Precorritrice del femminismo intersezionale (Intersectional
Feminism), portato nelle aule dei tribunali, nel 1989, dalla giurista
Kimberlé Crenshaw e, uno dei concetti cardine delle teorie sociologiche, l’attivista
Audre Lorde, emigrata dalle terre caraibiche e nata nel quartiere newyorkese di
Harlem, sperimenta presto le differenti forme di oppressione che giungono, come
lame taglienti ed intersecantisi, da una società che mina continuamente alla
dignità individuale e collettiva delle minoranze, in cui razza, genere e classe
sociale non sono altro che etichette atte a rendere marginale, se non assente, la
partecipazione attiva nella sfera socio-politica statunitense. Ma lo spirito indomito
di Audre Lorde, al pari dell’unicorno nero, componimento poetico e
titolo dell’omonima raccolta The Black Unicorn (1978), pur cosciente
della libertà negata dal potere dominante, fa, del proprio dolore, la forza propulsiva
di denuncia e di lotta contro le ferite aperte dalle ingiustizie sociali: decisivi,
sono per la scrittrice, gli anni di insegnamento a Berlino, in cui conduce una
battaglia politica con le attiviste nere della capitale tedesca, dando vita al
movimento “Afro-German Black Movement”. Nel
suo saggio What is Freedom? , appartenente alla raccolta Between Past
and Future, pubblicata nel 1961, (Che cos’è la Libertà?), la
scrittrice e filosofa Hanna Arendt, conducendo un’analisi relativa al concetto
di politica, durante i totalitarismi del novecento, considera libertà e
politica in una relazione di reciprocità, in cui la libertà è la ragion
d’essere della politica, la quale si manifesta nell’azione: la polis
greca fu appunto quella forma di governo che forniva agli uomini uno
spazionel quale agire e dove la libertà
poteva fare la propria comparsa. Sebbene i regimi totalitari abbiano dimostrato
l’esatto opposto, relegando la libertà a fuga dell’Io interiore da un mondo
devastato dagli orrori della guerra, è con la scrittura poetica, elevata a
denuncia politica, che la libertà di espressione d’identità e del suo
riconoscimento all’interno dello spazio politico-sociale, di qualunque genere,
razza e classe sociale si tratti, raggiunge, nelle opere della Lorde, la sua
massima espressione. Vale sempre il medesimo discorso per tutti quei contesti
in cui la libertà di manifestare la propria dignità di essere umano venga
minacciata: il linguaggio, nella sua forma verbale e non, assurge a mezzo di
resistenza e spazio in cui neutralizzare qualunque forma di oppressione perché,
come leggiamo ancora nei versi di Audre Lorde in A Litany for Survival
(Preghiera per la Sopravvivenza),inserita
nella raccolta The Black Unicorn: “se per chi come noi, nacque con la paura impressa
sul proprio corpo… ma nel silenzio continuiamo ad avere paura, tanto vale
parlare, ricordando che non era previsto che sopravvivessimo”, (“For those of
us who were imprinted with fear… but when we are silent we are still afraid, so it is better to speak rememberingwe were never meant to survive”.
L’Unicorno nero L’unicorno nero è ingordo, impaziente, scambiato per un’ombra o un simbolo, l’unicorno nero fu portato verso una terra
fredda, in cui la nebbia dipinse le beffe della mia
irruenza. Non sulle sue ginocchia riposa ora il corno, ma cresce nel profondo della cavità lunare. L’unicorno nero è irrequieto, implacabile. L’unicorno nero non è libero.