI CREDENTE? NO, SONO SENZIENTE di Gabriella Galzio
Nell’editoriale di Limes di novembre (2024), dedicato alla crisi climatica,
potete leggere (p. 15): “I disastri ecologici sono figli del cristianesimo
latino, matrice dell’Occidente. A questa pervasiva radice dobbiamo idea e
prassi della separazione tra uomo e natura. La Bibbia stabilisce che uso e
abuso umano delle risorse naturali a proprio beneficio derivano da mandato
divino.Fatti a sua immagine e somiglianza, Dio ci vuole dominatori
del creato: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra,
soggiogatela e abbiate potere sui pesci del mare e sui volatili del cielo e su
ogni animale che striscia sopra la terra terra(Genesi, 1,
28) La storia del progresso scientifico e tecnologico occidentale
poggia sulla matrice ebraico-cristiana che ci invita a dominare la natura. La
rivoluzione scientifica del Seicento e quella tecnologico-industriale del
Sette-Ottocento sono prodotto di quella tradizione per cui tutto ciò che non è
umano – talvolta anche gli umani classificati di razza o categoria inferiore –
risulta oggetto a disposizione delle nostre necessità e dei nostri capricci”. Lynn Townsend White jr., medievista, presbiteriano ne è consapevole quando
afferma che a differenza del paganesimo e degli antichi culti orientali, il
cristianesimo occidentale benedice la frattura uomo/natura e afferma che lo
sfruttamento delle risorse ambientali è volontà di Dio: «Distruggendo
l’animismo pagano, il cristianesimo rende possibile sfruttare la natura
nell’indifferenza dei sentimenti degli oggetti naturali». I missionari
cristiani si dedicarono alla distruzione dei boschi sacri pagani perché ai loro
occhi «un albero non era che un accidente» fisico.White
cita quale loro seguace, senza nominarlo, l’allora governatore della California
Ronald Reagan per cui «se uno ha visto una sequoia le ha viste
tutte». (p. 17) Come antidoto vi invito a leggere il canto
dell’Amazzonia di Márcia Théophilo, esempio di come la poesia possa fare
civiltà.
Oggi c’è chi invoca (White compreso) come panacea ecologica Il Cantico
delle creature di San Francesco e l’enciclica Laudato si’ del
papa cristiano, che parrebbero smontare la gerarchia tra umani e animali
perdurata per secoli. Di fatto la gerarchia solo si stempera, ma resta
fondante: in alto rimane il Creatore, in basso le creature. La stessa categoria
“creaturale” passa inosservata, quando invece è una costruzione culturale del
teo-logos. L’enciclica arriva dunque a lambire il problema ma non arriva a intaccarne
il nucleo, ovvero la necessità di tornare a sentire la natura,
a sentirla come sacra, e non solo a pensarla, in chiave eco-logica
o teo-logica. Perché mai abbiamo bisogno di pensare un ente là fuori,
trascendente, che questo mondo immanente l’abbia creato? Che ci costringe ad
essere credenti (in un dio intangibile, invisibile, inudibile,
staccato dai sensi)? Non ci basta fare esperienza diretta della grandezza della
natura, del cosmo, e di tutto il vivente in quanto tangibile, visibile,
udibile… amabile? Non ci basta essere senzienti? L’eco-logos, il
tecno-logos, il teo-logos, in sintesi, il primato del logos è il frutto della
medesima scissione da una cultura del sentire, che attraverso i sensi e la
sensitività faceva esperienza del sacro. E finché non rientreremo nell’habitat
naturale cui apparteniamo, finché non torneremo a sentire con tutti i sensi il
nostro mondo naturale, non ci sarà eco-logia che tenga. Sono credente? No, sono
senziente. Ed è in questo cambio di paradigma la nuova rivoluzione copernicana
che ci attende.