A cannonate a due
passi dalla Valle dei Templi
Punta Bianca, uno
degli ultimi paradisi paesaggistici e naturalistici della Sicilia, una decina
di km ad est della città di Agrigento e la sua Valla dei Templi, patrimonio
dell’umanità UNESCO. Uno sperone di roccia calcarea che degrada sul mare color
verde smeraldo e le suggestive calette di sabbia bianco-corallina. Intorno,
però, è un via vai di blindati e mezzi corazzati, tutti i giorni, dieci mesi
l’anno. E mentre gli obici e i cannoni dell’esercito italiano e dei marines
statunitensi sparano nel contiguo poligono di Drasy, la fragile falesia di
Punta Bianca si sgretola nell’ignavia delle autorità civili e militari
dell’Isola.
“L’8 gennaio scorso, un pezzo collinare della futura
riserva naturale di Punta Bianca è franato in spiaggia”, denuncia
l’associazione Mareamico di Agrigento. “Tonnellate di pietre, di creta e di
terra con diverse palme nane sono scivolate giù accompagnate da un grande
fragore che si è avvertito anche a distanza. La regione Sicilia, invece di
tutelare questo territorio ed istituire la riserva naturale, per la quale da 17
anni è stata avanzata una richiesta, continua a rilasciare l’autorizzazione per le esercitazioni
militari che tanto danno arrecano a questo territorio. I boati e le vibrazioni
causate dalle esercitazioni sono certamente una concausa di ciò che sta
accadendo a questa fragile e sfortunata costa agrigentina”.
Nella vasta
area interessata dalle attività militari, il terreno appare disseminato da
bossoli e residui di munizioni utilizzate dai reparti. La contaminazione
riguarda pure le vie di accesso alle spiagge di Punta Bianca, frequentate dai
turisti nel solo periodo in cui le esercitazioni vengono sospese, da metà
giugno a metà settembre. Per il resto dell’anno l’area è off limits e i
cannoneggiamenti vengono avvertiti da Agrigento a Palma di Montechiaro, Favara,
Porto Empedocle e Realmonte. Boati insopportabili e tremori simili al terremoto
che minacciano la stessa Valle dei Templi, ad altissimo rischio idrogeologico.
“Paradossalmente, l’area dei Templi fu inibita al passaggio delle bici durante
i mondiali di ciclismo del 1994, mentre oggi si trova in balia delle
esercitazioni militari”, commenta il presidente di Mareamico, Claudio Lombardo.
Il 19 maggio 2013, gli ambientalisti organizzarono una manifestazione di
protesta contro i giochi di guerra con tanto di pulizia delle spiagge di Drasy
e Punta Bianca. “Qualche giorno prima - ricorda Lombardo - il Comando della
Brigata Aosta inviò una squadra di 15 uomini del Genio militare con tanto di
mezzi pesanti per avviare la bonifica della zona d’inestimabile valore
paesistico e il recupero della strada che conduce a Punta Bianca, messa a
repentaglio dal passaggio dei mezzi militari”. Per valutare l’impatto delle
esercitazioni sull’ambiente giunse ad Agrigento pure il generale di Corpo
d’armata Corrado Dalzini, mentre a Roma il deputato Nino Boscosi (Pdl) incontrò
il sottosegretario Gioacchino Alfano, responsabile nazionale per i poligoni
militari, al fine di individuare un’area alternativa al poligono dove si spara
ininterrottamente da 57 anni. Poi a metà dicembre l’ennesima beffa: come
denunciato da Legambiente, Marevivo e Mareamico, i carri armati del IV Reggimento
Guastatori e dei Lancieri d’Aosta hanno reso “assolutamente inagibili” le
stradine per la spiaggia di Drasy che il Genio aveva provveduto a sistemare sei
mesi prima.
