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giovedì 27 febbraio 2014

IL CASTELLO SFORZESCO DI MILANO


LA CONDIZIONE VERGOGNOSA IN CUI VERSA 
IL CELEBRE CASTELLO DI MILANO
Una denuncia accorata del poeta milanese Franco Manzoni

M. Buonarroti "Pietà Rondanini" part.

Milano. Sette secoli di storia in guerra contro i tagli dei fondi comunali, le lamentele dei guardiani, il degrado generale, l’impossibilità di formare turni del personale che permettano la tanto pubblicizzata apertura continuata di tutte le aree museali. Il Castello Sforzesco è uno dei primi biglietti da visita culturale ed affettivo che Milano offre ogni giorno a turisti e cittadini. Ma in che modo? Bisognerebbe farlo gestire a russi, arabi o mecenati indonesiani? Perché si tratta di un prezioso scrigno che dovrebbe aprirsi, donando il meglio di sé e delle raccolte ospitate proprio in occasione dell’Expo. L’uso del condizionale è d’obbligo. E si è costretti a fare spesso come indicato dal profeta Isaia: guardare e non vedere. Altrimenti un autentico meneghino si roderebbe il fegato dalla rabbia. Opere uniche al mondo si trovano ad interagire con ignoranza, polvere, vetri sporchi, pareti sporche che meriterebbero almeno una “affrescata”. Per non parlare dei gabinetti a piano terra. Uno spettacolo indegno, che dura da mesi.  E il sindaco Pisapia che fa nel frattempo? È troppo preso nel replicare alle critiche per i nuovi moduli d’iscrizione alle scuole comunali? Eppure una passeggiata al Castello non gli farebbe male, con tanto di uscita sulla piazza del Cannone e le giostre del Luna Park. Magari accompagnato dall’assessore alla cultura Filippo Del Corno. Alcuni turisti stranieri si chiedono se pure le montagne russe fossero tra i divertimenti offerti agli ospiti dagli Sforza. In ogni caso Pisapia sembra avere il polso della situazione: sa bene che non ci sono altri fondi per la cultura. Nella sua ipotetica visita il sindaco potrebbe iniziare dal museo d’arte antica, dove il clou è la “Pietà Rondanini” di Michelangelo. Tenga conto, tuttavia, che l’addetto al controllo deve sorvegliare il celebre capolavoro e contemporaneamente la porta che conduce verso le altre raccolte. Basta una breve distrazione. Nessuno vede, e, oplà, una coppia giapponese porta a casa una foto souvenir speciale. Con un balzo felino l’uomo arriva sul piccolo piedistallo e si abbarbica alla Madonna, che sorregge il cadavere di Cristo. Un trittico interessante La moglie scatta la foto e se ne vanno via sorridenti. Michelangelo ringrazia per l’affetto, ma al posto dei due gentili turisti avrebbe potuto esserci un folle con tanto di martello pronto a colpire l’ultimo capolavoro del grande artista. E che dire di quel signore al cellulare per venti minuti, che appoggia il fondo schiena su di un fonte battesimale del XIV secolo?

La guardiana osserva attenta, lo fissa senza intervenire. Un salto al museo egizio. Ben poco da vedere: rispetto alla precedente collocazione, poco è rimasto. C’è solo una mummia. È preferibile andare a Torino per capire il mondo dei faraoni. Passiamo alla pinacoteca, che ospita circa mille e cinquecento quadri. Un consiglio a Pisapia: eviti di giungere verso mezzogiorno. Qui l’orario continuato rimane una pia illusione. C’è la pausa pranzo. Giustamente. Non ci sono altri guardiani nel computo dei turni? No, per questo la pinacoteca è costretta a chiudere dalle 12 alle 14. E i turisti negli ultimi minuti dovrebbero di corsa tentare di vedere almeno la pala del Mantegna, la “Madonna del libro” del Foppa, qualche Tintoretto e Tiepolo. Ma è meglio andare a mangiare anche per sindaco e turisti. Siamo a Milano, provincia d’Italia. Nel nome di un piatto di spaghetti o di un risotto la cultura si ferma per fame.
Franco Manzoni