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lunedì 27 ottobre 2025

VIRTÙ DEI VIZI
di Chicca Morone


Chicca Morone

Contrariamente a quanto si possa immaginare, la classificazione dei peccati capitali non ha inizio nella Bibbia, bensì nel IV secolo dopo Cristo a opera dei Padri del deserto e in particolare del monaco Evagrio Pontico: nel testo sacro ci sono esempi di comportamenti, riferibili a tali nuclei, come il fratricidio di Caino mosso dall’invidia verso Abele, Adamo ed Eva che non resistono alla tentazione della mela, Lucifero che da creatura vuole essere Creatore. Una descrizione affascinante dei vizi capitali, però, ci giunge da Aristotele come “abiti del male” perché, se ci rifacciamo al concetto di corazza caratteriale di Wilhelm Reich, ne ricaviamo l’esatta funzione: questi sentimenti, che diventano tratti di carattere, anche se in un primo tempo solo come difensivi, impongono comportamenti rigidi e distorti, nocivi principalmente a sé stessi, costringendo la persona a vivere male e spesso a rendere difficoltosa anche la vita altrui.
Inoltre, presi da calcoli abbastanza limitativi, rinforziamo abitudini poco sane e entriamo in circuiti chiusi dove la crescita interiore è impossibile ma al contrario otteniamo un sempre maggior attaccamento a situazioni deleterie.
Da otto i vizi capitali (superbia, accidia, tristezza, ira, gola, lussuria, avarizia, vanagloria) con Gregorio Magno diventano sette, dove la vanagloria si fonde con la superbia e la tristezza diventa invidia. D’altra parte che cosa è l’invidia se non la tristezza per il bene altrui? L’invidioso ha anche una buona dose di superbia, in quanto percepire l’altro come qualcuno che ha raggiunto un certo successo quando si è convinti di essere ineguagliabili, può produrre quel sentimento di frustrazione sia nel caso ci si senta escluso da tale stato, sia che, pur essendo già in possesso di tale stato, si pretenderebbe esserne l’unico titolare.
Spesso in interviste a personaggi particolari mi sono trovata a porre una domanda subdola “Quale è il peccato capitale che aborre e quale secondo lei peccato non lo è proprio”. Quasi sempre il vizio detestato era quello che si presentava maggiormente nel proprio comportamento e l’indulgenza verso i piaceri della carne veniva sottolineato da un luccichio negli occhi: siamo tutti molto umani, ma quando un Botero dichiarava la sua intolleranza verso l’avarizia, veniva spontaneo pensare alle quotazioni delle sue opere, alla “bottega” dove i collaboratori gli preparavano i quadri, al suo successo ineguagliabile per molti anni. Sconfinata è la mia ammirazione della sua creatività e dell’abilità negli investimenti per pubblicizzare il suo lavoro, ma sussurrano che tanto generoso non lo fosse. La difficile infanzia a Medellin aveva lasciato il segno.
È di questi giorni l’enorme spazio mediatico dato alla rinuncia di Jannik Sinner alla Coppa Davis: mi chiedo come si possano sindacare le sue scelte visto che il ragazzo non è un robot e soprattutto non è un farfallone che conta di sostituire la sua presenza al torneo con vacanze nei Caraibi, circondato da creole danzanti. Sospetto che l’invidia per i folli guadagni vinti ogni volta che scende in campo, possa suscitare qualche parola di troppo, soprattutto in personaggi come Bruno Vespa che molto sportivo non appare, troppo preoccupato a galleggiare nel mare delle notizie edulcorate da propinare con sentenze apodittiche.
Ci sono poi peccati capitali che danno piacere a chi li compie: l’indigestione dopo una scorpacciata di dolci siciliani può valere la pena; qualche problematica in zone intime per eccessi di lussuria nella vita può succedere; ma l’iracondo che non riesce a fermarsi prima di travalicare il limite, l’accidioso che resta immerso nella materia senza levare gli occhi al cielo, il superbo che in fondo ha bisogno di continue conferme, l’avaro di se stesso che, non essendo capace di donarsi, finisce con il ricevere poco ed è costretto a “bastarsi”; sono categorie di infelici che a tratti rendono infelici anche gli altri.
Dalla mia collaborazione con Enrico Colombotto Rosso è nata una raccolta proprio sui peccati capitali dal titolo “Virtù dei vizi…” con la quale voglio concludere.      
 
 
“Voi” avete i vostri vizi, “noi” abbiamo le nostre virtù.
Chi siamo “noi” e chi siete “voi”?
L’appartenenza è semplicemente una questione di scelta…



Orgoglio

Il vostro orgoglio vi rende sicuri del vostro potere
Il nostro orgoglio ci rende liberi dall’apparire



La vostra accidia vi rende certi dei vostri credo
La nostra accidia ci aiuta a non competere
 


Invidia

La vostra invidia vi rende ladri di idee
La nostra invidia ci rende cercatori di verità



Lussuria
 

La vostra lussuria vi rende preda degli istinti
La nostra lussuria anima solo le nostre notti



Ira
 

La vostra ira grida le vostre ragioni
La nostra ira alimenta il nostro desiderio di giustizia


Gola

La vostra gola vi rende ingordi di benessere
La nostra gola ci rende bramosi di sapere


Avarizia

La vostra avarizia vi tiene prigionieri del denaro
La nostra avarizia ci fa trattenere i ricordi dei giorni felici.