ODISSEA E LA VISIONE URBANA
Continua il
dibattito aperto da “Odissea”
con il questionario-intervista,
ospitando
l’intervento di
Pier Luigi Amietta
Casermoni urbani a Milano |
1. È opinione
comune che a Milano, come del resto in molte città italiane grandi e piccole, a
partire dagli anni Settanta del Novecento, sono stati realizzati una serie di
manufatti urbani ibridi piuttosto discutibili, ed inseriti in contesti non
pertinenti o assolutamente dissonanti. Mi riferisco in particolare alle
“capannette scheletriche” realizzate da Gae Aulenti in Piazzale Cadorna, che
dovrebbero dare l’idea di un Foro, ma che quasi nessuno capisce il senso e la
funzione; ai tubi attorcigliati dello svedese Claes Oldenburg nello stesso
luogo, e che non si capisce che ci facciano in un luogo come quello, a pochi
passi dal Castello Sforzesco. Qual è la sua opinione in merito?
R. –Non
posso rispondere come urbanista né come architetto, ciò che non sono, ma solo come
“amante”, nel senso letterale del termine, di questa città, dove sono nato. Nel volgere di quindici lustri, l’ho vista
prima rinascere dalle macerie della guerra, poi espandersi in periferie anonime
a tal punto da deprimere ogni tentativo di amorevole conservazione (e tali
dunque, se non da incoraggiarne, certo da non scoraggiarne il degrado). Oggi,
ma non da oggi, vedo quei “manufatti urbani” soltanto come pretenziosi conati
pseudo-creativi -affidati quasi sempre ad architetti oltremarini od
oltremontani, sempre più costosi che talentosi- che non costituiscono più
soltanto stravaganze, frutto di sporadici esercizi architettonici ai margini
del tessuto urbanistico della città, ma che si insediano con arroganza nel bel
mezzo del centro storico urbano. L’aggettivo “ibridi” rende perfettamente, ma
eufemisticamente, l’idea del problema e i casi citati ne esemplificano ineccepibilmente
la mortificante realtà: una realtà che incastra in un contesto di antica palese
armonia una moderna ermetica allegoria; che mostra, in tutta la forza
etimologica del termine, l’ignoranza delle
ragioni storiche che avevano dato vita a palazzi o mantenuto in vita per secoli
vie e piazze, accanto ai quali o nelle quali essi conficcano i loro edifici
tronfi e falsamente monumentali.
2.Definito da più
parti particolarmente invasivo rispetto al piccolo slargo che lo contiene (di
per sé alquanto armonico), il monumento alla memoria dell’ex presidente della
Repubblica Sandro Pertini di Aldo Rossi in via Croce Rossa (fermata
Montenapoleone della Metropolitana Gialla linea 3), appare in effetti
completamente decontestualizzato e dissonante, tanto che il giornale “Odissea”
ne ha suggerito la rimozione per rimontarlo in un contesto più coerente, e di
creare al suo posto un’aiuola fiorita da affidare alle cure dell’Emporio Armani
che si affaccia sulla piazzetta. Come giudica lei quest’idea?
R. -Premesso
che al “monumento a Pertini” si potrebbe dare qualsiasi significato tranne che
onorifico, è fin troppo evidente che esso costituisce un ottuso “tappo” che
ottura la Via Croce Rossa, ostruisce il passaggio tra alcune delle più
signorili vie milanesi – Via Manzoni e Via Monte di Pietà, e impedisce la
visuale di Via Borgonuovo, chiamata un tempo non casualmente “Contrada dei
nobili”. Non posso condividere l’idea di collocarlo in “un contesto più
coerente”, perché non riesco a immaginarlo, nemmeno in una discarica cui
sottrarrebbe metri cubi di spazio prezioso per la spazzatura; posso soltanto
auspicarne lo smantellamento, il più prossimo e il più completo possibile.
3.L’architetto e
urbanista Jacopo Gardella in un lungo e documentato saggio pubblicato di
recente su “Odissea” nella Rubrica “La Carboneria” (www.libertariam.blogspot.it), accusa
principalmente amministratori pubblici e istituzioni, di quella che lui chiama
“una mancata idea di città”. L’assenza di regole certe e buone per un sano
governo del territorio e la sua progettualità (che da amministratori e
istituzioni dovrebbero derivare), ha prodotto il caos urbano, le speculazioni e
le incoerenti e dannose realizzazioni che oggi ci ritroviamo sotto gli occhi.
“Colpevoli i politici e gli amministratori pubblici, ma altrettanto colpevoli i
committenti ed i finanziatori privati” scrive Gardella. E come dargli torto? Se
si guarda a quello che è successo sui terreni dell’ex Fiera Campionaria con“City
Life”, sull’area di Porta Garibaldi, ecc., si rimane sconcertati. Questo
delirio di grattacieli incoerenti, storti e storpi, spuntati dal nulla e senza
uno straccio di progettualità complessiva, rende quei luoghi artificiali, privi
di anima. Ci si è illusi che un supermercato (seppure bello vasto) interrato
sotto Piazza Gae Aulenti, bastasse ad animare il luogo. È vero, i grattacieli
funzionano come una calamita visiva attirando l’attenzione di chi transita da
quelle parti, ma appaiono come corpi separati, luoghi blindati; mentre la
Stazione ferroviaria, vale a dire il nodo strategico dell’area, ha perso ogni
centralità, è divenuta marginale. Lei che opinione se ne è fatta?
R. -Esattamente uguale a quella di
Jacopo Gardella. Quell’ammasso incoerente di vetro e di cemento, cominciato con
il nuovo Palazzo della Regione, afferma un’idea arrogante di “nuova Milano”,
riuscendo solo a brutalizzare la vecchia, restando chiuso in se stesso con gelida
tracotanza e ignorando del tutto lo spazio circostante, verso il quale non
tende e non comunica. Altro che “City Life”.
4. Se dovesse
eliminare uno dei tanti controversi manufatti presenti in città, quale
eliminerebbe subito e perché?
R. –Comincerei dal monumento a Pertini, per
le ragioni già dette. Subito dopo verrebbero quelli già da indicati con la
prima domanda: la “tettoia” di Gae Aulenti di Piazza Cadorna e “la Guggia” di
Oldenburg, compreso quella specie di enorme bidet per comunità disinibite che
lo affianca e che dev’essere stato giudicato splendido -non c’è limite
all’imbecillità- visto che è stato copiato anche dal nuovo Palazzo della
Regione, sul lato Via Galvani prospiciente Viale Restelli. L’elenco degli altri
sarebbe, ahimè, ormai troppo lungo.