Massimo Del Pizzo, ovvero la
densità del racconto. Sarebbe
ormai il tempo che il discorso sulla produzione narrativa di Massimo Del Pizzo
passasse dal resoconto delle singole raccolte di racconti a una più ampia rendicontazione,
una completa rassegna se non una monografia (se ancora si facessero, o semmai
ci fosse una attenzione all’evoluzione delle scritture). Per questo non mi
intrattengo in citazioni di dettaglio dal suo nuovo volume (non voglio usare il
termine “volumetto”, che riguarderebbe lo spessore o il numero delle parole)
appena uscito: In viaggio con la madre. Qui l’assalto contro la
convenuta trama del raccontare si è compiuto, abbiamo i sussulti, gli echi, i
frammenti di eventi e contrasti, le riflessioni incise o scolpite, vale a dire
solo i residui di una storia; non trova ospitalità la concatenazione dei fatti,
dei luoghi e delle persone, o delle maschere. Attenzione però: tutto questo -
grazie alla scrittura di Del Pizzo - finirà per apparire o ritornare a giochi
esauriti, quando la lettura conclusa si fa memoria della storia letta. Allora
il lettore attento troverà la sua parte di riflessione e di soddisfazione.
Insomma, di continuità. Cosa ha fatto il Narratore? Ha isolato gli echi e i
rimbombi di un viaggio che assomiglia a un viaggio. L’abitudine, nella vita e
nelle narrazioni, prevede che si accompagni, con trucchi e sentimenti più o
meno colpevoli, un genitore verso una casa di riposo. Qui una madre viene
portata da un figlio a casa propria. Questo è il viaggio, breve e circoscritto,
nel corso del quale la madre pronuncia poche parole; molte altre il figlio se
le anticipa, le pronuncia “come da solo”. Non c’è un dialogo reale, solo
supposizioni e ricordi e memorie, per la maggior parte legate a rimproveri,
delusioni, mancanze, tristezze per remoti abbandoni o non eseguiti abbracci, o
eluse parole. La scrittura si fa carico sintetico delle distanze e
dell’infelicità filiale, del destino di incompiuta felicità della madre
annidata nell’imminente inevitabile destino. Vengono scartati gli eventi e
privilegiato un rammarico latente di un viaggio di tragica cortesia, di
necessaria dedizione. Anche spazio appartato per rammarico e rivendicazioni. Qui
la scrittura ha assolto al proprio compito primario: variare sé stessa per
scoprire storie sottratte all’ovvio. Max Del Pizzo sta sintetizzando e mettendo
in ordine i frammenti sfuggiti alla storia quotidiana; poi li fissa in un
bassorilievo prossimo a una filosofia del resistere. Ultima osservazione: il
percorso verso la sintesi sta addensando la sua scrittura, che spesso elude le
contiguità sintattiche e occhieggia a una prosa poetica che non è più racconto.
Si può dire che Massimo del Pizzo poco racconta e molto distilla. Ci dobbiamo
ormai aspettare altro. Ultima consolazione: ci sono ancora editori (evitiamo
definizione “di nicchia”) che garantiscono spazio all’evoluzione di generi e
scritture, lontano dall’inutile rumore delle convenzioni.
Massimo
Del Pizzo In
viaggio con la madre Arsenio
Edizioni, 2025, Pag.
48 - € 10