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sabato 24 maggio 2025

LO STATO DI DIRITTO SOTTO I PIEDI
di Luigi Mazzella



Il comportamento dell’Europa lo ha dimostrato chiaramente con il conflitto russo-ucraino.
 
La cosiddetta “cultura” che è venuta fuori, in Occidente, dalla sovrapposizione pacifica degli irrazionalismi religiosi Mediorientali e di quelli  filosofici di Platone rispetto all’empirismo, allo sperimentalismo e al razionalismo dei Sofisti e Presocratici si è cimentata, attraverso i suoi rappresentanti, a elaborare, nei secoli, slogan di indubbia efficacia (Vera e unica Democrazia al mondo, Stato di diritto, Tutela dei diritti umani) che solo ora, nel Terzo Millennio, stanno dimostrando appieno la loro falsità tipicamente propagandistica. Della “Democrazia” abbiamo (plurale majestatis) già scritto più volte: sullo “Stato di diritto” anche; ma dopo il chiaro e lucido articolo di Elena Basile su “il Fatto
Quotidiano” non è male ritornare sul tema per ribadire i concetti. La guerra russo ucraina ha, infatti, determinato il  crollo nella nostra Italia (ma anche altrove in Occidente) del mito dello “Stato di Diritto”, locuzione  che esprime la necessità che tutti, non esclusi i poteri dello Stato, compreso il Governo, agiscano per l’osservanza del dovere di agire sempre entro i limiti fissati dalla legge. Ciò significa che nessuno, neppure le più alte autorità statali, i sommi rappresentanti dei tre poteri pubblici, i funzionari di grado gerarchico più elevato, oltre ai comuni cittadini, sono al di sopra delle leggi che devono essere sempre applicate e rispettate.



Vediamo, allora, le norme che disciplinano l’entrata in guerra del nostro Paese. L’articolo 11 della nostra Carta Fondamentale recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli (mentre la guerra a difesa della Patria è fatta salva dal successivo articolo 52 che la definisce “sacro dovere del cittadino”) e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. A Napoli (ma forse anche altrove) si dice: “fatta la legge, si trova l’inganno” (in altre parole, c’è sempre un “paglietta” che dice il contrario). E difatti, v’è chi ha rilevato che: a) Nello stesso articolo 11 si consentono esplicitamente (le misure necessarie: id est le limitazioni di sovranità) per un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni (leggasi: installazione sul proprio territorio di missili, armi distruttive e quant’altro) e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo (leggasi: O.N.U. ma anche NATO); 
b) Nell’articolo 117 della Costituzione, comma 1 si sancisce che lo Stato italiano è soggetto al rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Ciò detto, c’è da chiedersi se gli argomenti portati dai guerrafondai che trovano sempre legulei disposti a giustificare  i loro istinti bellici per supportare l’invio di armi a Zelensky siano meritevoli di considerazione. A mio giudizio non lo sono.



1) Non è certamente un valido elemento di elusione del ripudio della guerra sancito dall’art.11 il successivo art. 78 Cost. che prevede l’istituto della dichiarazione dello stato di guerra da parte delle Camere perché esso si può ben rapportare all’ipotesi della necessità di una guerra difensiva e non, quindi, necessariamente offensiva. 
2) Non rappresentano una adeguata motivazione di co-belligeranza le norme NATO di cui ho già scritto su questo giornale e non mi ripeto.
3) Meno che mai ha senso riportarsi alle norme sull’ ONU, considerato che il Consiglio di Sicurezza non ha mai fatto alcun cenno alla Russia come aggressore dell’Ucraina né ad altre consimili considerazioni di responsabilità dello scontro bellico, limitandosi solo a chiedere la rapida fine della guerra. Il precedente, anteriore alla costituzione dell’ONU, degli aiuti americani forniti all’Inghilterra nella Seconda guerra mondiale in violazione dell’obbligo di neutralità, motivata da alcuni sedicenti esperti con la rottura del patto Briand-Kellog, sarebbe nel caso in esame un boomerang perché è stato proprio Zelensky a violare gli accordi di Minsk 1 e 2.
Conclusione: Se in Italia la gente non va a votare è perché tutta intera (o quasi) la sua classe politica si è dimostrata guerrafondaia e non rispettosa delle norme interne e internazionali sulla guerra (altro che Stato di Diritto!); e ciò in aperto contrasto con la volontà pacifista del popolo chiamato a votare.