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lunedì 28 luglio 2014


Elham ha vinto!





Ciao Angelo,
Il record fatto lo scorso giugno da Elham è stato ufficialmente riconosciuto con un certificato e soprattutto verrà ricordato nel registro dei record nazionali dell'Iran. La vittoria di una donna iraniana per tutte le donne iraniane. Anche se la FINA non ci ha mai risposto ufficialmente, è stata la stessa Federazione Iraniana del Nuoto ad accogliere quello che abbiamo chiesto a gran voce: il riconoscimento del record di nuoto di Elham, un simbolo per tutti noi. Ecco la lettera che Elham ha scritto per voi firmatari:
Grazie,
Sabri Najafi


Elham Sadat Asghari

 "Ciao,
sono Elham. Il 5 Luglio 2014 ho ricevuto un enorme riconoscimento e la registrazione di un record registrato prima soltanto nel cuore del mio popolo e di tutti voi. Questa volta però il record - 12 ore e 19 kilometri di stile libero in mare aperto - è stato ufficialmente riconosciuto con un certificato e soprattutto verrà ricordato nel registro dei record nazionali del mio paese.
Con questo vorrei ringraziare Dio e tutti voi che mi avete sostenuto ripetutamente e che avete allontanato le bugie, le offese, le accuse.
Dedico questa mia vittoria al mio popolo e soprattutto alle donne iraniane, che meritano di più.
La piccola figlia dell'Iran, Elham Sadat Asghari"


Poligoni assassini
sentenza Tar Lazio 21/7/2014
Il Tar Lazio riconosce come causa diretta di patologie la contaminazione da poligono, per la prima volta la Magistratura conferma anche la contaminazione da uranio impoverito. Inoltriamo in allegato il comunicato dell’Osservatorio Militare sulla sentenza storica del TAR Lazio depositata avantieri 21 luglio. Ricordiamo anche la sentenza della Corte dei Conti di Venezia del 17/7/2001 sul caso Lorenzo Michelini, in servizio di leva nel Poligono Salto di Quirra nel 1976,  ucciso il 8/7/1977 dalla “sindrome di Quirra”, leucemia mieloide acuta, leucosi recidiva. A distanza di 24 anni dalla morte del giovane militare, dopo un lunghissimo calvario di ricorsi e contro ricorsi della famiglia, la Magistratura riconobbe la causa di servizio e sancì“ Lo stretto nesso eziopatologico fra alcuni disagi sofferti in servizio (il frequente contatto con sostanze tossiche solide o disperse nell’aria) e l’insorgenza e repentina evoluzione dell’affezione mortale.(..) la documentazione sanitaria  evidenzia che il giovane militare cominciò ad accusare i primi sintomi della malattia fatale insieme con le affezioni per le quali subì ricovero (..) la sintomatologia non fu adeguatamente analizzata”.
Quanti omicidi dobbiamo ancora contare prima che si ponga fine alla strage e arrivi un minimo di giustizia anche per le popolazioni colpite ed esposte ai veleni dei giochi di morte dei poligoni Salto di Quirra, Teulada, Capo Frasca - Decimomannu?
L’assoluzione senza processo, decisa venerdì 11 luglio dal giudice Clivio del Tribunale di Lanusei, di dodici su venti incriminati dal procuratore Fiordalisi per il disastro di Quirra, assume i contorni del segnale atteso da Stati Maggiori e Governo con il loro codazzo di politicanti isolani per dare il via, ormai senza ritegno, agli investimenti militari, all’intensificarsi di addestramenti e manovre di guerra, al potenziamento dei bombing test ranges per inchiodare la Sardegna al duplice ruolo di vittima e complice delle guerre Nato. L’arroganza e rapidità del giro di vite alla schiavitù militare dell’isola - dettagliato dall'Unione Sarda  di oggi 23/7/2014 “Poligoni, lo Stato rilancia” -  ha anche uno scopo immediato e urgente: bisogna  mettere a disposizione con la massima prodigalità la nostra terra al cliente pagante Israele per aiutarlo nell'atroce genocidio del popolo palestinese, bisogna sostenere il massacro in preparazione in Ucraina! BASTA!
Mariella Cao
Comitato sardo Gettiamo le basi: 3467059885;




GUERRA E IMPOTENZA

Ho iniziato a scrivere queste sette poesie, organizzate sulle sette lettere del nome Israele e utilizzando versetti tratti dalla Bibbia, nel 2006, ai tempi dell’invasione israeliana del Libano e ne ho continuato la stesura durante i giorni dell’operazione “Piombo fuso” a Gaza nel 2009.

Speravo di non dover più usare queste parole, ma di fronte all’indicibile orrore del massacro perpetrato in questi giorni dal governo israeliano, mi vedo costretto a riproporle alla vostra attenzione, sapendo che esse sono non solo espressione del nostro sdegno, ma anche, purtroppo, della nostra impotenza.


ISRAELE


Sono consapevole che molti ravviseranno, in ciò che vi apprestate a leggere, una bestemmia.
La bestemmia non è però mia.
Bestemmia è la politica del Governo dello Stato di Israele e di tutti coloro che la sostengono.




I


Il Libano arde: è tutto un fuoco
Si pervertono in pece i suoi fiumi-
Radiosi di qua uscirete -e in zolfo le sue creature
Arde la notte arde di giorno
Erba si secca fiore si piega
La terra guscio sgusciato spogliata spoglia
E spinto è il giusto nel baratro


Fonti:

I                      mio
S                     Isaia, 34, 9
R                     Isaia, 55, 12, 34, 9
A                     Isaia, 34, 10
E                     Isaia, 40, 7
L                     Isaia, 24, 3
E                     Isaia, 29, 21




S


Infamie l’empio diffonde
Striscia di Gaza catino di sangue
Ride il deserto e la terra spenta
Abitatori di questo mondo mai più usciranno da noi
E il nostro frutto è il vento
La luce ti darà la sua rugiada
E la terra dei puri insozzerà di crimini


Fonti:

I                      Isaia, 32, 6
S                     mio
R                     Isaia, 35, 10
A                     Isaia, 26, 18
E                     Isaia, 26, 18
L                     Isaia, 26, 12
E                     Isaia, 26, 10


R


I miei occhi si consumano per tanto lacrimare
Sotto le verga del suo furore
Ritta la Signora Multiforme Morte
Abita in mezzo alle nazioni non trova riposo
E m’ha circondato d’un muro perché non esca
Levatevi gridate di notte spandete come acqua il vostro cuore
E vecchi giacciono e fanciulli per terra nelle vie sotto la verga del suo furore


Fonti:

I                      Lamentazioni, 2, 11
S                     Lamentazioni, 3, 1
R                     mio
A                     Lamentazioni, 1, 3
E                     Lamentazioni, 7, 3
L                     Lamentazioni, 2, 19
E                     Lamentazioni, 2, 21, 3, 1

 


A


Iddio creò nel principio il cielo e la terra
Segno mio sarà nell’alto dei cieli un arco
Raccolte delle nuvole l’arco apparirà
Allora precipitò dagli aerei sulla terra il cielo
Ed ecco un fumo levarsi dalla terra come il fumo d’una fornace
La pianura e gli abitanti delle città e tutto ciò che cresceva sul suolo distrusse
E vide Iddio che ciò era buono


