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sabato 25 gennaio 2025

SANREMEIDE
di Francesco Di Garbo


 
Il concorso canoro di Sanremo è da sempre stato considerato per tanti aspetti, più o meno appropriati, lo specchio fedele della realtà sociale italiana. A ragion veduta nella settimana in cui si tiene il Festival tutta l’Italia, o quantomeno la metà e passa di essa, è con la testa a Sanremo. L’altra metà, volente o nolente, se ne deve sorbire il brusio. 
Negli anni 50 furono tutte rose e fiori, morigeratezza imperante.
Nei 60 i pettegolezzi pudicamente si bisbigliavano.
Negli anni 70 i cantautori venivano censurati, e preferivano il premio Tenco.
Negli anni 80 si trasmodava ma non se ne parlava, mentre le canzonette impazzavano.
Nei 90 tutto si sdoganava e le volgarità avanzavano, e chi più grossa l’ostentava si premiava.
Negli anni zero le polemiche divampavano e tutti le sparavano per rinfocolare a dismisura l’egocentrismo.
Negli anni a seguire il trash divenne normalità come elemento portante per fare share.
Il trash invade tutta la Tivù e dunque anche Sanremo, che essendo manifestazione canora per cuori leggeri abbonda di frivolezze in cui sguazzano i pettegolezzi. In un sistema di mercato dove contano solo i dati auditel sembra che la vera gara sia: quanto più triviale la si spara tanto più l’audience sale. La scusa è quella buona: lo vuole il pubblico. Il pubblico che guarda Sanremo ama le cose piccanti, tanto ormai la società italiana s’è disinibita e non si scandalizza più. È finito il tempo dei moralisti e dei villeggianti. Adesso anche i più retrivi non ci fanno caso: il costume s’è sbottonato con mise trasparenti provocanti. 



I guardiani della tradizione sono scomparsi. Gli pseudo conservatori, pure quelli di destra, che vi erano legati con le catene, se ne sono liberati e del trash se ne son fatti una buona ragione. Hanno scoperto che essere scurrili fa pendant elettorale. Come dire: a caval donato non si guarda in bocca, a voi il trash, a noi il potere. Pur di conservare il potere hanno smesso d’essere conformisti. In buona sostanza Sanremo è diventato una carnevalata tout court. Il dio denaro ha fatto breccia sul bon ton e l’ha sconfitto. Cose che capitano, anche in una Nazione cattolicissima come l’Italia. I conservatori-conformisti hanno abbassato la cresta e non gridano più “al lupo, al lupo”. Ma se Sanremo è lo specchio della società e la società vi si riflette, allora è la società ad essersi trasformata in pecorame individualista ed egoista, che ama la litigiosità stravagante e la caciara continua. Ma Sanremo non ne ha colpa, è stato il cambiamento della società ad indurre Sanremo ad uniformarsi altrimenti rischiava di non essere seguito e dover chiudere i battenti. La mutazione antropologica in senso volgare degli italiani è avvenuta a partire dagli anni Ottanta con l’avvento dei privati, e la caduta repentina dei valori politici, morali e di costume portati avanti dai movimenti giovanili a cavallo degli anni 60/70: cioè la cultura alternativa underground. L’affermazione dell’idea della competizione sfrenata tra gli individui ha causato la deflagrazione d’ogni decenza, compresa l’autocommiserazione piagnucolosa. Mettere a nudo il privato pudore intimo pur di affermare il proprio ego in pubblico e monetizzarlo. Così Sanremo si è dovuto adeguare allo sguaiato modo d’agire degli italiani e ha contribuito ad avallarne l’uso pubblico, anzi rincarando la dose.