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giovedì 7 agosto 2025

BRICS NON STA PER “BRICCONI
di Luigi Mazzella


 
Avvertire il conducente Italiano!
 
Wikipedia definisce il BRICS “un raggruppamento di economie mondiali emergenti, formato dai Paesi del precedente BRIC (iniziali di Brasile, Russia, India e Cina) con l’aggiunta di Sudafrica (2010; con il suo ingresso si aggiunse la S al nome), EgittoEtiopiaIran (2024), Indonesia (2025). E aggiunge: “L’acronimo originale BRIC fu coniato nel 2001 dall’economista della Goldman Sachs, Jim O’Neill, per descrivere le economie in rapida crescita che nelle sue previsioni avrebbero dominato collettivamente l'economia globale entro il 2050”. Il BRICS, a giudizio di molti osservatori politici starebbe beneficiando di un inatteso aiuto dalla politica di Donald Trump che, sparando a ventaglio invettive e minacce contro tutti, accelererebbe la  costruzione di un sistema commerciale e finanziario globale ,attraverso accordi bilaterali non basati sul dollaro (de-dollarizzazione); in particolare, ciò potrebbe avvenire con il lancio di una nuova moneta, potenzialmente condivisa. L’operazione sembra innestarsi in un momento in cui il declino dell’Occidente, preconizzato da Oswald Spengler e da me individuato nella rissosità, interna ed esterna, generata da un irrazionalismo cieco, alimentato da tre utopie religiose e due politiche, sembra apparire evidente allo stesso Presidente americano  che punta in modo inequivoco a dissociare le sorte degli Stati Uniti dai Paesi della vecchia Europa, da lui considerata, non a torto, “una turbolenta madre di tutte le più recenti guerre”.  



Le condizioni favorevoli allo sviluppo dell’operazione, a parte gli sbandamenti quotidiani di Trump, sono nella ricchezza dei Paesi interessati tutti in crescita economica per l’abbondanza delle relative risorse naturali strategiche, ma, soprattutto, per la forte crescita del prodotto interno lordo (PIL) e del peso crescente e solido nel commercio mondiale. A questa organizzazione intergovernativa, con chiari e inequivocabili obiettivi geoeconomici e geopolitici, la classe politica di un Paese sempre più, economicamente, in brache di tela, come si è ridotta a essere l’Italia, se trovasse il coraggio necessario per sottrarsi ai suoi secolari servaggi, dovrebbe porre più attenzione di quanto non riesca a fare. Si tratta, ovviamente, di una speranza vana anche se limitata al semplice interesse di approfondimento conoscitivo.
Da Conte, Ds Schlein, da Calenda, da Renzi fino a Tajani e alla Meloni la dipendenza “culturale” (sic!)  dagli Stati Uniti è ancora totale. A Ovest non c’è mai nulla di nuovo!