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domenica 5 gennaio 2025

CALAMANDREI E LA GENTILEZZA
di Vittorio Melandri


Piero Calamandrei
 
1945 - 2025: 80 anni dalla Liberazione
 
La gentilezza è un piacere, riceverla e offrirla, in tutte le occasioni, da quelle di maggior impegno, a quelle più semplici ed anche frivole. Purtroppo, mai come di questi tempi, di gentilezza se ne incontra poca, ed invece straripante è una sempre più stomachevole piaggeria. È con intento gentile che in questo inizio di 2025, in cui ricorreranno gli 80 anni dalla “Liberazione” propongo il ricordo di un grande uomo della Resistenza, Piero Calamandrei, attirando l’attenzione su un suo libro unico intimo e davvero originale. Inventario di una casa di campagna, prima edizione Firenze, Le Monnier, 1941, rieditato, per merito di Edizioni di Storia e Letteratura di Roma nel marzo 2013, per quel che vale il mio sentire, confesso con qualche pudore che sono preso da incantamento alla lettura di queste bellissime pagine, e quando meno me lo aspetto la commozione mi serra la gola, inducendomi a tornare sulle righe appena sfiorate con lo sguardo, per godere di nuovo della commozione e per carpirne a fondo le ragioni. In questo paese dove da decenni moltissimo si modella, ovvero si deforma, con gli strumenti di Corruzione, Frode, Mafia e Parassitismo, per dirla con Franco Cordero, con la “quadrilettera” CFMP, leggere le pagine che Calamandrei aveva destinato all’attenzione delle persone a lui più vicine, ristora, almeno per il tempo in cui la lettura consente anche di credere che un altro mondo sarebbe anche possibile, o addirittura che “il mondo che nasce” ogni giorno più brutto sotto i nostri occhi, potrebbe, per dirla con un altro grande italiano, Adriano Olivetti, essere anche realisticamente figlio di una diversa quadrilettera: AVGB; Amore, Verità, Giustizia, Bellezza. 



Anche senza idealizzare un mitico passato non certamente trascorso indenne da errori umani, un passo del libro di Calamandrei mi ha imposto ad un tempo speranza e amarezza. Laddove egli descrive il luogo dove ha trascorso parte della sua giovinezza, Montauto in Toscana, come il “dolce paesaggio, accogliente e fedele, (…) fatto di medie colline accomodate su diversi ordini di uno stesso scenario”, arriva a sostenere che prima che quella regione “gli uomini l’avessero usata col loro soggiorno di millenni”, a “cento e cento generazioni” quel paesaggio “ha dato il gusto dell’armonia e della gentilezza”. Quando è accaduto che abbiamo cominciato a perdere il gusto dell’armonia e della bellezza che la natura ci ha insegnato senza chiedere in cambio altro che meditato rispetto? e quando abbiamo cominciato a credere di poter rinunciare a quell’insegnamento e ne abbiamo perduto progressivamente il filo, sino a convincerci che la natura sia solo una nemica da piegare e piagare in schiavitù? Ci crediamo più evoluti e moderni, e siamo solo più stupidi e più soli, e, scrive ancora Calamandrei: “quando l’uomo sarà sparito, e si parlerà di esso nelle leggende come noi parliamo dei giganti che toccavano il cielo, forse il seme della civiltà sarà emigrato in questi paesaggi a scala ridotta (quello delle formiche rosse, nota mia): allora il mondo, diventato troppo ristretto per la razza umana, riapparirà agli occhi di questi guerrieri misterioso e infinito; e toccherà a loro, stregati come noi dalla frenesia di conquistarlo, ricominciare la storia”. Non resta che augurarci che questo anniversario tondo della liberazione dal giogo del fascismo di Mussolini, ci aiuti ad onorare il ricordo di uomini come Calamandrei, e a non cadere avviluppati nella ragnatela tessuta dai “nuovi fascisti” del XXI secolo.