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Un incontro appassionane e degno delle varie recensioni lusinghiere che il libro Ostaggi a
teatro di Angelo Gaccione ha già raccolto, è stato quello di lunedì
24 marzo 2014 nello spazio culturale del ristorante Valentino Vintage.
L'Autore ha risposto alle domande della
giornalista Francesca Romana Di Biagio e a quelle del pubblico, rievocando il
suo passato di critico teatrale, prima che di critico d'arte e poi di
scrittore. Alla domanda su come il teatro viene visto oggi, se cioè susciti
ancora emozioni in una società pervasa dai nuovi media, Gaccione ha
sottolineato che, proprio grazie al suo vissuto di attento studioso e
osservatore di tutti i tipi di teatro, scoprì che certi spettacoli, anche
quando discretamente rappresentati, non emozionavano più, e che il pubblico era
"mitridatizzato" sul già fatto e sul già visto.
Comprese quindi che il successo di una
rappresentazione era dovuta non tanto alla trama del dramma, più o meno noto, e
alla recitazione impeccabile, ma alla messa in scena e alla capacità di
interazione degli attori con gli spettatori.
Ecco perché in questi suoi testi, per la
prima volta raccolti in maniera organica, si trovano tutti gli stilemi del
teatro, da quelli classici e quelli surrealisti, al punto da coinvolgere lo
spettatore, e in questo caso il lettore, in quell'inversione di ruolo tra
finzione e realtà, tra palcoscenico e spettatori, tra vita narrata e vita
narrante che ha il suo clou nel testo che dà il titolo al libro.
Si può dire che questa raccolta di testi
teatrali è ancora un volta, dopo il libro di racconti La signorina
volentieri, un elogio alla parola, al suo primato assoluto, all'unica arma
che resta all'uomo libero di fronte alla barbarie delle ideologie e delle
dittature di ogni tipo. Il dramma dell'eccidio dei valdesi, che apre il libro,
dà voce ai puri d'animo e candidi di pensiero di ogni epoca, che si oppongono
alle manifestazioni violente del potere nei secoli, avvenute con forme e volti
diversi ma sempre uguali a discapito del progresso e del libero pensiero.
avv. Giovanni Bonomo
Trascrizione
del discorso introduttivo
"Porto anzitutto i saluti del prof.
Zerbetto, che per un imprevisto impegno dell'ultimo momento non può essere qui
con noi. Egli avrebbe potuto intrattenerci, da psicologo, su quei risvolti cosi
umanamente toccanti dei personaggi di Angelo Gaccione che sembrano voler
reclamare l'intervento di uno psicanalista, se non di uno psichiatra.
Tuttavia bisogna considerare che la
psicanalisi non è stata inventata dagli psicanalisti. Come osservava anche lo
scrittore e drammaturgo austriaco, contemporaneo di Freud, Arthur Schnitzler,
noto per aver messo a punto
l'artificio narrativo del monologo interiore
nelle sue opere, dando una straordinaria vitalità al pensiero dei suoi
personaggi, "Non è nuova la psicanalisi, è nuovo Freud.
Qualsiasi scrittore ne sa più di qualunque analista, e conosce il loro animo
più di qualunque stregone".
Quindi
è con piacere che presentiamo oggi, in questa elegante sede del Valentino
Vintage, un libro che contiene, a mio parere, dei piccoli capolavori di stile
narrativo e anche teatrale, proprio per la maestria che Gaccione dimostra come
sceneggiatore e drammaturgo. Non voglio entrare nell'esame dei racconti,
operazione che farà la giornalista Francesca Romana di Biagio sotto forma di
simpatica intervista all'Autore. Mi permetto solamente di citare, dal racconto
intitolato La finzione, che quasi mi rimanda a quel capolavoro di Borges
intitolato Finzioni, queste parole dello scrittore André Rivier, che
risponde alla giornalista Valeria Merli che lo intervista, la quale resta
incredula alla risposta dello scrittore sul fatto che di ciò che ha scritto non
c'era niente che lo riguardasse:
Rivier: «Vede signorina, in tutto quanto scritto non
c’è niente
che mi riguarda»
Merli: “?»
Rivier: «Perché fa quella faccia?»
Merli: «Sono sorpresa, stupita... Lei dice niente, ma è poi possibile?»
Rivier: «Perchennò?»
Merli: «È incredibile! Neppure un briciolo di verità?»
Rivier: «Diciamo l’uno per cento se può bastare a
tranquillizzarla»
Alerli: «Solamente l’uno per cento?»
Rivier (perentorio): «Sì»
Merli: «Allora lei ha sempre mentito?»
Rivier: «Non proprio»
Merli: «Come sarebbe a dire?»
Rivier: «Accreditavo le tante verità degli altri, i
miti con i quali
essi rivestivano i miei personaggi e me. Perché
avrei dovuto
deluderli? (...)in fin dei conti mi difendevo»
Merli: «Si difendeva? In che senso scusi?»
Rivier: «Ma sì, difendevo la mia vita, l’essenza più
intima di me.
Dando in pasto alla voracità curiosa del mondo
un simulacro,
un sembiante, io preservavo la parte autentica,
l’originale.
Proprio come quei quadri falsi che girano per
il mondo e che
i più credono veri, così un altro me stesso,
falso e diverso da
me, vaga vivisezionato, decifrato; compie
gesti, azioni, dice
cose interessanti o discutibili, ed in tal modo
il me stesso, a
tutti gli altri sconosciuto, può essere
lasciato in pace. Come
vede una specie di difesa necessaria, ecco tutto.»
Ecco, ho voluto leggervi questo
estratto perché lo scrittore Rivier parla attraverso il suo creatore, Gaccione,
che in fondo descrive se stesso: e il passo tra la finzione e la realtà è
breve: qui abbiamo infatti ancora uno scrittore e una giornalista che lo
intervista. Buon
divertimento." - Giovanni
Bonomo