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martedì 11 febbraio 2025

CRUCOLI
di Cataldo Russo


Scorcio del centro storico
 

Crucoli è un piccolo paese di circa 3.000 anime della fascia ionica calabrese in provincia di Crotone. È composto da un capoluogo, Crucoli, e dalla sua frazione Torretta. È lì che sono nato 76 anni fa ed è lì che ho vissuto fino a 21 anni, prima di esplorare altre realtà e altri mondi. È lì che sono le mie radici inestirpabili e il mio cuore, anche se ho adottato Milano come mia città di vita e di passioni. Credo che in questa mia scelta ci sia molto del paradosso di Joyce, il grande scrittore irlandese, che preferì vivere lontano dalla sua Irlanda perché in questo modo sentiva di amarla più intensamente. Anch’io sento di amare più intensamente il mio paese quanto più mi trovo lontano, perché la lontananza decanta e disintossica da pensieri assurdi di rivalsa e rinverdisce i ricordi. Inoltre, fa rivivere i momenti belli della mia infanzia, poverissima ma piena di volti, colori, profumi, ricordi e sogni.



Ritorno mediamente a Crucoli due volte all’anno e non ho mai tradito, mai! Crollasse il mondo io devo abbeverarmi alla fonte della mia prima infanzia perché so che quell’acqua mi darà la forza di superare momenti di sconforto ed ostacoli di ogni genere. Il fatto di vivere a 1200 chilometri di distanza mi permette di vedere i tanti problemi in cui si dibatte il mio paese sotto una luce diversa. Mi rendo conto che spesso chi vive lontano tende a ingigantire le colpe di chi è rimasto. Difficilmente cado in questo tranello perché so quanto è difficile la vita giù senza la certezza di un lavoro, una sanità che funziona, una scuola attenta ai problemi dei più fragili, un’attenzione ai problemi del territorio. Amo il mio paese, dicevo e di esso conosco storie, volti, leggende, infamie, gesti eroici, atti di cupidigia e di nobile altruismo. Tutti questi segreti me li porto dentro e non permetto a nessuno di profanarli. 


Veduta storica

Il semplice cittadino, il vacanziere o il forestiero che passeggia per le strade di Torretta di Crucoli, difficilmente si rende conto che sta camminando su 2.500 anni di storia. In effetti la sua architettura urbana, fatta di case, negozi, condomini che non hanno più di ottant’anni, ad eccezione di un paio di costruzioni che risalgono alla fine dell’Ottocento e un’altra che potrebbe essere datata alla metà del Settecento, non aiuta a immaginare che lì tanti anni fa c’erano insediamenti greci, ville patrizie romane, piazze, edifici pubblici, chiese, strade lastricate, muri di templi, eccetera. Io no. Io so che sotto i miei piedi è scorsa l’acqua degli Enotri, dei Greci, dei Romani, dei Turchi, dei Saraceni e di molti altri popoli ed etnie.


Spesso negli anni ’60 e ’70 durante gli scavi per costruire case, scuole, strade e piazze sono venute alla luce tombe con i corredi funerari, mura di ville, lastroni a spalla stretta, anfore onerarie, tubazioni fittili, puntualmente e frettolosamente distrutte e ricoperte di ghiaia e cemento, con la complicità delle autorità locali che hanno avuto pochissimo rispetto per la propria storia, le proprie tradizioni e il proprio passato, per poter andare avanti nei lavori di costruzione. La giustificazione più ricorrente che veniva data era che si trattasse semplicemente di fornaci per la costruzione di laterizi, ma non di ritrovamenti d’epoca greca o romana.

