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martedì 31 marzo 2015

ETHOS PUBBLICO E CORRUTTORI 
di Fulvio Papi

La corruzione è contagiosa,
non solo insozza chi la pratica,
ma ammorba tutto quanto le sta intorno
Angelo Gaccione  


Dopo molto tempo che non seguivo i dibattiti “politici” alla tv poiché avevo l'impressione che, quanto all'informazione e all'analisi, esse non potevano offrire niente di più che una goccia in un deserto, ho ascoltato uno di questi incontri dalla quale sono venute alla luce queste considerazioni. Uno: il tema stantio sulla corruzione relativa alla questione dell'avviso di garanzia. È o non è ratio sufficiens per le dimissioni di un politico? A mio avviso sì, poiché non indica un reato, ma l'appartenenza a un orizzonte di indagini in cui un personaggio pubblico non dovrebbe essere minimamente toccato. Il livello di moralità non è definito in termini di giustizia positiva.
Tuttavia una seconda opinione modera questa certezza: lo spazio della corruzione si avvale di una rete così complessa di correità che può accadere che un ministro (o chi per lui) firmi una delibera senza conoscere attraverso quali intrighi e complicità sia arrivata, appunto, alla firma. Anche qui si può discutere, ma la do come un caso possibile, specie se il ministro (o chi per lui), non ha una competenza specifica.
Terzo argomento: quello di Massimo Cacciari che -anche quando prende parte, molto spesso, a queste “tenzoni”- mostra a chi lo capisce una forma di intelligenza, un poco insofferente, che proviene da una prolungata e seria storia filosofica. Cacciari quindi sostiene che è inutile discutere caso per caso, ma è un sistema che, nel suo funzionamento, ingloba plurimi e diffusi casi di corruzione. Approfittando dell’aura filosofica che ho evocato, dirò molto semplicemente che la corruzione, come tutti gli aspetti sociali mafiosi, appartengono al modello italiano di riproduzione sociale. Credo che questa considerazione, nella sua generalità, colga una forma strutturale e dominante del sistema, e quindi sia l'oggetto di una conoscenza analitica che abbia un valore non solo teorico ma conoscitivo a livello nazionale. Qualcosa che assomiglia alla famosa inchiesta Pacini sulla agricoltura nazionale promessa nell'800. È un'impresa molto difficile ma, economicamente, socialmente e dal punto di vista della giustizia, non impossibile. Si tratta di sfilare quel gomitolo in cui sono comprese complicità che toccano tutti i settori della vita nazionale, senza che nessuno a priori possa dichiararsi estraneo. E tanto più meritorio se in un clima di corruzione vi saranno persone, gruppi, istituzioni che si mostreranno degne di una democrazia politica, come credo accada nel caso di milioni di persone che senza alcun privilegio (che sempre andrebbe analizzato nella sua genealogia) lavorano onestamente e proficuamente tenendo in piedi un paese “difficile”.
Ma ci sono due altri problemi che derivano da quello che possiamo chiamare “il sistema della corruzione diffusa”. Il primo risulta da una carenza: una conoscenza storica di questo processo sociale che non è né fatale né antropologico. Di questa storia non ne ho mai sentito parlare. Se si teme qualcosa di grave ci si sbaglia, poiché a questa vicenda possono essere connesse persone che hanno agito in buona fede, ma certamente il seme della corruzione ha avuto una sua velocità di diffusione, favorita da sistemi di governo che promuovevano la corruzione e l'immoralità. Perché gli storici -che mi sembrano molto competenti e capaci- non si cimentano su questa strada?
Secondo tema: sarebbe importante conoscere quale effetti a livello comportamentale, psicologico, educativo ha provocato questo sistema di riproduzione sociale. Sarebbe importante guardare in uno specchio pulito questi aspetti. La mia impressione è che oggi vi sia uno stacco generazionale. Almeno una parte dei più giovani (i più colpiti da questa situazione) hanno reazioni sociali buone e attive sulle quali è bene contare e aiutare a svilupparsi. Credo che questa sia una dimensione morale che non deriva da pregiudiziali posizioni ideologiche: cercare di fare bene quello che nella congiuntura della vita appare come il bene. So che in filosofia “bene” e “buono” sono state (o sono) ragioni di controversie molto sottili, ma nella vita comune ognuno sa la differenza tra rubare e lavorare, anche se bisogna vedere in quale equilibrio tra sentimento e ragione si verrà a trovare questa opposizione.
Non è vero, come in maniera catastrofica talora si dice, che siamo tutti colpevoli. Non è un peccato d'origine, è un comportamento sociale che certamente in anni ha formato la valutazione del mondo di moltissime persone con una trasmissione e una imitazione che, talora involontariamente, anche i mezzi di comunicazione hanno contribuito a diffondere. Certo mi sembra di essere una di quelle persone che, in tempi di assoluta “effettualità” consideravo con un sorriso, ma oltre che di una vera giustizia (quale oggi non è) è necessario un impegno radicale di educazione, di selezione di una identità di se stessi che sia positiva nel contesto sociale. So che molti saranno d'accordo, ma perché non si esamina a fondo il problema in tutti i luoghi che, più o meno, partecipano all’ethos pubblico? Ma le forme politiche attuali hanno la forza per assumere questo compito senza guardarsi sempre la coda?

PER RIMANERE UMANI
La Casa Editrice “Puntoacapo”
è lieta di invitare gli amanti e i cultori della poesia,
alla presentazione dell’Almanacco n. 5

Venerdì 10 aprile 2015  -ore 17,30- 

Genova, Stanza della poesia (Palazzo Ducale)
Presentazione dell’Almanacco Punto della Poesia italiana (n. 5/2015)
http://almanacco.wix.com/punto

Copertina del n. 5 dell'Almanacco

Intervengono i direttori: Mauro Ferrari e Giancarlo Pontiggia,
assieme a Collaboratori e Autori.
Ingresso libero