Fonti:

I                      Genesi, 1, 1
S                     Genesi, 9, 13
R                     Genesi, 9, 14
A                     mio
E                     Genesi, 19, 28
L                     Genesi, 19, 25
E                     Genesi, 1, 11


E


Io imploro una giustizia che non c’è
Sappiate: chi vendica la colpa ha una spada
Radici divelte sotto di lui in alto rami spezzati
Anche l’albero però ha una speranza: se è tagliato rinverdirà
E dunque si ponga io grido alla conta dei morti fine
L’uomo disteso non si rialza più
E dal suo sonno non si riscuoterà


Fonti:

I                      Giobbe, 19, 7
S                     Giobbe, 19, 29
R                     Giobbe, 18, 16
A                     Giobbe, 14, 7
E                     mio
L                     Giobbe, 14, 12
E                     Giobbe, 14, 12

L


Insistete non stancatevi tornate domandate
Sentinella a che punto è la notte? La notte sta per finire
Ruggito immane riempie le montagne come un popolo immenso in marcia
Ancora però l’alba non viene. Non stancatevi
E la mia casa sarà chiamata la casa di tutti i popoli
Lo zoppo di Dio tornerà a camminare diritto
E il fiore della vigna sarà tra poco grappolo maturo


Fonti:

I                      Isaia, 21, 12               
S                     Isaia, 21, 11
R                     Isaia, 13, 4
A                     Isaia, 21, 11
E                     Isaia, 56, 7
L                     mio
E                     Isaia, 18, 6


E


I fiori sono apparsi sulla terra l’inverno è ormai passato è tempo di cantare
Sei bella amica mia come sei bella vieni a me dal Libano
Ridono i tuoi riccioli fra le guance vieni bocca di fonte
Apri amica mia o tuttabella pozzo d’acque vive che sgorgano dal Libano
E scenderemo all’alba nei vigneti a vedere se mignola la vite se è fiorito il melograno
La mandragola caccia i suoi profumi l’amore è più forte della morte
E sarà la terra per tutti promessa per tutti speranza


Fonti:

I                      Cantico dei cantici, 2, 12, 11, 12
S                     Cantico dei cantici, 1, 15 – 4, 8
R                     Cantico dei cantici, 1, 1 – 4, 15
A                     Cantico dei cantici, 5, 2 – 4, 15
E                     Cantico dei cantici, 6, 13
L                     Cantico dei cantici, 6, 14 – 8, 6
E                     mio


Giulio Stocchi

giovedì 24 luglio 2014

I PERICOLOSI COLPI DI MANO DELL’ESECUTIVO
Non sempre la fretta e buona consigliera e la velocità una virtù.
Se poi i tentativi (se ne sia consapevoli o no) sono quelli di rendere
la democrazia sempre meno rappresentativa, e l’opinione popolare
un dato trascurabile, allora i pericoli si fanno seri. Che a produrre
tutto questo sia un gruppo di governanti cosiddetti giovani, non ci pare
meno rivoltante dei colpi di mano di chi giovane non è.    




IL TESTO DELLA PETIZIONE PROMOSSA DALLA REDAZIONE
DE “IL FATTO QUOTIDIANO”


No al Parlamento dei nominati e alle riforme che limitano i referendum e uccidono la democrazia partecipata firmando la petizione

LE CONTRORIFORME dell'Italicum e del Senato delle Autonomie, concordate dal governo con il pregiudicato Silvio Berlusconi e il plurimputato Denis Verdini:

- consentono a un pugno di capi-partito di continuare a nominarsi i deputati a propria immagine e somiglianza (con le liste bloccate per la Camera), addirittura aboliscono l'elezione dei senatori (scelti dalle Regioni fra consiglieri e sindaci, ridotti a un ruolo decorativo e per giunta blindati con l'immunità-impunità) e tagliano fuori i partiti medio-piccoli (con soglie di sbarramento abnormi);

- trasformano il Parlamento nello zerbino di un premier-padrone, “uomo solo al comando” senza controlli né contrappesi, con una maggioranza spropositata che gli permette di scegliersi un presidente della Repubblica e di influenzare pesantemente la Corte costituzionale, il Csm, la magistratura e l'informazione televisiva e stampata;

- espropriano i cittadini dei residui strumenti di democrazia diretta: i referendum (non più 500mila, ma addirittura 800mila firme) e le leggi di iniziativa popolare (non più 50mila, ma addirittura 250mila firme).

DICIAMO NO ALLA SVOLTA AUTORITARIA, come i migliori costituzionalisti italiani hanno definito il combinato disposto delle due controriforme, ispirate  – consapevolmente o meno – al “Piano di Rinascita Democratica” della loggia P2 di Licio Gelli.

DICIAMO SÌ ALLA DEMOCRAZIA PARTECIPATA e vi chiediamo di sostenere solo riforme istituzionali che rispettino lo spirito dei Padri Costituenti del 1946-'48: restituendo ai cittadini il diritto di scegliersi i parlamentari e coinvolgendoli nella cosa pubblica; tutelando le minoranze e le opposizioni; allargando gli spazi di partecipazione diretta alla formazione delle leggi; limitando l'immunità parlamentare alle opinioni espresse e ai voti dati e abolendo i privilegi impunitari in materia di arresti, intercettazioni e perquisizioni; combattendo i monopòli e i conflitti di interessi, specie nel mondo della televisione e della stampa; ampliando l'indipendenza e l'autonomia dei poteri di controllo, dalla magistratura all'informazione.


Antonio Padellaro, Marco Travaglio, Peter Gomez e la redazione del Fatto Quotidiano

