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mercoledì 3 dicembre 2014

REX TREMENDAE
di Angelo Gaccione
Aldo Bernardi
Milano. Forse i nostri lettori si stupiranno, ma vorrei dire la mia sul Requiem di Mozart eseguito il 27 Novembre scorso nella chiesa di San Marco a Milano, parlando solo del suo direttore.
Sulla qualità del coro “Canticum Novum” di Bergamo e sul rigore dell’orchestra dell’Associazione Mozart Italia di Milano, si sono già espressi diversi appassionati, e sicuramente altri lo faranno. Dunque, veniamo al direttore Aldo Bernardi. Ho qualche dubbio che vi sia oggi in Italia una personalità musicale così visceralmente coinvolta, così apertamente schierata in favore della musica e polemicamente militante, come lui. Basta sentirlo nelle conferenze-stampa o seguirlo nella sua caparbia, indefessa, quotidiana battaglia per l’introduzione dell’Educazione musicale di base in ogni tipo e grado di scuola. Per lo scopo ha dato vita al “CEriMus” che altro non è, se non l’acronimo del Comitato Nazionale impegnato per favorire tale introduzione, poiché Aldo Bernardi ha capito per la musica, quello che il mio amico letterato Pier Luigi Amietta ha capito per la poesia: “serve a capire le cose che servono”, e dunque non se ne può fare a meno.
In un tempo meno fulgido di questo, l’Italia era, in tale disciplina, capofila nel mondo; ora siamo diventati gli ultimi e i più ignoranti, grazie a politici analfabeti e indegni. Ma torniamo al Requiem.
Intanto vorrei anche mettere in dubbio qualche inveterato luogo comune che, come tutti i pregiudizi, si perpetua di tempo in tempo riproposto acriticamente da gazzettieri pigri e da strapazzo, e finisce per diventare un tabù intoccabile. Non è perché in San Marco ha suonato un Mozart quasi bambino che l’acustica di questa chiesa diventa magicamente il non plus ultra della perfezione. Proprio per nulla. Le chiese sono state costruite per uno scopo totalmente diverso dalle esecuzioni musicali, e, giustamente, senza alcuna preoccupazione per l’acustica. Che noi ascoltatori ce ne facciamo sensorialmente suggestionare è un altro paio di maniche; in tutti i riti collettivi, come si sa, la razionalità non è scevra da una dose di suggestione.
Aldo Bernardi dirige il Requiem in San Marco
Quanto al direttore, non ho impiegato a caso l’aggettivo “viscerale”. La sua direzione è davvero un atto fisico totale che implica l’impiego di tutto il suo corpo, e si esplica come sforzo, fatica fisica, tensione muscolare. Ho tenuto gli occhi su di lui per quasi tutta l’esecuzione, da una distanza molto ravvicinata, e ne ho potuto cogliere persino la contrazione dei nervi. Bernardi era coinvolto e vigile allo stesso tempo, e lo si vedeva chiaramente dalla direzione fatta a memoria, senza la partitura musicale sul leggìo.
Naturalmente non è automatico che il coinvolgimento fisico del direttore si trasferisca sull’orchestra, come non è automatico che la forza del regista si trasferisca tout court sugli attori.
Restano però quella forza e quel coinvolgimento come un dato, come una cifra. Ed è ciò che chiamiamo “temperamento” e che distingue, poniamo, un von Karaian da un Toscanini.