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mercoledì 10 dicembre 2014


ODISSEA E LA VISIONE URBANA
Continua il dibattito aperto da “Odissea”
con il questionario-intervista, ospitando
l’intervento di Pier Luigi Amietta  

Casermoni urbani a Milano
1. È opinione comune che a Milano, come del resto in molte città italiane grandi e piccole, a partire dagli anni Settanta del Novecento, sono stati realizzati una serie di manufatti urbani ibridi piuttosto discutibili, ed inseriti in contesti non pertinenti o assolutamente dissonanti. Mi riferisco in particolare alle “capannette scheletriche” realizzate da Gae Aulenti in Piazzale Cadorna, che dovrebbero dare l’idea di un Foro, ma che quasi nessuno capisce il senso e la funzione; ai tubi attorcigliati dello svedese Claes Oldenburg nello stesso luogo, e che non si capisce che ci facciano in un luogo come quello, a pochi passi dal Castello Sforzesco. Qual è la sua opinione in merito?

R. –Non posso rispondere come urbanista né come architetto, ciò che non sono, ma solo come “amante”, nel senso letterale del termine, di questa città, dove sono nato.  Nel volgere di quindici lustri, l’ho vista prima rinascere dalle macerie della guerra, poi espandersi in periferie anonime a tal punto da deprimere ogni tentativo di amorevole conservazione (e tali dunque, se non da incoraggiarne, certo da non scoraggiarne il degrado). Oggi, ma non da oggi, vedo quei “manufatti urbani” soltanto come pretenziosi conati pseudo-creativi -affidati quasi sempre ad architetti oltremarini od oltremontani, sempre più costosi che talentosi- che non costituiscono più soltanto stravaganze, frutto di sporadici esercizi architettonici ai margini del tessuto urbanistico della città, ma che si insediano con arroganza nel bel mezzo del centro storico urbano. L’aggettivo “ibridi” rende perfettamente, ma eufemisticamente, l’idea del problema e i casi citati ne esemplificano ineccepibilmente la mortificante realtà: una realtà che incastra in un contesto di antica palese armonia una moderna ermetica allegoria; che mostra, in tutta la forza etimologica del termine, l’ignoranza delle ragioni storiche che avevano dato vita a palazzi o mantenuto in vita per secoli vie e piazze, accanto ai quali o nelle quali essi conficcano i loro edifici tronfi e falsamente monumentali.

2.Definito da più parti particolarmente invasivo rispetto al piccolo slargo che lo contiene (di per sé alquanto armonico), il monumento alla memoria dell’ex presidente della Repubblica Sandro Pertini di Aldo Rossi in via Croce Rossa (fermata Montenapoleone della Metropolitana Gialla linea 3), appare in effetti completamente decontestualizzato e dissonante, tanto che il giornale “Odissea” ne ha suggerito la rimozione per rimontarlo in un contesto più coerente, e di creare al suo posto un’aiuola fiorita da affidare alle cure dell’Emporio Armani che si affaccia sulla piazzetta. Come giudica lei quest’idea?

R. -Premesso che al “monumento a Pertini” si potrebbe dare qualsiasi significato tranne che onorifico, è fin troppo evidente che esso costituisce un ottuso “tappo” che ottura la Via Croce Rossa, ostruisce il passaggio tra alcune delle più signorili vie milanesi – Via Manzoni e Via Monte di Pietà, e impedisce la visuale di Via Borgonuovo, chiamata un tempo non casualmente “Contrada dei nobili”. Non posso condividere l’idea di collocarlo in “un contesto più coerente”, perché non riesco a immaginarlo, nemmeno in una discarica cui sottrarrebbe metri cubi di spazio prezioso per la spazzatura; posso soltanto auspicarne lo smantellamento, il più prossimo e il più completo possibile.

3.L’architetto e urbanista Jacopo Gardella in un lungo e documentato saggio pubblicato di recente su “Odissea” nella Rubrica “La Carboneria” (www.libertariam.blogspot.it), accusa principalmente amministratori pubblici e istituzioni, di quella che lui chiama “una mancata idea di città”. L’assenza di regole certe e buone per un sano governo del territorio e la sua progettualità (che da amministratori e istituzioni dovrebbero derivare), ha prodotto il caos urbano, le speculazioni e le incoerenti e dannose realizzazioni che oggi ci ritroviamo sotto gli occhi. “Colpevoli i politici e gli amministratori pubblici, ma altrettanto colpevoli i committenti ed i finanziatori privati” scrive Gardella. E come dargli torto? Se si guarda a quello che è successo sui terreni dell’ex Fiera Campionaria con“City Life”, sull’area di Porta Garibaldi, ecc., si rimane sconcertati. Questo delirio di grattacieli incoerenti, storti e storpi, spuntati dal nulla e senza uno straccio di progettualità complessiva, rende quei luoghi artificiali, privi di anima. Ci si è illusi che un supermercato (seppure bello vasto) interrato sotto Piazza Gae Aulenti, bastasse ad animare il luogo. È vero, i grattacieli funzionano come una calamita visiva attirando l’attenzione di chi transita da quelle parti, ma appaiono come corpi separati, luoghi blindati; mentre la Stazione ferroviaria, vale a dire il nodo strategico dell’area, ha perso ogni centralità, è divenuta marginale. Lei che opinione se ne è fatta?

R. -Esattamente uguale a quella di Jacopo Gardella. Quell’ammasso incoerente di vetro e di cemento, cominciato con il nuovo Palazzo della Regione, afferma un’idea arrogante di “nuova Milano”, riuscendo solo a brutalizzare la vecchia, restando chiuso in se stesso con gelida tracotanza e ignorando del tutto lo spazio circostante, verso il quale non tende e non comunica. Altro che “City Life”.

4. Se dovesse eliminare uno dei tanti controversi manufatti presenti in città, quale eliminerebbe subito e perché?

R. –Comincerei dal monumento a Pertini, per le ragioni già dette. Subito dopo verrebbero quelli già da indicati con la prima domanda: la “tettoia” di Gae Aulenti di Piazza Cadorna e “la Guggia” di Oldenburg, compreso quella specie di enorme bidet per comunità disinibite che lo affianca e che dev’essere stato giudicato splendido -non c’è limite all’imbecillità-  visto che è stato copiato anche dal nuovo Palazzo della Regione, sul lato Via Galvani prospiciente Viale Restelli. L’elenco degli altri sarebbe, ahimè, ormai troppo lungo.