mercoledì 9 luglio 2014

Caccia made in Italy per i raid israeliani a Gaza
di Antonio Mazzeo



Messina. Mentre nella striscia di Gaza è in atto l’operazione militare “Bordo protettivo”, la più devastante degli ultimi due anni, la testata giornalistica Heyl Ha’Avir annuncia che nelle prossime ore due caccia addestratori avanzati M-346 “Master” di produzione italiana saranno consegnati alle forze armate israeliane. Si tratta dei primi velivoli prodotti dagli stabilimenti di Venegono Superiore (Varese) di Alenia Aermacchi, gruppo Finmeccanica, ordinati da Israele nel febbraio 2012. Gli M-346 giungeranno nella base di Hatzerim, nei pressi di Beersheba, deserto del Negev, dove - secondo le autorità militari - saranno impiegati per la formazione di piloti e operatori di sistemi. I “Master” saranno denominati “Lavi” (leone in ebraico), come il progetto per un sofisticato caccia di produzione nazionale, cancellato nel 1987 per i suoi insostenibili costi finanziari. “I Lavi consentiranno uno sviluppo qualitativo e quantitativo nell’addestramento dei futuri piloti”, ha dichiarato il generale Shmuel Zucker, capo delle acquisizioni di armamenti del ministero della difesa d’Israele. Alenia Aermacchi conta di concludere la consegna dei restanti 28 esemplari entro il 2016. Il governo israeliano ha deciso di assegnare i caccia M-346 alle Tigri volanti del 102° squadrone dell’Aeronautica militare per addestrare i piloti alla guida dei cacciabombardieri di nuova generazione come “Eurofighter”, “Gripen”, Rafale, F-22 ed F-35, ma potranno essere utilizzati anche per attacchi al suolo con bombe e missili aria-terra o antinave. I velivoli di Alenia Aermacchi prenderanno il posto degli obsoleti TA-4 Skyhawk di produzione statunitense, alcuni dei quali furono utilizzati nei bombardamenti di Gaza nel 2010.
Il primo addestratore M-346 è stato presentato il 20 marzo scorso nel corso di una cerimonia tenutasi presso lo stabilimento Alenia Aermacchi di Venegono Superiore, alla presenza di alti ufficiali del Ministero della Difesa e dell’aeronautica militare israeliana e dei partner industriali stranieri. Alla produzione dei caccia (la cui copertura finanziaria è assicurata dal gruppo UniCredit) concorrono infatti importanti aziende internazionali. Northrop Grumman Italia fornisce il sistema per la misura di assetto e direzione “LISA 200”, basato su giroscopi a fibre ottiche realizzati nello stabilimento di Pomezia; Elbit Systems, grande azienda israeliana specializzata nella realizzazione di tecnologie avanzate, sviluppa il nuovo software caricato sugli addestratori per consentire ai piloti di esercitarsi alla guerra elettronica, alla caccia alle installazioni radar e all’uso di sistemi d’arma all’avanguardia. In vista del nuovo “Lavi”, Elbit Systems ha costituito con IAI - Israel Aircraft Industries il consorzio denominato “TOR”, ottenendo dal governo israeliano finanziamenti per 603 milioni di dollari. Il consorzio ha già comunicato di aver completato nella base di Hatzerim la costruzione del centro di addestramento a terra destinato ad accogliere i simulatori di volo. Parte del supporto logistico e le attività di manutenzione e riparazione degli M-346 saranno garantite in loco da personale di Alenia Aermacchi, grazie ad un contratto di 140 milioni di euro sottoscritto lo scorso anno con le imprese israeliane. Altra azienda impegnata nella produzione di componenti per l’M-346 è Honeywell Aerospace Europe, con sede a Raunheim (Francoforte) ma controllata interamente dalla statunitense Honeywell International, Inc..
I bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza hanno preso il via martedì 8 luglio e secondo fonti palestinesi avrebbero già causato la morte di 28 civili e più di un centinaio di feriti. Il governo di Tel Aviv ha ammesso di aver compiuto 160 attacchi aerei, “colpendo 120 postazioni e rifugi di militanti di Hamas o luoghi da dove venivano lanciati razzi contro Israele”. Intanto non è escluso che nelle prossime ore venga scatenata un’offensiva via terra. Un imponente dispiegamento di militari è stato registrato alle frontiere con Gaza e il governo ha autorizzato l’esercito ad attivare 40.000 riservisti. “Se avremo la necessità d’intervenire con un’operazione terrestre, noi lo faremo”, ha dichiarato in un’intervista televisiva il ministro dell’interno Yitzhak Aharonovitch. “Quest’opzione esiste e le istruzioni del premier Netanyahu sono di prepararsi ad una profonda, lunga, continua e forte campagna a Gaza. Noi non ci fermeremo sino a quando non si arresterà il lancio di razzi contro Israele”.

QUANDO I SOLDI SON SPRECATI
Se il “Corriere della Sera” non pubblica, lo facciamo noi

(Lettera al Corriere…non pubblicata, ma non era difficile prevederlo)

L'assessore Carmela Rozza afferma -Cronache milanesi del 21 giugno -
che mancano 250 milioni per le opere pubbliche. Sarebbe così se non
venissero sprecati? Perché il Comune - e non EXPO - ha pervicacemente
voluto spendere decine e decine di milioni per la STRADA DI COLLEGAMENTO
ZARA-EXPO? La Gronda Nord è stata bocciata-da tempo-dall'Europa.
Viale Zara è parecchio distante. A QUARTO OGGIARO,  orrendamente
squarciato dall’opera, serve ben poco.
All'EXPO non serve affatto. La prova è nel cartellone-con le obbligatorie
indicazioni-posto in via Stephenson, relativo al lotto 1B.
Determina Dirigenziale del 7 febbraio 2014(ci sarà stata la gara? Mah!)
Costo del lotto: 30 milioni.
Consegna lavori: 24 marzo 2014.
Per l'esecuzione sono previsti 820 giorni non consecutivi. Il che vuol
dire che l'opera non sarà finita prima del maggio 2017 quando EXPO
2015 sarà conclusa da 18 mesi! L'opera servirà ad arricchire i soliti
dirigenti e i soliti ingegneri. Ulteriormente, visto che figurano sui cartelloni
i soliti nomi. Un benemerito-malvisto dai cittadini milanesi-figura su
"tutti" quelli attualmente esposti. Chapeau!
Sono un consigliere di zona 8 e avevo detto all'assessore di limitarsi-migliorandolo-
al primo tratto 1A. Adesso non pianga. Per EXPO i coccodrilli non sono
previsti. Non nutrono il pianeta.
Cordialità.
Luigi Caroli
Bambole (foto di Livia Corona)
















Naturalmente aspetto la... cassazione.
ADDENDA:
Invece di buttare quattrini in VIA D’ACQUA e ZARA-EXPO non li si
poteva spendere per evitare in città le ESONDAZIONI DEL SEVESO?
Ho scoperto ieri che, in via Stephenson, stanno realizzando una
bella e capace fognatura. Lì Masseroli voleva costruire i 50 grattacieli.
L’opera non sembra inutile e chiedo umilmente scusa.
SED… CUI PRODEST?
Giova a chi ha ereditato quelle aree.
SAPETE DI CHI SONO ORA? Ritiro le scuse.
A proposito, avete notato come M.M. sia sempre presente dappertutto?
MIRACOLOSAMENTE TUTTOLOGI?
DOMANDA:
SE IL SEVESO ESONDASSE NEL GIUGNO 2015 IN QUALE DEI 130
PAESI EXPONENTI ANDREBBE A NASCONDERSI IL SINDACO?

