L’isola di Lampedusa ad alto rischio
elettromagnetico
di Antonio Mazzeo
A Lampedusa
proliferano, indiscriminatamente e impunemente, sistemi radar e impianti di
telecomunicazione militari, ripetitori radio-televisivi, stazioni radio-base
della telefonia cellulare, ecc.. Innumerevoli sorgenti elettromagnetiche,
pericolose per l’uomo e l’ambiente naturale, che rischiano di deturpare
irrimediabilmente un territorio unico per fascino e bellezza.
Buona parte degli impianti sono di origine militare: da
lungo tempo, infatti, Lampedusa è al centro dei programmi di guerra nell’area
mediterranea e in nord Africa delle forze armate italiane e Nato. In località
Capo Ponente, nella zona più occidentale dell’isola, sono in atto i preparativi
per installare due nuovi potenti sistemi radar. Il primo di essi, il Gabbiano
T200C, prodotto dall’italiana Selex ES (gruppo Finmeccanica), sarà predisposto
dalla Marina militare nell’ambito del piano di ammodernamento e potenziamento
della Rete di sorveglianza costiera. Un Fixed Air Defence Radar (FADR)
RAT31-DL, anch’esso prodotto da Selex, sarà installato invece dall’Aeronautica
per la sorveglianza aerea a lunga portata e il potenziamento della rete di
comando, controllo, comunicazione ed intelligence dell’Alleanza Atlantica.
Contro i due progetti si è mobilitata la stramaggioranza
della popolazione dell’isola. È forte il timore per la portata e gli effetti
dell’inquinamento elettromagnetico, anche alla luce di alcune gravi patologie
riscontrate tra gli abitanti. Secondo l’Osservatorio Epidemiologico Regionale
che ha elaborato nel 2013 l’Atlante Sanitario sulla Epidemiologia dei Tumori in
Sicilia nel periodo 2004-2012, il distretto sanitario di Lampedusa e Linosa ha
riscontrato la “maggiore mortalità per tumori, nei maschi”, subito dopo la
città di Catania (248 contro 251). Anche l’analisi dei ricoveri ospedalieri
ordinari per patologie tumorali registrati dalla Regione siciliana nel triennio
2009-2011 ha evidenziato “alti livelli di ospedalizzazione per cause tumorali
nel solo genere maschile a Lampedusa e Linosa”. Mentre il valore di riferimento
regionale dei ricoveri ordinari è di 7,5 per 1.000 abitanti, il tasso
standardizzato nelle due isole è di 10,2 per 1.000 abitanti. In particolare, a
Lampedusa e Linosa sono stati evidenziati “tassi più elevati” del valore medio
regionale per i tumori maligni dello stomaco, del fegato e della vescica tra i
soli uomini e della trachea, dei bronchi e dei polmoni in entrambi i
sessi.
Su richiesta del Comune di Lampedusa e Linosa, dell’ASP
di Palermo e dell’Associazione “Askavusa” (promotrice dalla Campagna No Radar),
dal 18 al 20 novembre 2014 l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente
(ARPA Sicilia) ha misurato i campi elettromagnetici di alta frequenza in alcuni
siti dell’isola: a Capo Grecale dove sorge il radar di sorveglianza costiera
della Guardia di finanza; nell’aeroporto dove incidono diverse stazioni per le
telecomunicazioni dell’Aeronautica militare oltre al radar per il controllo del
traffico aereo; in località Alberosole, Capo Ponente, dove sono presenti i
sistemi di sorveglianza dell’Aeronautica militare e alcuni ripetitori
televisivi; a Cala Creta, dove opera una stazione radiofonica FM locale; in
alcune vie del centro cittadino interessate dalle emissioni degli impianti della
telefonia cellulare.
