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lunedì 5 ottobre 2015

LA LOTTA PER L’UNIVERSITÀ
di Ludwig Englert

Pubblichiamo per i lettori italiani questo importante documento tradotto e annotato dal nostro collaboratore Gabriele Scaramuzza. Documenti come questi gettano una luce nuova sulla parabola hitleriana. 


Adolf Hitler ha fatto appello agli anziani accademici tedeschi per la fondazione di un consesso accademico di lotta, attraverso il quale devono essere raccolti mezzi, che aiutino a sostenere la lega degli studenti nazionalsocialisti nella sua lotta per l’università tedesca.  In proposito riceviamo da circoli studenteschi la seguente lettera: “Ciò che da tempo ci annunciano volantini nazionalsocialisti ce le conferma ancora una volta Adolf Hitler: oggi non si tratta d’altro che di vedere se al nazionalsocialismo riuscirà di “arruolare la gioventù accademica sul fronte della lotta per una Germania nazionale e socialista”, e di far accettare alle università la giovane visione del mondo nazionalsocialista, in breve di fare dei luoghi dello spirito roccaforti del movimento nazionalsocialista”.  
Se questo riesce, il deputato nazionalsocialista sassone Studentkowski ci spalanca la vista di un futuro assai promettente. Il 5 febbraio egli affermò in una adunanza di studenti a Lipsia: “Vogliamo fare dell’Asta uno strumento del potere nazionalsocialista! Noi nazionalsocialisti, soltanto noi, possediamo un valore spirituale. Noi pretendiamo il massimo soggettivismo, che esclude ogni oggettività, giacché esso solo procura alle masse la fede, e questa fede ci dà il potere. Noi non vogliamo comprendere gli altri, giacché tutti gli altri hanno torto apriori”. 
Dopo questa dichiarazione ogni persona imparziale si chiederà pur che cosa in generale i nazionalsocialisti cerchino nelle università. Quando troviamo una profonda spiritualità nella storia, la vediamo accoppiata alla più grande modestia. Basti la parola di Fichte, secondo cui appunto il dotto, cioè l’uomo accademico, è motivato dall’essere il più modesto possibile; a lui è imposto un limite da cui deve sempre tenersi lontano, giacché deve raggiungere un fine molto sublime, che si avvicina solo in una grande lontananza. Tutto questo nei circoli del nazionalsocialismo è caduto malamente in discredito: nelle parole del sig. Studentkowski troviamo la massima arroganza, anziché la modestia. Come la mettiamo ora con la spiritualità esclusiva così enfaticamente proclamata dal nazionalsocialismo? Hanno scritto il soggettivismo sulla loro bandiera. Ma l’inizio di ogni filosofia è il dubbio, e il confronto con opinioni estranee è l’unico mezzo contro il ristagno e la protervia spirituale.  Ciò che la fecondazione è per il mantenersi della vita del corpo, è il dialogo per la nostra vita spirituale; l’insulsa presunzione di aver ragione deve restare sterile.  
È stupefacente come il nazionalsocialismo nel suo comportamento pratico -programmaticamente le cose stanno in modo del tutto diverso- a questo proposito lo si vede tenere fraternamente per mano il suo più feroce nemico, il comunismo. Se in Russia si esige un riconoscimento senza riserve della visione del mondo comunista, in Germania i nazionalsocialisti pretendono la stessa cosa per la loro visione del mondo. In Russia si sono già tratte le conseguenze di questo e si è proibito alla scienza di insegnare conoscenze che contraddicono la visione del mondo comunista; anzi le si è prescritto un metodo, cui deve obbligatoriamente far ricorso per giungere senza fallo agli stessi risultati imposti dalla teoria comunista. Si è battezzato comunismo dialettico questo procedimento, ed è solo una questione di tempo che il nazionalsocialismo si risolva in un nazionalsocialismo dialettico. Alla fin fine, come le parole di Studentkowski mostrano chiaramente, il nazionalsocialismo è incompatibile con la scienza, che si adopera per trovare verità obbiettive, per quanto questo è possibile, data la nostra insufficienza umana. Già vedo il nazionalsocialismo appigliarsi a questa ancora di salvezza: “se già l’obbiettività in senso pieno non è possibile”, sento dire, “allora vogliamo proprio abbandonare questa falsa strada e ritirarci sul piano del soggettivismo”. 
Con questa affermazione il nazionalsocialismo mostrerebbe chiaramente quanto esso sia antitedesco, quanto le parole del sig. Studentkowski hanno mostrato nella luce più cruda la sua mancanza di spiritualità. E di fatto il nazionalsocialismo fondamentalmente non è tedesco, anche perché significa avversione verso l’idealismo tedesco nel suo senso migliore. È alle radici tedesco tendere ad afferrare le stelle, ciò che non è raggiungibile; cercare la  verità anche se non la possiamo mai raggiungere, mirare alla perfezione. Anche se mai lo realizzeremo, amare il bene, anche se siamo deboli; penetrare nel divino, anche se la nostra anima mai potrà afferrarlo.  
Questo idealismo tedesco ha creato un’etica, al cui centro stanno le idee del vero e del giusto. Nell’etica nazionalsocialista non c’è alcun posto per questi concetti: essa esige apertamente menzogna e violenza, anzi persino la rottura della parola d’onore, se lo richiede il bene del popolo tedesco. Questo crasso egoismo popolare contraddice radicalmente l’essenza tedesca. Se il popolo tedesco ha la grazia di poter contribuire al progresso, questo contributo può consistere solo nella profondità del pensiero e in un’etica che si metta al servizio delle cose più alte. 
Nelle parole di Studentkowski si rivela in modo spaventoso il fatto di quanto non spirituale, non etico, non tedesco sia il nazionalsocialismo. Da tempo immemorabile invece le università tedesche sono state roccaforti dell’idealismo tedesco. Si tocca con mano quale inaudito pericolo costituisca l’irrompere del nazionalsocialismo nelle nostre università tedesche; e dunque nessun mezzo deve restare intentato per allontanare da esse questo pericolo. I successi che il nazionalsocialismo ha ottenuto finora anche nei circoli studenteschi si spiegano col fatto che una gran parte di studenti condivide il destino della maggior parte degli uomini moderni, di essere in balia della visione del mondo dominante; la consapevolezza della destinazione dell’uomo accademico va sempre più sparendo. Nella lotta di difesa contro il nazionalsocialismo deve esser contrapposta idea a idea; sulla base delle esperienze fin qui attraversate non è possibile formulare questo nel modo più rigoroso che nel modo seguente: lo spirito tedesco contro l’incultura nazionalsocialista!  
La gioventù accademica presente ha senz’altro il compito storico di contrapporre i più alti valori spirituali, e in particolare l’idea dell’università tedesca, all’incultura nazionalsocialista. Se alla luce del suo ethos non si romperà la forza suggestiva del nazionalsocialismo, i tempi a venire non potranno risparmiare alla nostra gioventù il rimprovero di aver fallito in un momento decisivo della vita della spirito tedesco.   