Luigi Caroli

domenica 6 luglio 2014

LE VACCHE GRASSE DELLA SOCIETÀ DELLO SPETTACOLO





Ho letto che Brunetta, premio Nobel fallito, e Grillo pessimo comico e ottimo curatore, a quando dicono, dei suoi conti, hanno alzato la voce per stigmatizzare il compenso eccessivo che Fabio Fazio riceve dalla Rai. Fazio ha ribadito che lui è un personaggio pubblico e quindi buttargli addosso delle insolenze è un modo per farsi notare nel mercato mondiale delle chiacchiere. Ha aggiunto che sono vent’anni che si parla con la pancia e non con la testa. È una metafora semplice, efficace, con una sua verità ma anche con un margine di errore che si può facilmente rettificare. Non c’è infatti nessun pensiero elevato o complesso che non derivi da un’estetica (nel significato originario), così come vi sono forme di comunicazione e di persuasione che derivano da un livello sensibile volgare. I secondi, purtroppo, navigano facilmente nella comunicazione di massima, i primi appartengono, per lo più a minoranze, soggette anch’esse alla ragione e al torto quando affrontano una buona argomentazione. Resta, ora e comunque, centrale la questione dei compensi. Le società sono quelle che sono, “così va il mondo” diceva Hegel. Gli uomini spettacolo del circo romano non erano pagati, cercavano, se possibile, di salvare la vita. L’imperatore pagava il pubblico regalando lo spettacolo e altre donazioni.
Oggi lo scambio dei giocatori di calcio è un mercato di milioni poiché in tutto il mondo il danaro circola e si ferma laddove viene prodotto, e le partite di calcio hanno qualche somiglianza con l’oro dei “conquistadores”. Guadagnano molto anche i cantanti popolari che, talora con stizza delle società calcistiche, si esibiscono in stadi dall’erba preziosa, attraverso una forma di comunicazione che tocca lo stile estetico di migliaia di persone, e forma la loro stessa memoria.
Un matematico a caccia di un teorema, un ellenista che tenti una edizione critica di Callimaco, un modernista che sappia leggere Kant in originale come fosse Topolino, non chiamano denaro. Gli dèi, più che abbandonarci come diceva la poesia romantica tedesca, cambiano. Siamo, come tutti sanno in generale, nell’epoca del mercato, e lo stato che segue l’onda trova il denaro per queste attività, direi infinitamente meno (e mi costa dirlo) rispetto ai tempi di Gentile. Anche se oggi sappiamo che le proporzioni sono radicalmente cambiate. In ogni caso credo rimanga una cosa incredibile che un corso universitario valido a tutti gli effetti, può valere, in una notevole quantità di casi, il compenso di 2.500 euro lordi all’anno.  
Credo di non aver svelato niente che Fabio Fazio non sappia già. E allora è in questo contesto, tenendo presente tutti i fattori contingenti e senza auree trombe, che bisogna trovare gli argomenti, però anche senza paura. Non faccio calcoli e raffronti che sono nelle cose stesse, mi limito a dire che vi sono ruoli, posizioni, prestigi, affetti, affermazioni di autostima che non dovrebbero condurre solo a uno scambio tramite una valorizzazione monetaria. Essi sono già un valore, un onore, una identità per se stessi. Questo è un parere non la ricerca di una norma. La stessa cosa non capita né al matematico, né all’ellenista, né al modernista: “così va il mondo”.  Ma è questo il livello di discorso che merita il talento di Fabio Fazio che, se non avrà certamente il modo di leggere queste righe, gli auguro di trovare il tempo di percorrere il lungomare di Celle dove c’è ancora profumo di mare e si può riflettere meglio che in mezzo alla confusione mediatica.
Fulvio Papi  

***
CONTROCORRENTE
Questa nota di Fulvio Papi mi ha suggerito questa breve riflessione sul mercato delle vacche grasse
del mondo dello spettacolo in genere: cantanti, calciatori, piloti di varie formule, conduttori televisivi, soubrettes e fauna varia. Poiché ritengo scandalosamente immorale il sistema che li alimenta (privato o pubblico che sia) con cifre umilianti per quanti tirano la carretta e tengono in piedi questo sempre più indegno Paese, sin da quando ero giovanissimo ho iniziato la mia non collaborazione attiva, il mio aperto ed ostile boicottaggio. Rifiuto di guardare il campionato e i mondiali; spengo la tivù quando c’è il Festival di Sanremo; cambio canale se appare sullo schermo uno di questi cantanti che vanno per la maggiore, e così boicottando. Ovviamente non frequento i loro stadi e i loro concerti perché non intendo contribuire ai loro guadagni milionari. Naturalmente mi indigna che la Rai (pagata coi soldi degli italiani) dia loro cifre da capogiro e poi pretende il pagamento del canone, e solidarizzo con quanti quel canone rifiutano di pagarlo. Ritengo la stragrande maggioranza di loro dannosa per il rincoglionimento di massa che operano su sprovveduti fedeli. I biglietti per concerti e partite hanno raggiunto cifre pazzesche. Molti di loro si scoprono evasori e hanno portato i loro guadagni all’estero (vedi cronache giudiziarie). Al novantanove per cento sono indifferenti a quanto accade nel Paese, stanno con i potenti e se non sono apertamente fascisti, stanno sempre con il Potere del momento, ben protetti dentro le istituzioni che li coccolano (Rai-tivù, ecc.), non li senti mai alzare la voce sullo schifo che corrode la nazione perché loro ci sguazzano bene e alla grande. Dunque non me ne entusiasmo nemmeno un po’.

Arsenico   
BALLATA UN PO' BIRICHINA

Renzi che ne pensi?
di Attilio Mangano
Attilio Mangano



















Per indicare la contraddizione
si diceva del tipo chiacchierone
che raccontava balle e ci credeva
tu parli bene ma razzoli male
può capitare ma tu sei speciale.
a volte si arrabbiava, ma fingeva,
sapendo che era in fondo la sua dote,
e che gli amici lui li conservava
lo stesso, per virtù italiote.
e il giorno che decise di provare
a far politica ci seppe fare
perché parlava come un professore
e la gente restava ad ascoltare-
ma quanto vale una parlantina?
e quanto regge una ammirazione?
la gente non è poi troppo cretina
e se ti chiede il conto ha ragione.
provate a chiederlo a Matteo Renzi,
a chiedere a te stesso che ne pensi.
provate a chiederlo poi anche a lui
e se risponde sono cazzi tuoi
vuol dire che ha capito che son guai.
caro Matteo sarò forse un babbeo
ma questa letterina merita una risposta
magari domattina
ti sei autocandidatoin tutta fretta
dopo aver liquidato il tuo compagno Letta
hai imparato l'arte
per metterla da parte
giocando le tre carte
se non ci stai l'Italia è nei guai
se il governo è di cacca o la va o la spacca
e se fate i cretini vi cuccate i grillini
questa è l'Italia di dolore ostello
nave senza nocchiere in gran tempesta
non donna di provincia ma bordello
non so se sono un italiano vero
ma se continui

tu non la passi liscia per davvero.

sabato 5 luglio 2014


INCONFESSABILI STRATEGIE GLOBALI 

Lo Presti (Colonne di San Lorenzo a Milano)

A tutti coloro che si sono battuti per l'acqua pubblica e che aspettano ancora una legge che rispetti l'esito del referendum. Questo documento spiega ampiamente la "melina" che governi indistintamente adottano per non prendere decisioni definitive, e assecondare la strategia della privatizzazione dei servizi in tutto il mondo. Vi prego di leggerlo attentamente: la mia reazione a caldo è che vale la pena di battersi localmente in ogni caso, focalizzando  però l'attenzione laddove si costruiscono le grandi strategie globali di rapina. Loro contano sulla nostra disinformazione e sulle armi di "distrazione di massa" ma noi non siamo così sprovveduti e lo abbiamo ampiamente dimostrato con il referendum vinto.
un caro saluto
Giuseppe Costingo

http://www.italia.attac.org/joom-attac/mercati-globali/ttip/10050-tisa-il-contrario-di-pubblico-e-segreto

TISA: IL CONTRARIO DI PUBBLICO E’ SEGRETO
di Marco Bersani (Attac Italia)

