La
guerra e di conseguenza le armi come contraddizione della modernità: è questo
il passo avanti della storia nell’intreccio dominante tra tecnocrazia e
autoritarismo? Sarà
facile identificare l’altalena di questi giorni come La commedia dellaguerra
con unici perdenti i popoli vessati e bastonati dal gioco a scacchi dei
potenti. Però
è emersa chiara la contesa che è quella del riarmo, dell’inseguimento a bombe
sempre più potenti, missili ultrasonici, ecc, ecc.: il riarmo che va finanziato
per favorire i profitti e per tenere alta la tensione in un quadro di
militarizzazione complessiva in un quadro che non garantisce neppure l’equilbrio
del terrore di memoria della guerra fredda. Militarizzazione
destinata a ridurre ancora di più la complessità della politica a schema
binario, con il gran ritorno della diarchia (almeno apparente) amico/nemico. È
tornato di moda Le Bon e la sua psicologia delle masse (del resto
indispensabile per esaltare il nazionalismo, la difesa della propria “civiltà”
e far accettare come indispensabile la regressione democratica) e torna di moda
Carlo Schimtt attraverso l’estensione del cui pensiero si pensa di
militarizzare lo scontro politico. Obiettivo:
non corrispondere più alle esigenze e ai bisogni di massa in termini di welfare
e di equilibrio economico per favorire al massimo disuguaglianza e povertà
intese come nuove frontiere sulle quali reggere regimi della paura.