Con decreto del 13 aprile 2001, l’Assessorato regionale
dei Beni Culturali e della Pubblica istruzione aveva dichiarato di notevole
interesse pubblico il territorio costiero compresa tra la foce del Vallone di
Sumera e il Castello di Montechiaro, per gli straordinari aspetti archeologici,
etnoantropologici e naturalistici esistenti. Da allora, però, nessuno dei
governi succedutisi alla guida della Regione ha firmato il decreto istituivo
della riserva naturale, compreso quello odierno che vede la sindacalista
agrigentina Mariella Lo Bello a capo dell’assessorato Ambiente e Territorio. “Il paesaggio costiero, aperto verso
il mare d’Africa, di eccezionale bellezza, ancora non alterato e poco
compromesso da urbanizzazioni e case di villeggiatura, è caratterizzato da
numerose piccole spiagge strette delimitate da scarpate di terrazzo e da
balze”, riporta il decreto del 2001. “Da Monte Grande la visione spazia libera
verso ponente sino al promontorio di Capo Rossello includendo la magnifica
Valle dei Templi ed il panorama delle blande colline della Sicilia centro
meridionale. Dal mare è possibile percepire, anche in lontananza, Punta Bianca,
come un faro naturale. Il contrasto cromatico tra il blu del mare limpido ed il
bianco dei tubi che protendono verso esso, quasi modellati dall’azione
scultorea della natura, costituisce un segno di grande rilievo
estetico-percettivo”.
All’interno
dell’area che non si vuole proteggere sorge il castello di Montechiaro,
costruito nel 1358 da Federico III Chiaramonte, conte di Modica. Ci sono poi
due siti archeologici di particolare importanza: Piano Vento, dove è stato
messo in luce un abitato neolitico, e Monte Grande con un complesso, unico al
mondo, legato all’estrazione e alla lavorazione dello zolfo e il grande
santuario risalente al II millennio a.C. caratterizzato da grandi recinti
circolari in cui dovevano svolgersi festival religiosi. “I caratteri
morfologici del territorio, combinati con le caratteristiche climatiche e con
le scarse disponibilità idriche, hanno consentito nel tempo la diffusione di
una macchia bassa formata da arbusti e alberelli sempreverdi
dell’Oleo-Ceratonion”, si legge ancora nel decreto della Regione. “A queste
formazioni sono associati siti di grande interesse floristico, in cui si
registrano numerosi endemiti di particolare interesse e specie rare o
espressioni biologiche insolite per la flora europea e fortemente
caratterizzanti, come la Palma nana”. Tra le specie meritevoli di
considerazione ai fini della salvaguardia della biodiversità locale, spiccano
la Lavatera agrigentina, l’Iberis semperflorens, l’Onobrychis aequidentata, il
Limonium narbonense, l’Echium arenarium, la Satureja nervosa, la Satureja
fruticulosa, l’Orobanche minor, la Carlina sicula e l’Iris juncea.
Relativamente alla fauna si segnalano specie di notevole
interesse sia per la loro rarità che per il ruolo svolto nell’ecosistema. Tra i
mammiferi e i rettili sono stati segnalati l’istrice, la volpe, il coniglio
selvatico, il colubro di esculapio, la biscia dal collare, mentre per le specie
ornitiche stazionarie di particolare rilievo spiccano il falco grillaio, la
coturnice, la ghiandaia marina, la poiana, il gheppio, il fratino, il piccione
selvatico, il colombaccio, il barbagianni, la cappellaccia, la tottavilla, lo
scricciolo, il saltimpalo, il beccamoschino, l’occhiocotto, la cinciallegra, la
ghiandaia, il corvo imperiale. Nei periodi interessati dai flussi migratori
(dove sono maggiori le pressioni militari nell’area di Drasy), il territorio
diventa un punto di concentrazione e di sosta per numerosissime specie, come
l’airone rosso, il mignattaio, il germano reale, il falco pecchiaiolo, il
nibbio bruno, il falco di palude, l’albanella reale, la gru, il cavaliere
d’Italia, il cuculo, l’upupa, la capinera, l’averla capirossa. Saltuariamente
sono stati avvistati l’airone bianco maggiore, la cicogna bianca, il
fenicottero, l’oca selvatica, il biancone, il falco pescatore, il falco cuculo,
l’occhione, la pavoncella, il gabbiano corso, il gufo di palude. Niente
birdwatching però, perché per politici e generali, il fragile territorio di
Punta Bianca deve restare un santuario per i giochi di guerra dell’esercito
italiano e dei marines in forza alla base di Sigonella, principale scalo
operativo per gli interventi Usa in Africa, Medio oriente e sud-est asiatico.