Come se non bastasse il Partenariato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (TTIP), ovvero il negoziato, condotto in assoluta segretezza, fra Usa e Ue per costituire la più grande area dilibero scambio del pianeta, realizzando l’utopia delle multinazionali, un nuovo attacco ai beni comuni, ai diritti e alla democrazia è in corso con il TISA (Trade In Service Agreement), un nuovo trattato, della cui esistenza si è venuti a conoscenza solo grazie ai “fuorilegge” di Wikileaks..
Si tratta –per quel che sinora è filtrato dalle segrete stanze- di un negoziato, che riprende in molte parti il fallito Accordo generale sul commercio e i servizi (Agcs), discusso per oltre 10 anni e con durissime contestazioni di piazza all’interno dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
Fallito quello che doveva essere un accordo globale, le grandi élite politico-finanziarie hanno da tempo optato per accordi tra singoli paesi o per aree, dove far rientrare dalla finestra, grazie all’assoluta opacità con cui vengono condotti gli stessi, ciò che le mobilitazioni sociali dei movimenti altermondialisti avevano cacciato dalla porta.
A sedere al tavolo delle trattative per il nuovo trattato sono i paesi che hanno i mercati del settore servizi più grandi del mondo: Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, Canada, i 28 paesi dell'Unione Europea, più Svizzera, Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Israele, Turchia, Taiwan, Hong Kong, Corea del Sud, Giappone, Pakistan, Panama, Perù, Paraguay, Cile, Colombia, Messico e Costa Rica. Con interessi enormi in ballo: il settore servizi è il più grande per posti di lavoro nel mondo e produce il 70 per cento del prodotto interno lordo globale; solo negli Stati Uniti rappresenta il 75 per cento dell'economia e genera l'80 per cento dei posti di lavoro del settore privato.
L’aspetto più incredibile di quanto rivelato dai documenti in possesso di Wikileaks è il fatto di come, non solo il negoziato si svolga in totale spregio di alcun diritto all’informazione da parte dei cittadini, bensì sia previsto, fra le disposizioni contenute, l’impegno da parte degli Stati partecipanti a non rivelare alcunché fino a cinque anni dopo la sua approvazione!
Una nuova ondata di liberalizzazioni e di privatizzazione di tutti i servizi pubblici si sta dunque preparando e, non a caso, la prima tappa di questa trattativa –avvenuta nell’aprile scorso e finita nelle provvidenziali mani di Wikileaks- ha riguardato la liberalizzazione dei servizi e prodotti finanziari, dei servizi bancari e dei prodotti assicurativi: non sia mai che la crisi, provocata esattamente dalle banche e dai fondi finanziari, rimetta in discussione la totale libertà di movimento e di investimento dei capitali finanziari in ogni angolo del pianeta.
Per quel che si è riusciti a sapere, proprio in questi giorni si sta svolgendo un secondo incontro ed è assolutamente evidente come ad ogni tappa verrà posta l’attenzione su un settore di servizi, fino a comprenderli tutti: dall’acqua all’energia, dalla sanità alla scuola, dai trasporti alla previdenza.
Un mondo da mettere in vendita, attraverso la trappola del debito pubblico e le politiche di austerità, attraverso il TTIP e il TISA, per permettere al modello capitalistico di uscire dalla crisi sistemica, con un rilancio dei mercati finanziari, che, dopo aver investito l'economia, ora hanno puntato gli occhi sulla società e la vita, sui diritti, i beni comuni e la natura.

Per farlo, devono sottrarsi ad ogni elementare regola di democrazia e rifugiarsi nella segretezza: ma come i vampiri della notte non reggono la luce del giorno, così i piani delle élite politico-finanziarie possono essere sconfitti da una capillare informazione e da una ampia e determinata mobilitazione sociale. E' ora di muoversi.

venerdì 4 luglio 2014

QUESTIONE DI LESSICO




Ho sentito alla tivù che la ministra del lavoro nel suo intervento all’assemblea della Confindustria ha sostenuto ad alta voce che non bisogna “demonizzare il profitto”. “Demonizzare” è una metafora consunta anche se chi l’ascolta, come proprietario di un’impresa, può essere tutto contento. Elettoralmente il linguaggio è perfetto, e corrisponde a quella critica del lessico “intellettuale” che si diffonde dal ceto politico ai mezzi di comunicazione di massa senza chiedersi minimamente che cosa si può comprendere se si usa solo il lessico quotidiano e quanto il “mondo”, così diventa piccolo. Vorrei ricordare, a proposito del profitto, che al tempo del “socialismo reale” ci furono economisti che giustamente sostennero che il profitto delle industrie statizzate dava il metro per comprendere se la loro produzione era efficiente. Del resto il nonno Marx non ha mai pensato che il profitto industriale (diverso il caso della rendita) dovesse non esistere, come se il processo economico potesse essere ricondotto a un gigantesco consumo. Il profitto doveva servire per processi di civilizzazione sociale, per il rinnovo del capitale fisso e, ovviamente per una sua equa distribuzione. Se un’impresa funziona così, anche se contratta severamente intorno alla sua quota di profitto (Olivetti e la sua cultura non si riproducono come le nuvole in cielo), le cose “vanno bene” in una situazione socio-economica come quella attuale (che, contrariamente a quanto pensava Ruffolo, è molto più precaria di quanto non si creda proprio per lo “stato del mondo”). Che poi esista un mercato basso e un mercato alto, questo è implicito; sarebbe sufficiente diventasse sapere comune che solo l’estensione della forza lavoro e la dimensione del salario socialmente decoroso, estendono la possibilità del profitto. Non è tuttavia una impresa né intellettuale né pratica da poco, ma costituisce la premessa per un governo che, nel nostro momento storico, possa garantire un equilibrio. Al di là delle scommesse che circolano in sub-culture che assumono forma politica.
Per quanto possibile, in un tempo difficile come il nostro, il profitto, invece di correre nell’area (pericolosa) dell’economia finanziaria, perché non prende anche la strada del decoro pubblico, di una più elevata civilizzazione della vita sociale? È impossibile varcare questa soglia, e non cercare fuggevoli amicizie e ancora più fuggevoli approvazioni con la metafora del “demonio”. Perché se proprio desideriamo rendere visibile il demonio basta pensare a dove sta andando a finire la storia degli ultimi due secoli. Tuttavia questa prospettiva richiede un lessico intellettuale fuori moda.
Lei, professore, porterebbe le ghette che anche il primo Mussolini prediligeva favorendo le raffinatissime furie di Carlo Emilio Gadda?
Fulvio Papi







Liberia: fermiamo gli accaparratori di terra!
La comunità del clan Jogbahn in Libera si batte per fermare la compagnia palmicultrice EPO che vuole appropriarsi delle loro terre senza permesso. Appoggiare la comunità è urgente.

