Comincerei dalla mole: si tratta di un tomo di ben 608 pagine. Gli argomenti della materia ce li fornisce il sottotitolo: “Antologia di ricerca di critica dei linguaggi della Poesia e dell’Arte”; il titolo è più secco e apparentemente criptico: Percorsi di Adiacenza. In chimica l’adiacenza è la “relazione tra due o più atomi”, ma qui si tratta di critica letteraria, una critica che si è svolta per un quarantennio, e la contiguità, la vicinanza, hanno toccato una quantità di materiali enormi andando ad aderire, come un corpo su altri corpi, a quelli di una lunghissima lista di autori: poeti, narratori, pittori, critici, teorici della letteratura e a prendere di petto gli aspetti multipli del fare letterario. Fare letterario che non si dispiega solo nei libri, ma riguarda le riviste in quanto fucine e laboratori del linguaggio e della ricerca, i convegni, gli incontri pubblici, in cui le voci si mettono a confronto. Va detto subito che il percorso critico di Adam Vaccaro, che di questo volume pubblicato dalla Marco Saya Edizioni è l’autore, si è mosso sempre in parallelo con il lavoro di poeta in proprio e di creativo della parola. Un’angolazione privilegiata, la sua, un punto di osservazione che gli ha permesso, guardando dentro la materia degli altri, di capire meglio la sua, di organizzarla con il dovuto rigore critico e la consapevolezza che a molti autori sfuggono. Nella bella e puntuale introduzione di Donato Di Stasi, i passaggi che danno conto della forza contusiva di Vaccaro sono molto espliciti: “Finalmente un autore, un saggista, un critico, il cui dissenso nelle pagine esplode apertamente, in modo libertario e percussivo, contro una società sbracata, fitta di stereotipi, che alterna rozzezza e iper-formalizzazione (…) Ai lettori viene indicata la necessità di acquisire una visione critica reattiva, non mimetica, né votata alla mera rappresentazione dei fatti e delle cose, ma strutturata su una polarità di segni molecolari, scomposti e fatti collimare con altri segni, adiacenti e diversi, per rompere il ritmo della banalità che affligge i nostri tempi sciagurati”. E se questo è il monito per i lettori, figuriamoci per gli autori.
[Angelo Gaccione]