LA FIABA
LA STORIA DI
DARÒ
C’era una volta,
una
volta sempre per tutte, un re senza corona, anche la sua consorte, la regina
era senza corona; insomma era un regno senza corone. Per questo motivo i
sudditi erano infelici ed allora passavano il tempo a intrecciare corone di
fili d’erba e con ghirlande di viole per i loro sovrani senza corona. Purtroppo
durante la siccità l’erba non cresceva neppure per nutrire le mucche o le
pecore al pascolo e le viole spuntavano, quando andava bene, solo a marzo. Era
un problema serio e quei due sovrani sui loro troni, senza le corone, non
avevano autorità. Tutto il popolo era triste e i sovrani, dal canto loro, si
consolavano mangiando tutto il giorno, divorando tutte le dispense del reame;
l’immaginario era comico e tutto il mondo rideva pensando ai due lardosi reali,
senza corona per giunta! e al loro popolo sempre più magro e stanco, tanto
stanco, sfinito dalla fame che le corone di viole appassivano prima di essere
terminate. Un giorno passò di lì un fanciullo di nome Darò, con il nasino
all’insù, con due grandi occhi neri e un ciuffo di capelli striati di biondo
sulla fronte, aveva anche le lentiggini sul nasino all’insù e le fossette sulle
guance rosa, dono del suo angelo custode il giorno della sua nascita, anzi
l’ora della sua nascita e precisamente le ore diciotto e trenta. Insomma Darò
era proprio un bambino fortunato e perciò voleva condividere la sua fortuna,
specialmente quando non sopportava la sofferenza degli altri e, vedere un
popolo magro e triste con un re e con una regina molto molto grassi e senza
corona, non riusciva davvero a sopportarlo tanto da sentire una stretta al
cuore, così decise di fare qualcosa. Intanto bisognava dar da mangiare a quel
popolo affamato, perché era talmente stremato che non riusciva nemmeno più a ragionare,
anzi ormai credeva di avere due re e due regine poiché dalla debolezza vedeva
doppio. Darò era fortunatissimo perché era accompagnato sempre da una schiera
di angeli invisibili agli altri, ma era un segreto se no lo avrebbero preso per
matto da legare e poi, legato, non avrebbe potuto far nulla per gli altri,
perciò era anche un fanciullo molto riservato; raccontava tutto solo ad un
amico del cuore, molto fidato, per non scoppiare a tenersi un segreto di cui
andava fiero. Allora, come narra la storia, Darò riempì i magazzini, di quel
paese e di quel popolo senza nome, di ogni ben di dio e si fece una gran festa,
dove mangiando, bevendo, cantando e danzando tutti i sudditi dimenticarono i
loro grassi reali, i quali incominciarono a invidiare il loro popolo. Comunque
ora che il popolo era sfamato e ben rifocillato incominciò a ragionare e,
vedendo due sovrani così grassi, ma così grassi e pure antipatici, pensò: “Perché
noi sudditi dovremmo intrecciare corone di viole per due persone così grasse e
antipatiche? Di solito i ciccioni sono simpatici – pensò ancora perplesso –
potremmo intrecciare – che so – i raggi del sole oppure inventare ghirlande di
stelle o cambiare paese; si potrebbe andare in un paese con un nome e senza re
dove la gente è libera di fare il bene, dove c’è posto per tutti”. Darò, soddisfatto di quella decisione, disse
rivolgendosi a tutti: “Bisogna fare un treno, non di vagoni, ma di persone,
mano nella mano: il treno della solidarietà che viaggi per il mondo, fischiettando”.
Quel popolo, che non aveva nulla da perdere, né un nome né regnanti senza
autorità, intrecciò le dita nelle dita, prendendosi per mano formando un
lunghissimo treno di umanità. Darò li salutò felice salendo sulle ali del suo
angelo custode mentre la gente guardò stupita Darò volare via e pensò: “Non
sarà forse lui l’angelo custode del nostro popolo?”. Questo non si seppe mai,
ma il popolo senza nome e senza le autorità, quando pregava pensava a Darò
decidendo, proprio da quel nome di dare, dare sempre a piene mani intrecciando
le dita a mo’ di cestino pieno di doni. Le stelle generose, in una notte
d’estate, si disposero in modo che tutti vedessero scritto un nome, per quel
popolo senza nome: PLANETARIO. Passarono di lì gli angeli di Darò fissando
quelle stelle in una nuova costellazione.
Laura Margherita Volante