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mercoledì 20 novembre 2013

Non lasciamolo solo, Vogliamo Giovanni Libero

Giovanni Lo Porto è un cooperante rapito in Pakistan il 19 gennaio 2012 insieme ad un collega tedesco. Giovanni lavorava a Multan per un progetto di aiuto umanitario a favore di centinaia di famiglie in grave difficoltà, dopo le devastanti alluvioni che hanno colpito la zona di Kot Addu nella provincia del Punjab.
Un gruppo armato ha fatto irruzione nell’edificio dove lavorava e viveva con altri colleghi e lo ha sequestrato. Da allora non ci sono più notizie significative sulla sua vicenda.
Il mondo del terzo settore e le ONG hanno scritto una lettera ai Presidenti Napolitano e Letta perché Giovanni possa finalmente tornare a casa.
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Signor Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,
Signor Presidente del Consiglio Enrico Letta
Rompiamo il silenzio su Giovanni Lo Porto,  rapito in Pakistan il 19 gennaio del 2012.
Giovanni è stato rapito una sera di 21 mesi fa a Multan, nel Punjab pakistano, dopo una giornata di lavoro. Quattro persone armate hanno fatto irruzione nella casa dove alloggiava con i colleghi e lo hanno portato via insieme ad un altro cooperante tedesco. Quando è stato rapito, Giovanni era in Pakistan con l’organizzazione non governativa Welt Hunger Hilfe. Era partito da pochi giorni da Palermo, sua città natale, per portare cibo e ricostruire case a favore di migliaia di persone colpite dal devastante terremoto e dall’alluvione del 2010.
Quello di Giovanni, al pari di molti altri operatori umanitari, è un aiuto concreto, svolto con competenza e impegno. Attraverso il loro lavoro l’Europa, l’Italia, noi tutti riusciamo ad esprimere solidarietà e soccorso vero alle persone più svantaggiate del mondo, quelle che rischiano la vita, colpite da calamità naturali e devastanti conflitti.
Giovanni è la faccia di un’umanità che si sente unita, che supera i confini, le distanze, i pregiudizi per ribadire che ogni uomo ha diritto ad una vita dignitosa. Gli occhi di Giovanni sono i nostri occhi che non si chiudono e decidono di vedere le difficoltà delle persone più vulnerabili; sono le nostre mani che scelgono di agire per rendere il nostro un mondo più accogliente per tutti, anche per i più umili e dimenticati.
Non lasciamo solo Giovanni. Rompiamo il silenzio che è normalmente richiesto in situazioni delicate come questa, per inviare questo appello a voi, signor Presidente della Repubblica e Signor Presidente del Consiglio, affinché si facciano tutti gli sforzi possibili per riportare finalmente a casa Giovanni, restituirlo alla sua famiglia, a tutti noi e alla certezza che impegnarsi per un mondo più umano è giusto ed è possibile.
 Silvia Stilli, Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (AOI)
Maria Egizia Petroccione, Coordinamento Italiano Network Internazionali
Paolo Dieci, Link 2007 Cooperazione in Rete

Pietro Barbieri, Forum nazionale Terzo Settore