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venerdì 6 dicembre 2013

Uccidiamo mezzo maiale!
di Paolo Maria Di Stefano

La Consulta ha macellato il porcellum. E lo ha fatto dando concreto significato ad un detto popolare – del centro Italia, per quanto ne so – che recitava: domani uccideremo mezzo maiale. Che significava, sostanzialmente: il maiale macellato ce lo dividiamo. E al momento della macellazione, ciascun beneficiario “raccontava” le sue intenzioni d’uso della parte di competenza.
In fondo, prevedeva il futuro.
Come tutti si affannano a fare, magari solo per dire che il futuro è imprevedibile.
Figuriamoci in questo caso!
Di tutte le previsioni possibili, una è facile. Anzi, ovvia. Anzi, non è neppure previsione: una constatazione anticipatoria. La sentenza della Corte Costituzionale che ha stabilito l’incostituzionalità della legge Calderoli – quella che per ben tre volte ha regolato le consultazioni politiche e l’elezione di deputati e senatori, una legge che, come è noto, ha un nome preciso: porcellum, ed un’altrettanto precisa paternità – si è rivelata lievito rapidissimo per la produzione di chiacchiere e bla bla i più vari, gabellati per analisi.
E per proposte.
Una legge dal destino segnato fin dall’inizio, nata dall’azione e dalla competenza di un dentista, tra l’altro assolutamente di parte.
E dunque una prima considerazione, che è anche una domanda. Perché un dentista può essere legislatore, mentre un legislatore (magari anche laureato con lode in giurisprudenza e abilitato all’esercizio della professione forense o a quella notarile oppure che abbia superato l’esame di abilitazione all’esercizio della magistratura) non può fare il dentista? Almeno in apparenza, la risposta è ovvia: perché legislatori si diventa per una volontà popolare che prescinde dalla preparazione culturale e professionale, mentre per diventare dentista occorrono alcuni anni di studio, una laurea e – credo- un’abilitazione all’esercizio della professione. Dopo di che, non è detto che il professionista dentista sia bravo, ma almeno significa che il sistema ha fatto quanto poteva perché lo fosse. Cosa del tutto esclusa per i Politici, a tutti i livelli: il sistema si affida all’improvvisazione e nulla fa per evitare i danni che da questa non possono non derivare.
E un’altra domanda mi urge: ma se per diventar dentisti (o avvocati, o magistrati, o notai, o geometri o…) occorre un esame di abilitazione alla professione, perché nulla è richiesto a chi vuol fare il Politico? E anche in questo caso, forse la risposta è ovvia: perché altrimenti si potrebbe configurare il reato di “esercizio abusivo della professione di Politico”, con tanto di sanzioni.
E non si può pretendere che i Politici prevedano qualcosa contro se stessi, legiferando in tema di professionalità e di preparazione culturale: il masochismo è in sé un’azione sotto molti aspetti illegale e comunque una malattia, e dunque da nessuno si può pretendere che diventi masochista.
E così, gli esami e le interpretazioni e le discussioni attorno alla sentenza della Corte Costituzionale si disperdono e si confondono in migliaia di rivoli, tutti con una qualche parvenza di verità, investendo tutti i settori dell’attività degli uomini (e delle donne: se non si specifica, c’è persino il caso che qualcuno disquisisca e condanni il maschilismo e la discriminazione di genere).
Rivoli che toccano tutte le attività umane, anche il pensiero, e che da ognuna inducono a conclusioni. Improbabili quanto si vuole, ma conclusioni e ulteriori fonti di interpretazione e di distinguo.
Come ciascuno di noi avrà occasione di notare per i prossimi mesi, e delle quali ciascuno di noi sarà vittima nei prossimi anni, perché la futura legge elettorale sarà un pastrocchio forse secondo solo a quello dell’ex IMU.
E si parlerà di tutto, meno che di un argomento: la condanna dei responsabili di una legge truffa per il reato di truffa, appunto, portato a termine con consapevolezza e quindi, se non dolo, almeno con colpa grave, e per esercizio abusivo della professione di legislatore, e per incompetenza. Sanzione: l’esclusione perpetua dai pubblici uffici e dall’attività politica.


