Pagine

sabato 8 marzo 2014

INSEGNANTI DI RUOLO: dieci su 100 eliminati

di Franco Manzoni



Servizio sanitario nazionale: -1.3 per cento. Regioni: - 5 per cento. Scuola: -10,9 per cento. Sono i dati della riduzione del personale della pubblica amministrazione con i tagli e le razionalizzazioni degli ultimi 5 anni, dal 2007 al 2012. Solo l’Università ha «dato» tanto quanto la scuola: - 9.4 per cento. E gli insegnanti che hanno lasciato o perso il posto di lavoro sono soprattutto quelli a tempo determinato: la fetta dei precari che ora lavorano nella scuola è scesa di un quarto, - 25 per cento.
La diminuzione degli insegnanti è il doppio degli altri comparti del pubblico impiego
A dare questi dati non sono i sindacati ma uno studio della Fondazione Agnelli che ha incrociato i dati della Ragioneria generale dello Stato e quelli del Miur. «Il personale della scuola statale (insegnanti e Ata) - si legge nel rapporto - è diminuito del 10,9%, una percentuale quasi doppia della media del pubblico impiego, che nello stesso periodo ha visto nel suo insieme una contrazione del 5,6%. In particolare, mentre nel frattempo la popolazione studentesca è rimasta a livello nazionale sostanzialmente stabile, gli insegnanti sono passati da 843mila a 766mila (-9%), una riduzione che ha toccato in eguale misura tutti i gradi scolastici, con l’eccezione della scuola dell’infanzia, e ha riguardato in modo più vistoso i docenti con un contratto a tempo determinato                    (-25%), mentre quelli di ruolo sono scesi del 6%».
Il ruolo della riforma e il contributo al risanamento della spesa pubblica

La contrazione degli insegnanti - che ha portato a modificare il rapporto professore/numero di studenti visto che la popolazione dei ragazzi a scuola non è cambiata - si è verificata soprattutto nel triennio 2008-11, come previsto effetto delle misure volute dai ministri Gelmini e Tremonti con la legge 133/2008. «Sappiamo che verso la fine del secolo scorso il numero degli insegnanti in Italia era cresciuto anche quando la popolazione studentesca stava diminuendo – ricorda il direttore della Fondazione, Andrea Gavosto – e ciò in parte spiega perché il rapporto studenti/docenti era in Italia inferiore alla media europea e ancora resta tale, sebbene le distanze ora si siano ridotte. Un riallineamento alle tendenze della demografia studentesca era necessario. Tuttavia, alla luce dei dati, non c’è dubbio che in questi anni la scuola italiana abbia già dato molto e contribuito al risanamento della spesa pubblica in misura assai superiore degli altri comparti del pubblico impiego. Sarebbe giusto tenerne conto in un’ottica di spending review».