Humane, opera prima di Caitlin Cronenberg. Non
è di certo un’umanità bella e felice quella che viene fuori da Humane,
il film di esordio alla regia di Caitlin Cronenberg, figlia del famoso regista
canadese David, autore di pellicole di forte impatto psicologico (detti dalla
critica di Body horror per la loro attenzione ai mutamenti del
corpo umano). Caitlin
sposta il fulcro della sua attenzione indagatrice dal singolosoggetto alla
collettività umana, rappresentando il mondo di oggi, giunto, a suo dire, a
un livello tale di sovraffollamento da rendere il clima irrespirabile e sostanzialmente impossibile
per la sopravvivenza della specie umana. La
narratrice non ci ricorda ciò che gli etologi hanno dimostrato essere esiziale
per i ratti; nulla ci dice, infatti, degli esperimenti scientifici che
hanno dimostrato che i topi immessi in uno spazio circoscritto, quando il
loro numero aumenta, si dilaniano reciprocamente senza freni. Né
l’autrice aggiunge che in Occidente (in quella parte di mondo dove i
monoteismi religiosi e i fanatismi politici hanno seminato odio a piene mani
tra gli abitanti) l’autodistruzione collettiva è cominciata già prima del
sovraffollamento del Pianeta.Nel racconto fantasioso
della giovane regista, la situazione determinatasi per l’insipienza umana
costringe i governi di tutto il Pianeta a imporre l’eutanasia come mezzo
di controllo demografico: in altre parole si vedenella
scomparsa di viventi del tutto innocenti l’’unica possibile soluzione del
problema. Ciò, posso aggiungere, in coerenza con l’idea della morte
che aleggia e domina non solo i monoteismi mediorientali ma anche le
elucubrazioni dell’idealismo tedesco post-platonico di destra e di
sinistra. L’autrice
omette di ricordarci che fuori dell’Occidente, in Cina, in assenza della
predicazione religiosa sulla “procreazione a gogò”, sul divieto di misure
anticoncezionali (i profilattici sono stati esclusi, in alto loco, anche
per i malati africani di AIDS) costantemente propagandata come dettato
divino da Alti Prelati ecclesiastici, preoccupati di
ingrossare l’esercito dei propri seguaci per combattere gli
infedeli, da ignoranti parroci di campagna e da beghine e bigotti di scarsa perspicacia
intellettuale, la proliferazione delle nascite era stata impedita incidendo
sulla natalità e non sulla morte. Caitlin
Cronenberg non manca di individuare nella “sacra” istituzione della “famiglia”
e nelle relazioni che in essa si intessono la fonte di una insana competizione
individuale, di invidie interpersonali, di rancori a lungo covati. Il finale
grandguignolesco del film mostra con la sua ecatombe di congiunti questo
secondo assunto della regista.
Prima Domanda:È possibile
desumere che la giovane Cronenberg ritenga impossibile riportare
l’Occidente al pensiero libero e razionale (e, magari, anche migliore, dati i
millenni trascorsi e i progressi che la cultura scientifica, nonostante
gli ostacoli religiosi o ideologici, è riuscita comunque a compiere) della
civiltà greco-romana?
Seconda
domanda: È corretto pensare che il ritorno a una vita
personale e collettiva ispirata all’uso del raziocinio e all’esorcismo delle
credenze fantasiose non è tanto impedito e ostacolato dalla massa (che presto,
per la sua natura, si adegua a tutto) quanto dai cosiddetti
“intellettuali” che avendo costruito i cadreghini del loro potere su
una moltitudine di concetti farlocchi e taroccati (espressi con
dovizia di espressioni erudite e ricercate) incontrano difficoltà ad
abbandonare il loro comodo (e spesso ben remunerativo) angolino di “false
certezze” da “insegnare” agli altri?