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lunedì 30 marzo 2015

DUE NOTE

La guerra è un affare. Aggiungiamo che la guerra, come condizione permanente – perenne inquietudine, costante paura di un nemico, ininterrotta emergenza che permette di violare ogni regola in nome dell’estrema sicurezza nazionale –, è lo stato ideale per estendere il domino politico ed economico sulle classi subalterne e aprire al capitale immensi spazi di rapina e profitto.
Inoltre la guerra, soprattutto nella modernità, è un’enorme macchina produttiva. Si nutre d’uomini a costo zero, produce cadaveri affidati al consolante sentimento della pietà e al pianto, ma, sopra ogni altra cosa, permette di realizzare profitti oltremisura.
Ricordiamo che l’industria e il traffico delle armi muovono affari per miliardi di dollari. Le ricostruzioni e i prestiti per realizzarle sono altrettanti affari per investitori e speculatori.
E qualcuno si batte per abolirla, la guerra!, l’ingenuo sprovveduto!
Ribadisco un concetto già espresso altrove. Se si vuole veramente disarmare il terrorismo dell’ISIS, non si bombardano città e paesi (non si è imparato niente dall’Irak e dall’Afganistan?) Si potrebbe, invece, cominciare con il far rispettare a Israele (e agli USA) le risoluzioni dell’ONU sui territori occupati della Palestina. Risoluzioni snobbate e inevase da più di sessant’anni.
A proposito della libertà si stampa. Puzza molto d’ipocrisia il volersi rappresentare da parte del cosiddetto Occidente quale disinteressato paladino delle libertà d’espressione.  Subito, mi viene in mente il bombardamento dell’edificio della Televisione di stato di Belgrado, nel corso della guerra in Jugoslavia, e, a Tripoli, quello della televisione libica per impedire la propaganda di Gheddafi, da parte di USA e NATO.
Il giornalista Julian Assange, che ha rivelato con WikiLeaks alcuni crimini di guerra degli USA in Irak, è tuttora rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, mentre la sua fonte Bradley Maning è in carcere. Gleen Greenwald, che ha scoperto la planetaria rete di spionaggio messa in opera dai servizi segreti USA, vive nel terrore mentre la sua fonte è riparata a Mosca.
Si potrebbe anche osservare che la maggior parte dei media è proprietà di gruppi finanziari e aziende dominati il mercato. La loro libertà consiste, nella maggior parte dei casi, a manipolarla questa sacra libertà; a tacere delle notizie scomode e a diffonderne delle altre, parziali nel migliore dei casi, false nel peggiore.
Claudio Zanini