Il tramonto dell’Occidente Il libro di Oswald Spengler, Il Tramonto dell’Occidente, non è
un saggio volto a individuare rimedi salvifici per scongiurare la “morte
annunciata” nel titolo. Tutt’altro.L’Autore si limita a compiere un’analisi comparativa di tutte le grandi
civiltà del Pianeta per desumere, analogamente a quanto avviene per l’organismo
umano, quattro fasi di età: infanzia, giovinezza, maturità e
vecchiaia. La fine è ritenuta, in buona sostanza, del tutto
ineluttabile. Spengler, da storico, valuta positivamente, nella sua opera, la
civiltà “greco-romana”, definendola “apollinea, in quanto volta staticamente al
presente; qualifica invece “faustiana” quella “occidentale” perché irrequieta
nella sua ansia di trasformazione.Influenzati soprattutto dalla sua intuizione circa la tendenza degli
Occidentali di mantenere in vita, nella fase finale della decadenza, modelli
culturali già morti, i numerosi uomini di pensiero, colpiti dalla sua analisi
(Erich Rothacker, Ernst Cassirer, Ludwig Wittgenstein, Thomas Mann - alla
stesura del Doktor Faustus ma non dopo - Sinclair Lewis,
Howard Phillips Lovecraft, Martin Heidegger, Evelyn Waugh, William S.
Burroughs, Jack Kerouac, Northrop Frye, Joseph Campbell, Samuel Huntington) non
hanno contrapposto spunti di riflessione volti ad
alimentare “speranze”. Personalmente, muovendomi nella
direzione indicata dal filosofo tedesco, ho individuato in cinque utopie, tre
religiose e due politiche, la causa della inevitabile debácle Occidentale chiedendomi
anche, però, se l’attuale processo di decadenza sia, veramente,
inarrestabile.La risposta è che non risulta facile essere ottimisti.Per quanto
“faustiano” e “anti-apollineo” sia il bisogno esasperato di trasformazione
degli inquieti Occidentali debellare, infatti, ex abrupto tre
religioni divenute, nel mondo, straricche e ultrapotenti non è impresa di
poco conto ed è pressoché impossibile prevedere un esito favorevole
all’impresa.Altrettanto deve dirsi dei due “cancri, a mio giudizio, ugualmente letali”
(nazifascismo e social comunismo) che hanno invaso l’Occidente, approfittando
della favorevole circostanza di un pensiero già aduso ai
condizionamenti di un fideismo fantasioso, spesso anche fanatico. Il traguardo di un Capo illuminato (Duce o Fuhrer) che conduca ad approdi
di benessere collettivo o quello di un popolo, assetato di giustizia, che
realizzi, con la rivoluzione proletaria o con altri mezzi meno violenti,
l’uguaglianza di tutti gli esseri umani appare ormai irrinunciabile anche a
persone che si definiscono di “buon senso” comune.L’inevitabilità
del tramonto, per l’impossibilità di convincere l’intera popolazione
Occidentale di rinunciare a credenze secolarmente consolidatesi, non
significa, però, che il processo estintivo non possa essere
ritardato. Sotto questo limitato aspetto, l’invito a chiudere
le guerre in atto e a mitigare i toni delle polemiche furibonde che
s’incrociano tra i vari monoteismi Mediorientali (divenuti anche Occidentali) e
le due ali (sinistra e destra) dell’idealismo tedesco post-platonico di fine
Ottocento (socialcomunismo e nazifascismo) può risultare utile per salvare
molte vite umane e per consentire di preservare un filo di speranza per una
reviviscenza, sia pure parziale, circoscritta, e limitata nel
tempo dell’antica razionalità.Se è vero, infatti, che, un tempo, essa era un vanto della gente
mediterranea è altrettanto certo che essa fu estromessa dai confini
dell’Occidente, in modo radicale, da credenti e fanatici dominati da un odio
chiamato eufemisticamente passione religiosa e/o politica.