Il 2 dicembre, il fisico Giovanni Bruno e il signor
Pasquale Collura della Struttura territoriale di ARPA Agrigento hanno
presentato il rapporto finale sui monitoraggi dei campi elettrici. “Lo scopo
delle rilevazioni è stato quello di valutare la conformità dei rilievi
effettuati alle norme di sicurezza elettromagnetica prescritte dalla normativa
vigente e, più in generale, la loro rilevanza rispetto ai problemi di tutela
della salute umana, dell’ambiente e delle possibili interferenze con
apparecchiature elettromedicali in seguito alla presenza di emissioni
elettromagnetiche di alta frequenza”, scrivono i tecnici dell’ARPA. “Le misure
effettuate hanno evidenziato valori massimi del campo elettromagnetico di 5,05
V/m ovvero minori all’obiettivo di qualità di 6 V/m indicato dal DPCM dell’8
luglio 2013”.
Per ARPA Sicilia, dunque, l’inquinamento elettromagnetico
a Lampedusa non è rilevante. Conclusioni per nulla condivise dal fisico sardo
Massimo Coraddu, estensore per il Politecnico di Torino - con il prof. Massimo
Zucchetti - del rapporto che ha documentato i gravissimi pericoli per l’uomo
delle emissioni delle decine di antenne della stazione di telecomunicazioni
della Marina militare Usa di Niscemi e di quelle che saranno generate quando
entrerà in funzione il famigerato sistema satellitare MUOS. “In generale, la
procedura adottata a Lampedusa non sembra adeguata al problema e neppure
conforme alla normativa vigente, la strumentazione e la tecnica di misura
utilizzate sono inadeguate e i risultati sono dunque del tutto inattendibili”,
denuncia il prof. Coraddu. “Il numero di punti di misura effettivamente
realizzati per ciascuna sorgente è troppo esiguo, da un minimo di uno a un
massimo di sette. Manca qualunque informazione riguardante le sorgenti: non se
ne riporta la posizione (né mediante coordinate geografiche né attraverso
l’inquadramento topografico), non è specificata la tipologia né vengono
indicate le caratteristiche radioelettriche (frequenza, potenza, guadagno
d’antenna, etc.), né tantomeno si riportano i valori di campo previsti dal
gestore come imposto dal Codice delle comunicazioni elettroniche, DLGS n. 259
dell’1 agosto 2003”. Sempre secondo il prof. Coraddu, le misurazioni effettuate
da ARPA Sicilia sono documentate in modo incompleto e si è persino omesso di
riportare i punti precisi in cui esse sono state effettuate. “È stata
utilizzata una tecnica di misurazione a banda larga, ovvero si e misurato
l’effetto complessivo della sovrapposizione di tutte le sorgenti presenti, di
tipo molto differente (radar di potenza, ripetitori radiotelevisivi, ponti
radio, stazioni radio base per la telefonia cellulare, etc.), senza distinguere
il contributo dato da ciascuna singola sorgente”, aggiunge Coraddu. “La
normativa prescrive invece di affiancare alla tecnica a banda larga la più
precisa e sofisticata tecnica a banda stretta, con strumenti dotati di risposta
temporale tale da rivelare le caratteristiche degli impulsi emessi (durata e
frequenza di ripetizione dell’impulso), e una dinamica sufficiente a sopportare
intensità di picco che possono raggiungere le migliaia di V/m. Nel caso di
misure effettuate in regime di campo vicino occorreva inoltre rilevare anche la
componente magnetica”.
Relativamente alle misurazioni sulle diverse sorgenti
radar, il prof. Coraddu rileva che i tecnici dell’Agenzia regionale non hanno
rilevato i valori di picco dei campi elettromagnetici emessi. “I radar spesso
emettono impulsi elettromagnetici molto brevi (da qualche μsec sino a qualche
decina di nsec) con livelli di picco migliaia di volte superiori a quelli
medi”, spiega il fisico. “In queste condizioni le sonde utilizzate da ARPA
Sicilia possono produrre risultati totalmente inattendibili per problemi sia di
risposta temporale che di saturazione”. Massimo Coraddu osserva pure limiti e
incongruenze nei rilievi effettuati per le emissioni prodotte dalle stazioni
della telefonia cellulare e dalle emittenti radiofoniche. “Nel caso in cui il
valore misurato raggiunga 75% del valore limite d’attenzione di 6 V/m, ossia
4,5 V/m, la Norma CEI 211-7 impone che si ripeta la misurazione con gli
strumenti a banda stretta. Tale livello è stato però raggiunto e superato in
via Ariosto 21/23 (con misure di 4,57 V/m e 5,05 V/m) senza che siano stati
fatti ulteriori accertamenti. Paradossalmente, è stato poi predisposto un
monitoraggio continuo mediante centralina di rilevamento, non in questa via,
dove si sono registrati i valori di campo più elevati, ma in via Cavour 19,
dove i livelli di campo risultavano nettamente inferiori (massimo registrato
2,8 V/m)”.