"Tutto quello che ci hanno lasciato i nostri antenati è conservato in questa foresta", dice Chio del clan Jogbahn della Libera.
Da secoli, il clan vive in questi luoghi. Sono loro che decidono il destino delle loro terre. Oggi, la compagnia britannica Equatorial Palm Oil (EPO), vuole tagliare la foresta per avviare le piantagioni di palma da olio. Secondo Amici della Terra, EPO sta realizzando degli studi che di norma precedono la deforestazione. I membri del clan Jobghan non l'hanno permesso e mai lo permetteranno. L'opposizione alla EPO risale al 2012. Allora tagliarono le prime porzioni di foresta e piantarono le prime palme da olio. Anche campi coltivati e pascoli furono distrutti. In ogni riunione con la compagnia e le autorità locali, il clan Jobghan ha reiterato il suo diniego al sacrificio delle proprie terre. Il conflitto si è acuito quando in settembre le forze di sicurezza, assieme a gruppi paramilitari, hanno ataccato con violenza componenti del clan Jogbahn. Molte persone furono ferite e trattenute in modo arbitrario.
Nel marzo scorso, il clan Jogbahn ha celebrato un trionfo. La presidente della Liberia Ellen Johnson Sirleaf ha preso le parti della comunità. Però l'allegria è stata breve. La compagnia EPO non si è lasciata impressionare dalle parole della presidente, e incurante dei diritti del clan ha continuato a prepararsi per la deforestazione. Il clan Jogbahn ora si sente abbandonato nelle sue rivendicazioni. “Il governo ci deve aiutare, affinchè possiamo vivere nella nostra terra, invece di concederla ad una compagnia che se ne va una volta ottenuto il suo profitto”, afferma Garmondeh Benwon.
Il clan Jogbahn ha bisogno di appoggio internazionale. Dite al direttivo della EPO e al suo socio di maggioranza, Kuala Lupmpur Kepong (KLK), che la terra del clan Jogbahn non si tocca.
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Appello
Direttivi della Equatorial Palm Oil EPO e della Kuala Lumpur Kepong KLK, Berhad Geoffrey Brown e Lee Oi Hian

Egregi Signori dei Direttivi della Equatorial Palm Oil EPO e della Kuala Lumpur Kepong KLK ,

dal 2012 il clan Jogbahn in Liberia si oppone all'espansione, nelle loro terre, delle piantagioni di palma da olio della EPO. Queste persone rivendicano il loro diritto ad opporsi a questo progetto. Nessuna compagnia ha il permesso per effettuare tagli, studi o rilievi sulle loro terre.
Nel marzo del 2014, la presidente della Liberia Ellen Johnson Sirleaf ha appoggiato pubblicamente il clan Jogbahn, in seguito al violento attacco subito da parte delle forze di sicurezza e gruppi paramilitari guidati dalla EPO. In Liberia, le persone credono che la compagnia rispetterà le leggi e che accetterà il diniego espresso dal clan rispetto al progetto di implementazione delle piantagioni di palma da olio e che quindi lascerà il territorio del clan Jogbahn.
Non li deludete e abbandonate il progetto.


              
  

  

giovedì 3 luglio 2014

Nuove avventure militari italiane in territorio somalo                           
di Antonio Mazzeo


Messina. Il tricolore torna a sventolare a Mogadiscio e il governo Renzi mette a disposizione dei nuovi signori della guerra parà, istruttori e veicoli militari. Un paio di giorni fa, nel corso di una cerimonia tenutasi nella capitale della Somalia, il comando del National Support Element (IT NSE), il team italiano attivo nel paese del Corno d’Africa lacerato dalla lunga guerra civile, ha donato al locale Ministero della difesa tre veicoli minivan per consentire una “migliore mobilità” dei militari impiegati a Gashandiga, Mogadiscio. “Gli aiuti alle istituzioni somale rappresentano parte dell’impegno profuso dall’Italia nell’ambito delle iniziative internazionali a salvaguardia della pace e della stabilità del paese”, si legge nel comunicato emesso dalle forze armate italiane.
Il contingente nazionale opera nell’ambito dell’European Union Training Mission to contribute to the training of Somali National Security Forces (EUTM Somalia), la missione di formazione e addestramento delle forze armate somale che l’Unione europea ha istituito il 15 febbraio 2010 per concorrere alla “stabilizzazione del Corno d’Africa” e “rafforzare” il governo e le istituzioni somale. Condotta in collegamento con il Comando militare statunitense per il continente africano (US AFRICOM) ed AMISOM, la missione dell’Unione africana che vede schierati in Somalia più di 17.000 uomini di Uganda, Kenya, Burundi, Sierra Leone e Nigeria, EUTM Somalia ha come obiettivo strategico il rafforzamento del dispositivo multinazionale chiamato a contrastare in Corno d’Africa le milizie armate al-shabaab ritenute vicine ad al-Qaeda.

Schierata inizialmente a Kampala, capitale dell’Uganda, e presso il centro addestrativo di Bihanga (250 km a ovest di Kampala), EUTM Somalia avrebbe dovuto operare sino al 2013, ma nel gennaio 2013 il Consiglio Europeo ha deciso la sua estensione sino al 31 marzo 2015, ampliandone i compiti alla “consulenza politico-strategico alle autorità somale” e all’addestramento specializzato delle forze governative. Nella seconda metà del 2013 la missione Ue ha trasferito il suo quartier generale e il Mentoring Advisory Training Element (MATE) presso l’aeroporto internazionale di Mogadiscio e dal gennaio 2014 tutte le sue attività sono condotte esclusivamente in territorio somalo. Attualmente l’addestramento delle unità viene effettuato presso il Jazeera Training Camp, a circa 5 Km a sud dallo scalo aereo.Sino ad oggi EUTM Somalia ha contribuito alla formazione di 3.600 tra ufficiali, specialisti e istruttori militari somali. La missione ha ottenuto un budget di 11,6 milioni di euro per il periodo compreso tra il febbraio 2013 e il marzo 2015 e vede schierati 125 militari di 13 paesi europei. Il team italiano è composto da 78 unità, in buona parte paracadutisti della Brigata “Folgore”, impiegate in vari ambiti, dall’addestramento delle forze armate somale alla sicurezza dei movimenti e del contingente, al supporto logistico e amministrativo. “I nostri specialisti forniscono alle reclute somale conoscenze e tecniche utili a contrastare la minaccia delle mine e degli ordigni esplosivi improvvisati (IED) unitamente a nozioni di primo soccorso tattico sul campo di battaglia, ecc.”, ha spiegato il National Support Element (IT NSE). Secondo il cronogramma operativo, nel 2014 il team italiano seguirà la formazione di 1.850 militari somali, per una spesa che solo nei primi sei mesi dell’anno è stata di 7 milioni e 62.000 euro. Dal 15 febbraio il comando della missione Ue in Somalia è stato affidato al generale Massimo Mingiardi, vice comandante della Scuola di fanteria di Cesano ed ex comandante della brigata “Folgore”. Il colonnello Mingiardi aveva già operato a Mogadiscio nel 1993 come comandante di compagnia durante l’Operazione “Ibis”, tragicamente segnata dall’incredibile numero di violazioni dei diritti umani commesso dal contingente italiano e dalla battaglia del check-point “Pasta” che il 2 luglio 1993 provocò la morte di tre uomini e il ferimento di 33 parà italiani.In vista del rafforzamento dei vincoli bilaterali tra l’Italia e la Somalia, il 17 settembre 2013 si è tenuto a Roma un vertice tra l’allora ministro Mario Mauro e Abdihakim Mohamed Haji Fiqi, responsabile del dicastero alla difesa del Governo federale somalo. Nel corso del meeting venne siglato un Memorandum di Cooperazione nel settore della difesa a sostegno delle nuove istituzioni politiche e militari somale.

mercoledì 2 luglio 2014

Giustizia per mia sorella Beatrice,
vittima di femminicidio, e per i suoi figli
Appello di Lorenzo Ballerini a Matteo Renzi

