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mercoledì 26 marzo 2014

OSTAGGI A TEATRO. Incontro con Angelo Gaccione (24. 3.2014)



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- foto di Stefano Rizzi e Fabiano Braccini (quelle più colorate) - 

Un incontro appassionane e degno delle varie recensioni lusinghiere che il libro Ostaggi a teatro di Angelo Gaccione ha già raccolto, è stato quello di lunedì 24 marzo 2014 nello spazio culturale del ristorante Valentino Vintage.

L'Autore ha risposto alle domande della giornalista Francesca Romana Di Biagio e a quelle del pubblico, rievocando il suo passato di critico teatrale, prima che di critico d'arte e poi di scrittore. Alla domanda su come il teatro viene visto oggi, se cioè susciti ancora emozioni in una società pervasa dai nuovi media, Gaccione ha sottolineato che, proprio grazie al suo vissuto di attento studioso e osservatore di tutti i tipi di teatro, scoprì che certi spettacoli, anche quando discretamente rappresentati, non emozionavano più, e che il pubblico era "mitridatizzato" sul già fatto e sul già visto.

Comprese quindi che il successo di una rappresentazione era dovuta non tanto alla trama del dramma, più o meno noto, e alla recitazione impeccabile, ma alla messa in scena e alla capacità di interazione degli attori con gli spettatori.

Ecco perché in questi suoi testi, per la prima volta raccolti in maniera organica, si trovano tutti gli stilemi del teatro, da quelli classici e quelli surrealisti, al punto da coinvolgere lo spettatore, e in questo caso il lettore, in quell'inversione di ruolo tra finzione e realtà, tra palcoscenico e spettatori, tra vita narrata e vita narrante che ha il suo clou nel testo che dà il titolo al libro.

Si può dire che questa raccolta di testi teatrali è ancora un volta, dopo il libro di racconti La signorina volentieri, un elogio alla parola, al suo primato assoluto, all'unica arma che resta all'uomo libero di fronte alla barbarie delle ideologie e delle dittature di ogni tipo. Il dramma dell'eccidio dei valdesi, che apre il libro, dà voce ai puri d'animo e candidi di pensiero di ogni epoca, che si oppongono alle manifestazioni violente del potere nei secoli, avvenute con forme e volti diversi ma sempre uguali a discapito del progresso e del libero pensiero.
                                                                                      avv. Giovanni Bonomo

Trascrizione del discorso introduttivo

"Porto anzitutto i saluti del prof. Zerbetto, che per un imprevisto impegno dell'ultimo momento non può essere qui con noi. Egli avrebbe potuto intrattenerci, da psicologo, su quei risvolti cosi umanamente toccanti dei personaggi di Angelo Gaccione che sembrano voler reclamare l'intervento di uno psicanalista, se non di uno psichiatra.
Tuttavia bisogna considerare che la psicanalisi non è stata inventata dagli psicanalisti. Come osservava anche lo scrittore e drammaturgo austriaco, contemporaneo di Freud, Arthur Schnitzler, noto per aver messo a punto l'artificio narrativo del monologo interiore nelle sue opere,  dando una straordinaria vitalità al pensiero dei suoi personaggi, "Non è nuova la psicanalisi, è nuovo Freud. Qualsiasi scrittore ne sa più di qualunque analista, e conosce il loro animo più di qualunque stregone".
Quindi è con piacere che presentiamo oggi, in questa elegante sede del Valentino Vintage, un libro che contiene, a mio parere, dei piccoli capolavori di stile narrativo e anche teatrale, proprio per la maestria che Gaccione dimostra come sceneggiatore e drammaturgo. Non voglio entrare nell'esame dei racconti, operazione che farà la giornalista Francesca Romana di Biagio sotto forma di simpatica intervista all'Autore. Mi permetto solamente di citare, dal racconto intitolato La finzione, che quasi mi rimanda a quel capolavoro di Borges intitolato Finzioni, queste parole dello scrittore André Rivier, che risponde alla giornalista Valeria Merli che lo intervista, la quale resta incredula alla risposta dello scrittore sul fatto che di ciò che ha scritto non c'era niente che lo riguardasse: 
Rivier: «Vede signorina, in tutto quanto scritto non c’è niente
che mi riguarda»
Merli: “?»
Rivier: «Perché fa quella faccia?»
Merli: «Sono sorpresa, stupita... Lei dice niente, ma è poi possibile?»
Rivier: «Perchennò?»
Merli: «È incredibile! Neppure un briciolo di verità?»
Rivier: «Diciamo l’uno per cento se può bastare a tranquillizzarla»
Alerli: «Solamente l’uno per cento?»
Rivier (perentorio): «Sì»
Merli: «Allora lei ha sempre mentito?»
Rivier: «Non proprio»
Merli: «Come sarebbe a dire?»
Rivier: «Accreditavo le tante verità degli altri, i miti con i quali
essi rivestivano i miei personaggi e me. Perché avrei dovuto
deluderli? (...)in fin dei conti mi difendevo»
Merli: «Si difendeva? In che senso scusi?»
Rivier: «Ma sì, difendevo la mia vita, l’essenza più intima di me.
Dando in pasto alla voracità curiosa del mondo un simulacro,
un sembiante, io preservavo la parte autentica, l’originale.
Proprio come quei quadri falsi che girano per il mondo e che
i più credono veri, così un altro me stesso, falso e diverso da
me, vaga vivisezionato, decifrato; compie gesti, azioni, dice
cose interessanti o discutibili, ed in tal modo il me stesso, a
tutti gli altri sconosciuto, può essere lasciato in pace. Come
vede una specie di difesa necessaria, ecco tutto.»

Ecco, ho voluto leggervi questo estratto perché lo scrittore Rivier parla attraverso il suo creatore, Gaccione, che in fondo descrive se stesso: e il passo tra la finzione e la realtà è breve: qui abbiamo infatti ancora uno scrittore e una giornalista che lo intervista. Buon divertimento."     -   Giovanni Bonomo