 

Resti della torre normanna

Crucoli capoluogo sorge su un gruppo di colline monche. Non ci sono certezze sull’origine del suo nome. Alcuni sponsorizzano le sue origini greche per cui il nome deriverebbe da “Kara kolos”, vetta monca o piatta; altri invece propendono per la derivazione latina “ocriculum”, ossia piccolo monte. Nell’uno o nell’altro caso il monte c’entra.  Su quelle colline e sui muri del vecchio castello mi sono arrampicato tante volte per prendere nidi, catturare uccelli o raccogliere le violacciocche, e tante volte sono caduto riempiendomi il corpo di lividi ed escoriazioni. Crucoli allora era un paese vitale, ricco di fantasia e iniziative e c’era anche il teatro di strada che si ricollegava alla commedia dell’arte e ogni anno preparava la “frazza”, la farsa, ma soprattutto c’erano numerose botteghe artigiane che spesso agivano come luoghi di socializzazione. C’erano una mezza dozzina di sarti, veri artisti del cucito, altrettanti barbieri, calzolai, fabbri ferrai, impagliatori, eccetera.  Le loro botteghe pullulavano di apprendisti e persone che vi si recavano per fare quattro chiacchiere. Io ho frequentato tutte quelle botteghe, perché il solo privilegio che i miei potevano permettersi era quello di tenermi a bottega dai 9 ai 15 anni. Lo studio è venuto dopo, quasi per casualità.


Palazzo Comunale

Si dice che dove si nasce si lascia il cuore. E io il mio cuore l’ho lasciato a Crucoli capoluogo. Come ho detto, ritorno almeno due volte l’anno, anche perché ho la casa a Torretta che reclama presenza, ma io sento di essere stato veramente al mio paese solo quando visito il cimitero del capoluogo, il santuario del 1300 dedicato a Maria santissima di Manipuglia, la Chiesa di Santa Elia del 1300, mi siedo e chiacchiero nella piazza Di Bartolo, quando rivisito La Chiesa Madre di San Pietro e Paolo del 1600 o quella di Santa Maria dell’Assunta, ancora più antica della Chiesa Madre,  inspiegabilmente demolita negli anni’60 per costruire la canonica. Molte le case e i palazzi che da ragazzo ho guardato con un senso di fascino e mistero pensando ai tesori che potessero nascondere. 


Santuario Manipuglia

E cosa dire del suo territorio segnato da grotte, anfratti e precipizi che da bambini esploravamo con la segreta speranza di impadronirci dei tesori che i briganti vi avevano nascosto nelle loro rocambolesche fughe.

Certo, la mano dell’uomo verso il territorio non è sempre stata benevole. Si sono abbattuti con troppa facilità vecchi palazzi e case che avevano una storia e un’anima per costruirne delle nuove, si è costruito quasi a ridosso della battigia, sono stati deviati i corsi dei torrenti e della fiumara, sono stati disboscati ettari di boschi ricchi di biodiversità nell’indifferenza di chi avrebbe dovuto vigilare e preservare. Per non dire dei numerosi interventi che sono stati fatti sui muri del castello risalente al X-XI secolo mirati a spalmare malta su malta fino a coprire le pietre di cui era fatto, senza minimamente pensare che invece occorreva scavare per fare emerge stanze, suppellettili, libri, forzieri e armi sepolte sotto le macerie causate da vari crolli.

 
La spiaggia di torretta in una foto
anni sessanta

Un’altra cosa che mi fa rabbia è pensare che il museo archeologico aperto nella splendida villa Ciuranà più di vent’anni fa, sia perennemente chiuso per l’incapacità di saperlo o volerlo gestire. 

Quando attraverso le vie di Crucoli sento ancora gli antichi profumi di fagioli cotti nelle pignatte di terracotta, di salsiccia e pancetta arrostita sulla brace, di “pipi e patate”, ma soprattutto sento l’odore della sardella, il caviale dei poveri, un impasto di neonata di sarda, dopo averla fatta maturare in salamoia, con pepe rosso e aromatizzata con finocchio selvatico. Con la sardella si possono condire gli spaghetti, fare le uova strapazzate o semplicemente spalmarla su una fetta di pane con un po’ di olio di oliva e gustarla accompagnandosi con un buon bicchiere di vino locale, il Cirò, perché Crucoli fa parte del comprensorio che produce questo prezioso nettare risalente ai tempi degli Enotri e dei Greci.   

ALBUM

Santi Pietro e Paolo


La Torretta