Oltre al danno la beffa


Beatrice Ballerini
Massimo Parlanti, reo confesso, è stato condannato con rito abbreviato a 18 anni di carcere per aver assassinato la ex moglie Beatrice Ballerini, mia sorella.
Probabilmente ne farà meno di 10, ed ha fatto ricorso perché vuole uscire ancora prima.
Parlanti dopo la separazione, avvenuta per il tradimento di lui e per il suo volontario allontanamento dal tetto coniugale, ha adottato un crescendo di ritorsioni psicologiche e materiali utilizzando anche i bambini, come strumento contro Beatrice. Le ritorsioni divennero sempre più pressanti nell'impedire a Beatrice di lasciare l'abitazione coniugale che lei non poteva mantenere da sola, dove però lui poteva continuare a sentirsi padrone ed a manifestare la sua opprimente presenza.
Dopo diverse azioni legali, a seguito della vittoria di Beatrice, Parlanti si acquietò e poco dopo, un pomeriggio nell'occasione di un appuntamento fissato per recuperare degli oggetti in casa, la aggredì, la massacrò di calci e pugni e la strangolò.
Poi simulò un furto ed andò a prendere i loro due figli a scuola, passando con loro tutta la serata a giocare. Qualche giorno dopo, quando gli inquirenti avevano già trovato tracce del DNA dell'assassino, prima che uscissero i risultati della analisi, lui confessò strumentalmente per ottenere i vantaggi delle falle della legge, sostenendo che si fosse trattato di un incidente.
Dall’Inps ho poi appreso che mentre i bambini di mia sorella, che noi stiamo accudendo, prendono il 40 per cento della pensione che gli spetta, a lui -l’omicida- spetta l’altro 60 per cento, e ne avrà diritto a vita.
Questo accade perché non c'è un meccanismo automatico che prevede la dichiarazione di “indegnità a succedere” per l'assassino del coniuge, e così oltre la pensione, agli assassini spetta anche le eredità di chi ammazzano.
È inevitabile la sensazione di vivere in un paradosso, in un luogo, in un tempo in cui l’assurdo diventa la regola, in cui il surreale diventa prepotentemente più tangibile del reale, in cui ti si confondono tutti i valori, in cui ti domandi se quello che ti hanno detto è veramente quello che le tue orecchie hanno sentito. Mia sorella era una donna vera e forte, ammazzata da un individuo che non è mai riuscito ad essere uomo.
Femminicidio: parola strana ma eloquente, nasconde un mondo occulto e subdolo, di personaggi bestiali, doppi e perversi, vuoti dentro.
Ma qui siamo di fronte al paese che con il suo approccio grottesco è indulgente con i delinquenti ed esigente con le vittime, e con coloro che rimangono, che oltre a cavarsela da soli devono dimostrare di poter reggere una pressione che viene dalle stesse istituzioni che, invece di aiutare esigono e non riescono a rendere operativa la giustizia.
La domanda a cui ancora oggi non riesco a dare risposta è: abbiamo una legge assurda e demenziale, fatta per i delinquenti, oppure semplicemente la giustizia, si scorda qualcosa, si è distratta ulteriormente?
Vi prego rispondetemi e rispondete nel nome di tutte le donne ammazzate, il numero delle quali sta crescendo, e crescerà se non si arginano almeno le conseguenze nefaste di una giustizia paradossale.
È importante perché il fenomeno cresce e, avuta soddisfazione con l'omicidio questi massacri non diventino "sostenibili" ed "appetibili" per chi con ragionamento contorto, è sull'orlo di una decisione.

Lorenzo Ballerini
RAPPORTO SULLA CITTA’ – MILANO 2014
“EXPO, LABORATORIO METROPOLITANO CANTIERE PER UN MONDO NUOVO”
A cura di Rosangela Lodigiani. Presentazione di Marco Garzonio.

Il tavolo dei relatori, sulla destra Natoli e Zaccuri


Si è svolta ieri mattina nella sede della Fondazione Ambrosianeum di Milano la presentazione del “Rapporto sulla Città – Milano 2013”, dedicato a “EXPO, LABORATORIO METROPOLITANO
CANTIERE PER UN MONDO NUOVO”.
Hanno presentato Marco Garzonio, presidente Fondazione Ambrosianeum e Rosangela Lodigiani, curatrice del Rapporto sulla Città.
Sono intervenuti Mons. Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura della Curia Arcivescovile di Milano, Salvatore Natoli, ordinario di Filosofia Teoretica all’Università Bicocca e Alessandro Zaccuri, editorialista di “Avvenire”.

Questi alcuni dei temi messi a fuoco: rispetto alle aspettative, Expo al momento ha creato ben poco lavoro, e quel poco decisamente flessibile; sulla manifestazione, le imprese milanesi per il momento stanno a guardare (sono impegnate direttamente in Expo solo nel 3% dei casi, e soltanto il 14% ritiene che la rassegna genererà un aumento del proprio fatturato); il problema del diritto al cibo e della povertà alimentare, strettamente legato al tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”, riguarda in modo pressante Milano e il suo territorio; infine, resta aperto (e ampiamente sottovalutato dagli attori politici di Expo) il nodo cruciale della legacy sociale di Expo, cioè delle sue ricadute a medio e lungo termine sulla città, il suo territorio e i suoi abitanti.

Il presidente Ambrosianeum Marco Garzonio, nel sottolineare come “le inchieste in corso siano la conferma che la città non ha ancora fatto tesoro della lezione di Tangentopoli”, ha rimarcato come “Expo sarà l’occasione per verificare se il Paese voglia realmente compiere un salto di qualità. Se Milano tornerà ad essere quella che nel ’48 fece scrivere ad Antonio Greppi ‘Risorgeva Milano’, non può dipendere solo dal Governo, né solo dal Comune né soltanto dal consiglio di amministrazione di Expo, ma da tutti noi”.
“La politica arranca? La società civile vada avanti – è il monito di Garzonio – Occorre trasportare il tema ‘alto’ dell’alimentazione sul piano etico-politico e morale: se ci si nutre di valori, responsabilità e impegno, Expo avrà un significato ‘alto’ per la città. In caso contrario, si perderà in sterili polemiche. Non dobbiamo interessarci solo del fare, ma del senso, del ‘verso dove’”.

La curatrice del Rapporto Rosangela Lodigiani, ricercatrice di Sociologia a Scienze Politiche in Cattolica, ha fotografato il volto di una “città dalle aspettative sospese, che cerca di credere in Expo ma che sente ancora questo evento come lontano, nonostante manchino pochi mesi all’inaugurazione”. Questo sia sul fronte dell’occupazione, “dove finora si è mosso poco, e quel poco con modalità molto flessibili”, sia sul fronte delle imprese milanesi, “che mostrano di avere aspettative frenate: sono cioè in attesa di capire se Expo avrà influenza o meno sul loro business”. Ma non è tutto. Perché se Expo offre l’occasione “per ridiscutere una modalità di sviluppo che si è rivelata non sostenibile”, occorre “modificare la situazione sul fronte della povertà alimentare attraverso politiche di inclusione, condivisione e reinserimento sociale dei più deboli”.
Se secondo Lodigiani “è evidente la difficoltà di raccordo tra attori che non riescono a giocarsi insieme un’idea di futuro della città”, è proprio sul tema della legacy sociale, ovvero di ciò che resterà dopo Expo, che si gioca la vera scommessa della manifestazione. “Il punto nodale di Expo 2015 starà nel suo lascito valoriale – ha sottolineato la sociologa – Pensiamo alle esperienze positive di Cascina Triulza, della Caritas, della Diocesi, tutte giocate su un’idea nuova di città e di cittadinanza. Il successo di Expo si gioca in questi termini, più che sul numero di turisti che arriveranno in città”.

