Se con il
romanzo Il Lupo della Steppa(Der Steppenwolf”), scritto nel
1927, Hermann Hesse sperimenta il superamento dell’Io scisso, del protagonista
Harry Haller, in umanità e asocialità attraverso l’umorismo, definito, in sogno
da Goethe e Mozart, quale elemento essenziale dell’immortalità e di comprensione della contraddittoria realtà
e società borghese tedesca degli anni ’20 (“… der Humor als essenzielles
Element der Unsterblichkeit ist: Wir Unsterblichen lieben das Ernstnehmen
nicht, wir lieben das Spaß”), accostandosi, pur non totalmente, al sentimento
del contrario dell’ironia pirandelliana, nello stesso anno Hesse compone,
fra le numerose poesie, una lirica la cui tematica si incentra sulla
transitorietà della vita, incarnata nell’immagine della piccola farfalla blu.
Emblema di fugacità e di cambiamento, la farfalla è, al pari della vita,
un’occasione di fortuna, di velocissimo istante per poter brillare almeno un po’;
spetta a noi esseri umani saper coglierne consapevolmente la bellezza dell’hic
et nunc e viverla con leggerezza e al contempo con profonda etica di
responsabilità. In occasione del sessantatreesimo anniversario dalla scomparsa
del poeta di Calw, il mio omaggio traduttivo alla sua profonda spiritualità,
all’avermi accompagnato durante gli anni adolescenziali col suo Siddharta,
di cui custodisco gelosamente la versione in lingua originale acquistata in una
spaziosa libreria freiburghese, ai tempi dell’Erasmus, alla sua immortale Weltanschauung,
quale istante di Bellezza, nonostante la brutalità, senza fine, dell’essere
umano. Una piccola farfalla Blu
Aleggia una piccola farfalla blu sospinta dal vento, luccichio d’un brivido madreperlato, tremolante in volo, così con l’istantaneità d’un lampo, così nel soffio fugace, vidi un cenno di fortuna, luccicare, tremolare, passare
fugacemente.