Il primo
luglio 2010, l’allora sottosegretario alla Difesa, on. Giuseppe Cossiga, nel
rispondere a un’interrogazione di 38 parlamentari del Polo delle libertà (primo
firmatario l’on. Vincenzo Fontana, agrigentino), dichiarò che il poligono di
Drasy era d’interesse strategico soprattutto per i reparti della Brigata Aosta,
ente gestore, tanto che un’eventuale dismissione dell’area avrebbe causato un
“inaccettabile impatto negativo sull’operatività e sulla sicurezza del
personale, impedendo di fatto l’impiegabilità nelle missioni internazionali e
mettendo quindi a rischio la presenza stessa della Brigata nell’isola”.
“Essendo il poligono dell’agrigentino ben servito dalla
rete viaria – aggiunse Cossiga - esso è l’unica risorsa presente in Sicilia ove
sia possibile utilizzare munizionamento ordinario e svolgere esercitazioni a
fuoco fino a livello di plotone fucilieri. L’infrastruttura è stata destinata
alle funzioni di isola addestrativa di secondo livello e consente di svolgere
attività di crisis response operations”. Il sottosegretario spiegò pure che la
presenza di un parco naturale in corrispondenza di un’area addestrativa “non
deve essere considerata motivo preclusivo per un’equilibrata convivenza, tanto
meno motivo per richiedere la sospensione delle esercitazioni e lo spostamento
in altro sito del poligono in esame”. In Italia esistono infatti altre aree di
tiro all’interno di parchi e riserve naturali: il poligono di Ponticello nel
Parco di Fanes (Bolzano), quello di Carpegna nel Parco “Simone Simoncello”
(Pesaro-Urbino), i poligoni “occasionali” all’interno del Parco Nazionale
dell’Alta Murgia (Puglia). “La possibilità di costituire un parco naturale
nell’area in argomento è una diretta conseguenza della pluriennale esistenza
delle strutture militari che, con la loro presenza, hanno svolto funzione di controllo
e tutela preventiva, salvaguardando l’ambiente naturale”, fu lo sfacciato
commento dell’uomo di governo. “Il Ministero della difesa è sicuramente pronto
ad approfondire il tema di un eventuale trasferimento del poligono in altro
sito”, concluse Cossiga. “Ma naturalmente è necessario che siano le stesse
autorità locali a individuare e proporre aree alternative, le quali
evidentemente dovranno avere le medesime caratteristiche e consentire lo
svolgimento delle stesse attività addestrative, sia in bianco sia a fuoco”. Ad
oggi però, né il Comando della Brigata Aosta né le autorità regionali hanno
proposto alcunché.
I tempi e le
modalità di utilizzo del poligono vengono concordati ed approvati in sede di
riunioni ordinarie semestrali del Comitato misto paritetico per le servitù
militari, in conformità alla legge 24 dicembre 1976, n. 898. Durante le
esercitazioni vengono espressamente vietati la navigazione, la pesca,
l’ancoraggio e qualsiasi altra attività marittima nella zona di mare e nel
tratto di costa antistante il poligono, nonché il transito di persone e veicoli
di qualsiasi genere nelle spiagge tra la riva di levante del fiume Naro e Punta
Bianca. Il 30 dicembre 2013, la Capitaneria di Porto Empedocle ha emesso
l’ordinanza relativa alle esercitazioni a fuoco previste per il primo
quadrimestre 2014: a due passi dalla Valle dei Templi, i militari potranno
sparare e operare in via esclusiva tutti i giorni, da lunedì a sabato, dalle
ore 8 alle 24. Per la guerra, il tempo non è mai abbastanza.