A conclusione delle sue osservazioni, il prof. Coraddu
suggerisce l’adozione di una serie di misure più idonee per l’individuazione e
il contrasto delle fonti elettromagnetiche inquinanti. “Sarebbe molto opportuno
realizzare un piano previsionale complessivo delle emissioni, che tenga conto
della somma di tutti i contributi sulla base di un censimento completo delle
sorgenti presenti nell’isola, in modo da individuare eventuali aree a rischio e
procedere al loro risanamento”, scrive il fisico. “Nessun impianto trasmittente
realizzato dopo il 2003 può essere privo di tale modello previsionale, mentre
ai gestori di impianti realizzati prima di quella data occorre richiedere di
realizzarne e presentarne uno”.
Per quanto riguarda le emissioni delle stazioni della
telefonia cellulare e di quelle radiofoniche, rilevate da ARPA con livelli di
campo assai elevati e prossimi ai limiti di sicurezza all’interno dell’abitato,
il prof. Coraddu chiede che le misurazioni vengano ripetute con maggiore
accuratezza, “utilizzando una tecnica e una strumentazione a banda stretta e
con un maggior numero di punti di misura”. Anche per le emissioni prodotte dai
radar militari, e i cui rilievi dell’ARPA sono ritenuti del tutto
“inattendibili”, Coraddu suggerisce ad eseguire nuovamente le misurazioni con
strumenti banda stretta “in grado di rivelare adeguatamente impulsi di breve
durata ed elevata intensità”, previa una completa conoscenza delle
caratteristiche radiometriche delle sorgenti. “In tutti quei casi in cui il
modello previsionale o le misure di verifica abbiano evidenziato valori di
campo prossimi o superiori ai limiti di sicurezza previsti, bisognerà adottare
provvedimenti immediati per la riduzione delle emissioni”, conclude il fisico.
“Solo tali procedure sono in grado di garantire il rispetto delle norme di
sicurezza per la salute umana, mentre eventuali misure aggiuntive potranno
essere adottate, ad esempio, per la sicurezza dei portatori di dispositivi
elettromedicali impiantati (soggetti al rischio di interferenza
elettromagnetica) o per la protezione della fauna all’interno di zone
naturalistiche protette”.
“Le osservazioni del prof. Coraddu ci spingono a
intensificare la campagna contro l’installazione a Lampedusa di nuove sorgenti
di onde elettromagnetiche, come ad esempio i radar dell’Aeronautica e della
Marina militare a Capo Ponente”, afferma Giacomo Sferlazzo di “Askavusa”.
“Abbiamo avuto modo di verificare che il Comune è sfornito di un regolamento
edilizio e di un registro inerente l’installazione di antenne, ripetitori e
radar. Ci chiediamo se l’amministrazione abbia provveduto come annunciato ad
uno studio indipendente sulle emissioni di onde elettromagnetiche. Sul radar di
Capo Grecale, di proprietà della Guardia di finanza, abbiamo fatto un esposto
alla Procura della Repubblica insieme ad altre associazioni di Lampedusa. Si
tratta di un sistema che serve a intercettare le imbarcazioni di migranti,
modello Elta System ELM 2226, acquistato in Israele grazie al Fondi per le frontiere
esterne Ue 2007-13. Per i suoi pericolosi impatti sulla salute e l’ambiente,
questo tipo di radar è stato bocciato tre volte dal Tar della Sardegna. In
Sicilia, l’ELM 2226 era stato installato a Capo Murro di Porco, Siracusa, ma le
proteste degli ambientalisti hanno costretto i militari a trasferirlo a Melilli,
dove però resta spento da più di tre anni per mancanza di autorizzazioni.
Attendiamo di sapere dai giudici se per l’installazione e l’attivazione del
radar israeliano a Lampedusa siano state rispettate le leggi vigenti”.