Il turpiloquio (recente) delle coppie
guerrafondaie. L’avvento del “digitale” (con gli
interventi on line sui cosiddetti social) e
lo scoppio in parallelodi due guerre in Occidente (Ucraina) e
nella vicina appendice mediorientale (Israele) hanno determinato un’esplosione
di turpiloquio politico senza precedenti, negli annali della Storia. Persino
individui investiti di alte cariche istituzionali, gentiluomini
(con gentildonne al fianco) adusi alle ovattate atmosfere dei
salotti borghesi e alla prudenza dei bureaux, quando, per
inneggiare alla guerra, si rivolgono a persone che si dichiarano, invece,
amanti della pace usano un linguaggio violento e spesso trivialmente volgare. Un’analisi ad hoc andrebbe compiuta,
approfondendo il problema a livello di competenza psicologica (se non
psichiatrica).Esperti del
settore dovrebbero chiarire agli Italiani, sgomenti, gli aspetti psicologici di
carattere generale che spingono gli individui, un tempo civili ed
educati, e le società, una volta almeno apparentemente tranquille, a
condividere le spinte verso la esasperazione (e talora persino verso
l’organizzazione) della violenza. Gli specialisti della materia, a
mio giudizio, addentrarsi nel campo dell’irrazionalità più spinta cui
possa pervenire la mente umana (e il cui diapason si registra
nella leadership militare) per cercare di capire.Il problema non riguarda soltanto
nerboruti maschi, adusi a perdere il controllo di sé, dopo qualche bicchiere di
vino in eccesso, ma anche ingioiellate gentildonne che si immaginano
votate alla poesia, alle conversazioni colte nei salotti della buona borghesia
e che ritengono, oggi, forse per la prima volta nella storia umana, come
loro nuovo compito quello di scagliarsi, con epiteti feroci, contro il “controllato”
Putin e lanciare ingiuriose, trucide accuse contro chiunque, pur dotato di
illustri e universalmente riconosciuti titoli scientifici, non condivida i loro
isterismi tardivi da guerrafondaie più accanite dei loro mariti.Spesso si tratta di consorti
frustrate e derelitte, competitive con i loro stessi consorti di cui non
accettano una loro reale o pretesa superiorità intellettuale,
disperatamente protese a uscire da un’ombra da cui di sentono avvolte e
nascoste.Ma, a parte
le motivazioni interne a un rapporto conflittuale di coppia, valide soprattutto
per individuare una delle ragioni della virulenza femminile che si registra
quotidianamente in maniera sempre più evidente, le donne sono addirittura
più sensibili degli uomini sia a condividere decisioni irrazionali e pericolose
pur di mantenere inalterata (sino a una sostanziale immutabilità) la coesione
di un pensiero di gruppo, come hanno dimostrato le analisi di Irving
Janis sul Groupthink, sia a subire l’influenza della
propaganda bellica per la percezione del nemico.Dal mio personale punto di vista, trovo
che, in Occidente, la guerra e lo spettro della morte, trovano un terreno più
fertile che altrove; colmo, com’è, diirrazionalità diffuse. I credenti religiosi,
ritenendosi viventi in una “valle di lacrime”, vedono nella morte l’inizio
della vera vita ed è per loro dolce naufragare nel mare del “cupio dissolvi”;
fascisti e comunisti, dal loro canto, esaltano la morte per “nobili fini” e
sono convinti cha tali siano quelli delle loro irrealizzabili utopie! Conclusione:un tempo le donne erano le
naturali alleate degli individui amanti della pace. Ora non più. Abituiamoci,
quindi, all’idea di un “pulzellaggio armato” sempre più ampio ed esteso, con
asce di guerra dissotterrate non solo dalle leader politiche
del gentil(?) sesso ma anche da massaie, madri di famiglia, intellettuali (o
sedicenti tali), poetesse, scrittrici e cortigiane.