(Traduzione dal tedesco e nota di Gabriele Scaramuzza)

Nota 
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano “Münchner Neueste Nachrichten”, n. 84, del 28.3.1931. Devo a Heidi, figlia di Ludwig Englert, queste notizie che antepongo alla traduzione dell’articolo. Ludwig Englert ha 28 anni nel ’31; è nato il 22 aprile 1903 e morto il 28 giugno 1981. Questo articolo lo ha perseguitato per tutti gli anni del nazismo. È una risposta a un articolo, o a un pamphlet, di Studentkowski, probabilmente apparso sullo stesso quotidiano. L’Asta che viene citata esiste ancora, ed è una sigla per “Allgermeiner Studentenausschuß”, la rappresentanza degli studenti, i cui membri vengono scelti dagli studenti stessi; anche Ludwig Englert ci si impegnò. Le parole con cui si conclude l’articolo "La destinazione dell’uomo accademico” si spiegano in riferimento al contesto dell’articolo, Englert si rammarica che tale destinazione sia (sotto i nazisti) “sempre più scomparsa”. Englert ha dapprima studiato filologia classica (latino, greco, tedesco e storia) e in essa si è addottorato. Per la sua tesi (sul Trasibulo di Galeno) ha ottenuto una borsa di studio a Lipsia, all’Istituto per la storia della medicina. Nel 1931 aveva già preso una seconda laurea in medicina. Non è facile come mai nell’articolo del ’31 si sia firmato come cand. med. (= candidatus medicinae) e non come Dr. phil. Medizin; in Medicina aveva preso anche un dottorato. Si è occupato poi di Pedagogia (che ha insegnato nelle Università di Monaco e di Augusta), e da questo punto di vista è importante è stato l’incontro con Eduard Spranger, di cui ha curato (con l’aiuto della figlia), oltre a G. Kerschensteiner/E. Spranger, Briefwechsel 1912-1931 (München, 1867), Schule und Lehrer, terzo volume delle “Gesammelte Schriften” (Heidelberg 1970). Per aver notizie in italiano su Spranger si veda: Eduard Spranger, L’uomo estetico, a cura di Tonino Griffero, Aesthetica Preprint 28, Palermo, 1990. Poco prima della morte Englert ha scritto una corposa autobiografia nel volume collettaneo “Pädagogik in Selbstdarstellungen”, vol. III, a cura di Ludwig Pongratz, Meiner Verlag, Hamburg.