II

Che vogliamo fare? L’indecisione come la confusione regnano incontrastate, a partire dall’inutilissima questione della legittimità a legiferare da parte dell’attuale Parlamento.
Ancora una volta, in merito al nuovo sistema elettorale si blatera di tutto.
Tranne che di un argomento, che pure avrebbe a mio parere la capacità di tagliare la testa al toro, e sul quale mi accorgo di esser tornato a più riprese: perché non proporre all’elettorato vere e proprie e affidabili pianificazioni di gestione degli scambi nei quali l’attività di uno Stato si invera?
Forse perché il legislatore non sa pianificare? Certo che, a giudicare da quanto è accaduto e continua pervicacemente ad accadere, il significato del verbo “pianificare” sembra sconosciuto ai più. Intanto, perché i più non hanno la benché minima contezza che la pianificazione deve riguardare tutti e ciascuno gli elementi costitutivi di uno scambio efficace, e dunque la produzione del bene o del servizio oggetto dello scambio; la comunicazione delle caratteristiche del prodotto stesso; la sua apprensibilità.
Poi, perché il legislatore italiano sembra non avere alcuna conoscenza della metodologia necessaria per indicare le priorità degli scambi da pianificare. E pensare che si tratta, a ben guardare, soltanto di applicare – eventualmente modificandola ed adattandola- quella scala dei bisogni di cui è autore Maslow: alla base, i bisogni relativi alla sopravvivenza e poi, in successione, quelli relativi alla sicurezza, all’accettazione, all’affermazione e, infine, all’autorealizzazione.
Di chi? Della comunità chiamata Stato, innanzitutto;
Come? Attraverso la soddisfazione dei bisogni che gli sono propri sia direttamente che in via mediata, soddisfacendo i bisogni dei singoli;
Perché? Perché lo Stato in tanto ha ragione di esistere in quanto “si occupa” dei cittadini, e questo fa proprio conoscendone i bisogni e assumendoli – bilanciandoli e trasformandoli – come propri; scambiando che cosa? I beni ed i servizi che lo Stato direttamente o indirettamente produce, comunica e distribuisce;
Quando? Oggi e, soprattutto (a mio parere) domani;
Dove? Sul territorio nazionale e dovunque lo Stato ravvisi un suo proprio interesse ad esser presente.
Poi ancora, perché i Partiti ed i Movimenti – certamente in Italia, ma forse anche in altri Paesi – non dispongono di un “disegno dello Stato” e di conseguenza di una vita attuale e prospettica di questo che è “persona” a tutti gli effetti.
Comunque a me sembra possibile, non ostante tutto, strutturare un sistema che dia ai cittadini la possibilità di “approvare” con il voto pianificazioni di gestione, e dunque attività di cui sono chiari gli oggetti, i tempi, i luoghi, i soggetti e i costi.
Può darsi che il corpo elettorale non comprenda, cosa più che possibile probabile, se la decadenza culturale di cui si parla è una realtà. Ebbene, i Partiti (e tutti gli altri raggruppamenti che intervengono in Politica) esistono o dovrebbero esistere anche per questo, per “formare” un corpo elettorale consapevole non soltanto delle pianificazioni proposte, ma anche e soprattutto del valore della loro approvazione, che significa possibilità di controllare in ogni momento quanto accade.
Un dubbio: che sia proprio per evitare questa possibilità di controllo che i Politici sembrano non aver neppure pensato alle pianificazioni di gestione degli scambi di cui essi chiedono di essere soggetti attivi?
E neppure, ovviamente, delle leggi che sono chiamati a fare non perché componenti di un Parlamento sovrano, ma in quanto a ciò delegati dai cittadini, i quali sono i soli depositari della sovranità, che il Parlamento si deve limitare ad esercitare nell’ambito e con i limiti descritti dalla Costituzione.