Salvatore Natoli, ordinario di Filosofia Teoretica all’ Università Bicocca, dopo aver definito “Expo la metafora del sistema-Italia”, si è detto preoccupato del fatto che “sul fronte Expo sono trascorsi anni inquinati, il che per l’Italia costituisce un problema ricorrente: basti pensare a Tangentopoli, al Mose, a L’Aquila: nel nostro Paese i grandi eventi, che altrove sono spunto per progetti costruttivi, da noi fanno paura, perché sono circondati da un alone di pericolo e di inquinamento”.
Eredità pesante, quella italiana. Di fronte alla quale “serve una profonda modificazione della cultura etica”. Se nel nostro Paese la prassi è infatti quella della “transumanza tra clientelismo e ribellione, con i clienti delusi che diventano ribelli e i ribelli placati che tornano ad essere clienti, e lo Stato che o si munge o si abbatte”, l’unica cosa da fare è “meditare sulla situazione e ripensare Expo 2015: nemmeno il perdono di Dio è efficace se chi lo riceve non cambia vita” ha ammonito il filosofo. Concludendo con una questione aperta: “Quanto è stata mobilitata Milano nel suo complesso per discutere di Expo? La domanda-principe ormai è: ‘Quanti posti di lavoro si attiveranno?’’. Ma sui giornali si leggono solo storie di ladri”.

L’editorialista di “Avvenire” Alessandro Zaccuri , ha rimarcato come “non siamo certo di fronte alla storia che avremmo voluto sentirci raccontare oggi, quando mancano 305 giorni all’inaugurazione di Expo. Però questi 305 giorni ci sono, e anche se sono pochi occorre usarli per scrivere quello che è, e dev’essere, un romanzo corale”.
“Tifare contro la Nazionale è un’operazione sterile – ha proseguito il giornalista – e il rischio tutto italiano di confidare nello ‘Stellone’, ovvero nel ‘Ce la faremo comunque’ è assai elevato . Occorre giocarsi questa occasione a tutto tondo, e il Rapporto Ambrosianeum mette in luce la molteplicità di aspetti che Expo coinvolge: tra i più interessanti, il tema della povertà alimentare a Milano e la fotografia dell’agricoltura periurbana”.

Infine, monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura della Curia Arcivescovile di Milano, ha sottolineato come il significato di Expo stia “nell’imparare a capire chi siamo: il problema di Milano è un problema di identità”. Quattro le strade da seguire: “Custodire il pianeta, condividere il cibo, educare e pregare” ha enumerato Bressan. Ravvisando le “profonde trasformazioni strutturali in atto a Milano, su cui Expo 2015 permetterà di gettare luce”. E indicando, per la prossima edizione del Rapporto Ambrosianeum, che si occuperà nuovamente di Expo, alcune strade da battere: “Studiare le politiche e i legami che nascono attorno al cibo: penso ai tanti negozi e ristoranti di cibi etnici che si diffondono in città – ha detto – E poi affrontare il tema degli spazi pubblici, come la moschea; incrociare i dati sulla povertà alimentare in città con la presenza demografica dei poveri e dei bisognosi; indagare i rapporti tra cibi e religioni”.
Perché se Expo permetterà di far luce sulle reali e profonde trasformazioni della città, occorre ricordare che “non ci si nutre di solo cibo, ma di valori”.

Una veduta del folto pubblico


Alessandra Rozzi, Ufficio Stampa Fondazione Ambrosianeum

comunicazione@ambrosianeum.org, tel. 02.86464053, 339.1363491











EXPO E DINTORNI



ONORE AL PIU’ GIOVANE…consigliere di zona 8 Jacopo Nedbal per aver presentato una MOZIONE URGENTE votata lo stesso 25 giugno dopo aver raccolto un alto numero di firme. La trovate allegata. APPROVATA A LARGA MAGGIORANZA. Hanno votato contro tre fan di Comunione e Liberazione per i quali è “cosa buona e giusta” che i volontari lavorino “GRATIS ET AMORE DEI” a favore delle ricche organizzazioni(i cui dirigenti guadagnano milioni)che speculano-senza limiti e remore-sull’EXPO.
Sono regolarmente pagati i lavoratori appartenenti alla COMPAGNIA DELLE OPERE, largamente privilegiate(i bandi sono fola metropolitana) nell’assegnazione degli appalti.
Ho evidenziato che-dopo il lavoro gratis-ci saranno “schiavitù condivisa” e “tozzo di pane elargito”(per poter lavorare il giorno successivo).
Cinque astenuti fra cui il vicepresidente del Consiglio-PIDDINO-che inizialmente ha detto che non avrebbe partecipato al voto perché lo sfruttamento è peggio.
Illudere i giovani che, lavorando gratis, si acquisiscono meriti in vista di un futuro posto di lavoro è molto peggio.
A quando il rimpianto per i PADRONI DELLE FERRIERE?
La “delibera” è un invito al Comune (che ha il 20% di EXPO) affinché interceda per il pagamento dei lavoratori. Ma ho scarse speranze che ciò accada. Il 5 giugno-davanti a Palazzo Marino- con coloro che protestavano per la corruzione galoppante sui LAVORI INUTILI c’erano i precari del Comune.
Avevano chiesto di essere impiegati almeno nei sei mesi di EXPO. Il Comune ha risposto picche.
Eppure, anche recentemente, il Sindaco ha favoleggiato che EXPO avrebbe impiegato duecentomila lavoratori!! Chi ha ascoltato in questi tre anni? Solamente i falsi, strapagati e perniciosi uomini del suo staff. Fortemente colpevole è altresì Regione Lombardia che ha approvato un’apposita deroga-le frane hanno tutte un inizio-affinchè simile scempiaggine si possa compiere impunemente. Non mi sembra che gli eletti della cosiddetta sinistra abbiano avuto una sensibile reazione.
Si astengano dal presentarsi alle prossime elezioni.
LA SINISTRA DI GOVERNO HA FALLITO. O SI E’ SFRUTTATORI O SI E’ SFRUTTATI. Hanno scelto-gratis e volontariamente-la prima opzione.
Nel PD-il suo ultimo successo dovuto alla cancellazione di quel poco che era rimasto di sinistra-sono stati eletti molti bravi giovani. Alcuni deglutiscono, schiacciano il pulsante e invecchiano silenti. I più intelligenti si accorgono che, sempre più spesso, stanno approvando un provvedimento di destra. E’ questa la politica che sognavano? Ripropongo-con l’amaro in bocca-quanto ho pubblicato il 31 maggio 2014 in Sala d’Exposuzione.

Almen rispettarono promesse?
“Cinquantamila posti”qualcun lesse.
Sapete quanti son “pagati posti”?
Men di duemila. Così riducon costi.
Contratti s’aboliscon di lavoro?
Arricchirsi potran soltanto loro.
EXPO dipinta “tutelare nume”?
A galla sta venendo il marciume.

Luigi Caroli