C’è stata una stagione vitale e ricca di fermenti in cui le
idee più ardite prendevano corpo e davano al dibattito culturale tutta la linfa
necessaria alla sua ragione e alla sua esistenza. In quella straordinaria
stagione il bisogno per ciascun individuo di quello che abbiamo chiamato iltempo liberato, si imponeva come un’urgente necessità per il corpo,
prima che per qualsiasi altra esigenza di carattere psicologico ed
esistenziale. Liberare il tempo di donne e uomini voleva dire, per costoro, impossessarsi
di una quantità in più di esistenza, preservare le loro vite dallo stress,
dall’usura, dall’esposizione al pericolo di incidenti ed alle malattie che sono
i maggiori fattori di perdita della salute. Tempo liberato da impiegare al
meglio per prendersi cura di sé stessi, dei propri affetti, delle proprie
passioni. Per rallentare il passo rispetto al vortice della civiltà moderna che
obbliga a ritmi sempre più disumanizzanti travolgendo con violenza quelli
imposti dalla natura e dalla biologia. Stava diventando sempre più concreta la
possibilità di una riduzione drastica delle ore lavorate che avrebbe permesso
un allargamento della base produttiva, e ai giovani di entrare più
facilmente nel mondo del lavoro. Le nuove tecnologie, si diceva, saranno messe
a disposizione degli uomini e delle loro necessità, per alleviare la fatica.
Fatica è definito il lavoro in molte lingue, poiché spesso provoca stanchezza,
rischi, debilitazione, modifica dell’umore. Quelle miracolose tecnologie
avrebbero dovuto affrancare gli esseri umani restituendo loro un ampio margine
di libertà attraverso il tempo liberato. Quanto tutto ciò si sia
dimostrato menzognero, lo possiamo constatare oggi a distanza di circa mezzo
secolo. La tecnologia e la scienza hanno fatto passi da gigante, ma di tempo
liberato non se ne è vista nemmeno l’ombra. Morti e incidenti sono
diventati piaga sociale; le ore lavorate aumentate e i diritti diminuiti; il
lavoro povero, super-sfruttato e schiavistico è divenuto incontrollabile; le
tecnologie hanno espulso braccia e intelligenze dal ciclo produttivo, le
produzioni delocalizzate, le disuguaglianze estese. Uomini e donne si ritrovano
più di prima asserviti al dominio del tempo, della tecnologia e del
profitto.