Nonostante l’obiettivo della pace in Ucraina dichiarato dalla
Casa Bianca, l’Unione Europea ha annunciato nella persona di Ursula Von der
Leyen un piano di riarmo dal valore di 800 miliardi di euro. È probabile che,
nonostante le dichiarazioni d'intenti apparentemente contrastanti tra
Washington e Bruxelles, i principali beneficiari di questo piano siano comunque
destinati ad essere gli Stati Uniti. Del resto, come far coesistere un piano
del genere con le commesse per la propria industria bellica che Washington
pretende apertamente dai paesi dell’Europa occidentale tra cui l’Italia? La
burocrazia dell’Unione Europea, difficilmente per caso, si trova in buona
misura nelle mani di funzionari polacchi e baltici, accomunati dall'accecamento
ideologico antirusso. La trazione baltica imposta all’Unione Europea è una
delle migliori trovate che Washington ha saputo escogitare a discapito degli
interessi europei.
Il rinnovato sostegno - pari a 2,5 miliardi di
sterline - annunciato dal primo ministro britannico Starmer a favore dell’Ucraina
sembra avere a che fare più con la volontà di accaparrarsi quante più risorse
possibile - siano questi metalli rari e non - che con il paventato invio di
truppe in Ucraina in sé. Una lotta, quella per le risorse dell’Ucraina, in cui
la Gran Bretagna - come la Francia - non vuole accontentarsi delle briciole
lasciate cadere dagli Stati Uniti. Oltre a questo, nonostante i toni
altisonanti, secondo le valutazioni di alcuni media britannici, i carri armati
nella disponibilità dell’esercito britannico sarebbero nell’ordine di qualche
decina: questo elemento, certo non l’unico, suggerisce che le bellicose
dichiarazioni del primo ministro britannico così come di altri rappresentanti
dell’Unione Europea servano in primo luogo a far gonfiare i titoli in borsa
dell’industria militare, piuttosto che a preparare le proprie truppe a marciare
sulla Piazza Rossa. Giova comunque ricordare come anche durante la seconda
guerra mondiale e fino all’epilogo di Suez le posizioni di Londra sono state
ben più oltranziste di quelle di Washington.
Malgrado le dichiarazioni di Donald Trump, gli
interessi statunitensi nella sostanza spingono l’Europa verso il baratro della
guerra. Del resto, se un’iniziativa europea puntasse realmente alla pace ed
alla stabilità con il presupposto del rapporto di buon vicinato con Mosca, gli
interessi della grande finanza statunitense ne risulterebbero indeboliti. Con l’obiettivo
di scongiurare questo scenario Washington tratta con Mosca a partire dai grandi
temi che riguardano la reciproca sicurezza strategica - nucleare e
convenzionale - ed impone alla burocrazia dell’Unione Europea l’oltranzismo di
cui ci troviamo a prendere atto. Enormi commesse per l’industria militare
statunitense sono in attesa di essere pagate con i soldi dei lavoratori
italiani e del resto d’Europa, mentre Washington ringrazia con la beffa dei
dazi. Dazi a cui si dovrebbe almeno rispondere con l’immediato annullamento
delle sanzioni alla Federazione russa, stimolando il rilancio dell’industria
italiana e più in generale europea. Nella sostanza sia la politica della Casa
Bianca che quella di Bruxelles muovono contro l’Europa ed i suoi interessi
generali, mentre l’abbaglio della ricostruzione ucraina distoglie l’attenzione
dai problemi e dagli interessi generali dell'Italia.
È importante avere chiaro un punto: la Casa
Bianca vuole la pace tra sé stessa ed il Cremlino, non la pace in Europa. Se
gli Stati Uniti volessero davvero la pace in Europa non imporrebbero ai paesi
dell’Europa in cui sono presenti militarmente sanzioni soffocanti, acquisti
energetici antieconomici e colossali aumenti di spesa militare a proprio
beneficio. Nella visione di Donald Trump così come in quella di Ursula Von der
Leyen l’Unione Europea è insomma la luogotenenza antirussa - ed antieuropea -
sotto il controllo di Washington. Con costi energetici insostenibili ed un ceto
medio sempre più impoverito l’Europa continuerà a deindustrializzarsi a
beneficio di Washington. Forti di questo presupposto gli Stati Uniti prevedono
di concentrare tutte le proprie risorse in chiave anticinese. Mentre il
Financial Times scrive in maniera esplicita che i paesi europei devono
“sfoltire” il proprio stato sociale per dare forza all'economia di guerra, in
sfregio a qualunque mantra sul pareggio di bilancio e sul patto di stabilità.
Il discorso alla nazione francese di Emmanuel
Macron ha offerto una rappresentazione plastica di quali siano i connotati del
fantomatico esercito europeo di cui si fa un gran parlare. Sì, presto o tardi
la NATO finirà, come tutte le alleanze militari: nonostante ciò, gli interessi
della grande finanza statunitense continueranno a cercare ogni espediente per
dividere lo spazio continentale fintanto che ne avranno la forza. Il
“contingente di pace europeo” di cui si parla in queste ore sarebbe di certo
uno strumento utile a questo scopo, richiedendo enormi risorse per la sua
realizzazione e contribuendo al proseguimento dell’ottusa quanto dissennata
politica di scontro con la Federazione russa. Il supposto nemico esistenziale
contro cui si pretende di costruire l’unità europea è il più grande paese d’Europa,
con il più grande esercito, la più grande popolazione e le maggiori risorse. Ad
essere quanto mai necessaria sarebbe una nuova architettura di sicurezza per
tutto il continente, non contro la Federazione russa, ma con la Federazione
russa.
Una classe politica all’altezza del compito non permetterebbe in alcun
modo di distorcere questa lampante realtà. I fantasmi della democrazia, dei diritti e dei
valori agitati a Bruxelles costituiscono il paravento logoro e ipocrita di
quelle cricche che, se indisturbate, porteranno l’Europa nel baratro. Un’Europa
degna del nome d’Europa dichiarerebbe guerra alla guerra ed alla povertà,
arrivata in Italia a coinvolgere ben un italiano su sei. Invece ai popoli dell’Europa
occidentale viene prescritto ogni giorno di odiare i russi, perché presto o
tardi, gli ucraini da mandare al macello per far crescere gli indici di Wall
Street potremmo essere noi, i nostri figli o i nostri nipoti.