Con
questa breve, ma importante riflessione, un filosofo contemporaneo
mostra quanto il significato autentico del Natale sia
stato svilito e mistificato dalla pubblicità e dal consumismo, e
come la festa si sia trasformata in una oscena esibizione di potere e
di ricchezza. Ne svela il cinismo e l’impoverimento, e ci invita a
ripensare il significato simbolico del dono e della festa.
Confesso
che mi dispiace di non avere una cultura religiosa sufficiente per
spiegare in tutti i suoi sensi il significato simbolico del Natale.
Forse per cogliere il suo messaggio più importante è sufficiente
dire che in una capanna, durante il cammino dei genitori, nasce un
bambino il cui destino sarà quello di predicare, contro violenti
poteri politici e ideologici, una morale sociale che unisca gli
uomini in una comunità dove ciascuno ritrovi se stesso nelle varie
forme dell’alterità.
Un’etica
che è la strada mondana che conduce alla salvezza, senza bisogno che
sorga alcuna divinità -come disse Heidegger- per liberarci da una
mondanità che ci ha costruiti con una intelligenza distorta, un
comportamento egoistico, un’identità solitaria e ostile. Per chi,
con i suoi poveri mezzi, ha cercato di condurre la nostra vicenda
storica in una direzione contraria agli attuali esiti, è una ragione
di invidia e di desiderio nei confronti di chi, almeno per un giorno,
può vivere nell’aura della salvezza. E non mi si dica della
mistificazione, delle violenze, delle torture, delle empietà che
sono state compiute dalla istituzionalizzazione religiosa che un
potere mondano gerarchico, dogmatico di quel messaggio che nasceva
con il bambino più povero del mondo.
Sono
nozioni che so benissimo, ma so anche che è possibile liberarsene
con una conversione della propria coscienza e con un certo coraggio
nel guardare in faccia al mondo senza chiudersi nel guscio del
proprio quotidiano. Non è affatto facile; ma chi ha mai sostenuto
che il ritrovamento di un se stesso al di là della costruzione
storica che ci ha fatto una mondanità, in ogni caso volgarmente
plebea, sia facile. Confesso che mentre scrivo queste righe non so il
come sia realizzabile uno scopo di questo genere. Come sempre
capita è più facile indicare il negativo piuttosto che il positivo.
E allora nessuno si dovrà stupire che non ami quello che la nostra
tradizione ha fatto del Natale. Potrei dilungarmi in analisi
economiche e sociali e anche simboliche, mostrando l’aspetto
invasivo e un poco allucinatorio della invasione pubblicitaria.
Nel
giorno della povertà e della giustizia -si dice- cerca di
identificarti, come puoi, con gli oggetti che simulano l’identità
della ricchezza. Questo è negativo, ma, aggiungo, non devi
dimenticare che è giorno di festa e tale deve essere per noi che,
dal Settecento almeno, sappiamo distinguere una festa da una
esibizione di potere e di ricchezza. La festa va ritrovata al di là
dei canoni che il consumo, come semplice produzione del profitto
attraverso le forme più diverse, ci impone come nostro piccolo
dominio.
Devo
aggiungere che i meno simpatici mi paiono quelli che dalla loro
incredulità e dalla loro totale arrendevolezza ai tempi, dicono: “Ma
è una festa per i bambini”. I bambini hanno diritto alla massima
protezione, e anche alla felicità che può derivare dalla
realizzazione di un loro desiderio, quei desideri che nascono dal
tesoro dell’immaginazione e che si perdono per strada diventando
adulti. Ma questa prospettiva è molto diversa dalla costruzione del
desiderio artificiale, dalla figura del bambino consumatore in una
rincorsa mimetica dove sta contemporaneamente l’illusione
dell’affetto degli adulti e il successo del mercato.. Non c’è
nessuna coincidenza tra questi due aspetti, se non in una cultura
priva di ogni virtù. Vorrei mostrare che il dono (di solito anche i
filosofi, un po’ superficialmente, lo contrappongono allo scambio),
proprio in quanto dono, è un forte motivo di affetto che fa
anch’esso parte di un processo educativo. E di queste esperienze mi
pare che i bambini nostri (non parliamo dell’infanzia miserevole e
abbandonata) abbiano anche bisogno per affrontare il futuro.
Fulvio
Papi
Cari amici, care amiche,
stanno
arrivando le feste natalizie, feste che come oramai tutti voi sapete,
si sono trasformate in un’orgia oscena, consumistica e
pubblicitaria. Il filosofo Fulvio Papi, ha scritto una breve, ma
intensa riflessione su tutto questo, per la prima pagina di
“Odissea”, la potete leggere cliccando su
Per
quanto mi riguarda ne ho scritto anch’io in passato e ho premesso a
questa nota di Papi, un mio breve occhiello. Approfittiamo di queste
feste per opporci ai regali inutili e consumisti, che quasi sempre
finiscono per alimentare il volume dei rifiuti. Questo è immorale ed
empio, rispetto al messaggio di povertà e di umiltà che ci proviene
dal significato autentico di queste feste. Rivendichiamo una ecologia
della mente, una disintossicazione dagli oggetti e dal consumo.
Regalatevi
e regalate un libro, io ve ne propongo tre dei miei usciti di recente
e su cui avrete uno sconto significativo. Il ricavato aiuterà
“Odissea”, la sua bella testata rossa, il suo rosso ed indomito
cuore.
Buone
feste a tutti
Il
direttore (Angelo Gaccione)
Ecco
i titoli:
“Milano
città narrata” Pagg. 160, Editrice Meravigli (€ 15,00) vi sarà
dato a 10,00
“La
signorina volentieri” Pagg. 208, Oltre Edizioni (€ 18,00)
vi sarà dato a 15 e riceverete un altro libro in omaggio
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a teatro. Testi teatrali -1985-2007-” Pagg. 208, Ferrari Editore
(€ 15,00) non c’è sconto, ma riceverete un altro libro in
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