“Ventinove cavalieri e una dama”, recita il sottotitolo di
questa nuova raccolta di testi poetici di Angelo Gaccione, la cui esperienza di
scrittura creativa negli anni è andata dipanandosi attraverso linguaggi anche
diversi, che vanno dalla poesia in dialetto acrese di Lingua Mater del 2018, dettati
da una viva urgenza pulsionale, alla forma
epigrammatica di Spore del 2020, pillole di
saggezza di una necessità testimoniale, fino all’agudeza aforistica
dell’antico Ilcalamaio di Richelieu del 1989, zibaldone di divagazioni,
invettive e paradossi di uno spirito libertario e anticonvenzionale. Questo a
voler riassumere i “tria corda” di enniana memoria, che pertengono alla
sua prolifica musa, senza considerarne il versante pubblicistico (leggi la
rivista online “Odissea”), critico e narrativo (i racconti di Manhattan e de L’incendio
di Roccabruna)che lo vede come pochi
altri intellettuali impegnato e pugnace sulla scena nazionale. Qui, nel caso specifico,
la nuova raccolta chiama in causa Poeti del recente passato, Grandi,
Grandissimi e meno noti (penso a Calogero), a far da corona a una Dama, ad
Antonia Pozzi, all’ “ombra” dei quali, come è detto nel primo dei testi in
antologia, Gaccione si dispone a meditare sulla “vita” (soprattutto propria) e
sulla storia, per confermarsi in una consapevolezza amara, molto leopardiana,
quella di ritrovarsi in una “giungla” dalla cui paura proteggersi
esorcizzandola con l’ausilio dei “versi” dei pochi poeti che resistono
nell’immaginario collettivo. Spiriti Guida, dunque, i poeti evocati, che si
prestano, ognuno, a specchio, con un verso, a far da pretesto e incentivo per
una riflessione, se non su un tempo di più generale povertà civile e morale (su
“questo tempo corrotto”), sull’oggi di una grama quotidianità metropolitana, da
contrastare, stando “in guardia”, con la “fede” e la fierezza dei propri
valori. Si diceva di un’attitudine riflessiva che si rivolge ai casi della
propria vita ma non si risparmia nemmeno i più caratteristici empiti civili di
denuncia, come nel testo dedicato a Quasimodo, in cui le “ferite” della terra
di comune appartenenza e provenienza diventano l’occasione per riconfermare la
propria fedeltà e al tempo stesso per deplorare il tradimento di troppi. Pillole di vita e di saggezza, dunque, semi di un modo
di percepire la propria esistenza che hanno messo radici e aspettano di
rivelarsi e crescere come piante da frutto per le generazioni a venire
(commovente è l’evocazione della nipotina dal bel nome beneagurante, Allegra):
questo è il “nuovo” Gaccione, che, come un’Araba Fenice capace di rinascere
sempre dalle proprie ceneri, crede nella poesia come occasione per ridare alla
vita il suo etimologico carattere di “vitalis”, di realtà cioè “degna di
essere vissuta”, costi quel che costi.
Angelo Gaccione Poeti. Ventinove cavalieri e una dama Di Felice Edizioni 2025 Pagg. 56 euro 10