Teatro/BRESCIA
Chiara Pasetti
segnala ai lettori di Odissea
QUESTA IMMENSA NOTTE
di Chloè Moss
Con Lisa Galantini e Cristina Cavalli
Regia Laura Sicignano
Produzione Teatro Cargo
16 aprile, ore 20.30
17 aprile, ore 15.30
Teatro Sociale di Brescia
Via Felice Cavallotti, 20
Nella foto l'attrice Lisa Galantini in una scena del dramma |
Uno spettacolo
sul tema delle donne in carcere, di cui abbiamo discusso anche recentemente con
Isabelle Rome, magistrato presso la Corte d'appello di Versailles (Parigi),
specialista di Séverine, autrice del bellissimo Dans une prison de femmes. Une juge en immersion (édition de Minuit
2014), in cui racconta la sua esperienza di giudice all'interno della prigione
femminile di Versailles, nella quale si è recata per oltre un anno raccogliendo
le testimonianze delle detenute e delle sorveglianti. Isabelle Rome è stata
ospite dell'Associazione culturale “Le Rêve et la vie” a marzo, a Novara,
proprio per trattare questo tema controverso e ancora poco indagato nei suoi
tanti aspetti morali, giuridici, sociali. E quando l'arte, uno spettacolo
teatrale in questo caso, sceglie temi così importanti per riflettere e far
riflettere, non si può che elogiare tali iniziative. La letteratura, la poesia,
l'arte sono forse i mezzi più efficaci per parlare alle nostre coscienze, e per
svelare, come meravigliosamente Baudelaire in “Spleen”, che «quando la terra è
trasformata in un’umida prigione», la «Speranza piange, e l’Angoscia atroce,
dispotica», sull’anima ormai vinta «pianta il suo nero vessillo».
Chiara Pasetti
"Il carcere nella testa. Anche quando sei fuori, sei
marchiata: hai il carcere nella testa. Queste due donne hanno storie comuni
alla maggior parte delle carcerate. Sono vittime assassine, madri tossicomani o
alcoliste; hanno storie infantili di abbandono. Dentro, in prigione, gli è
scivolata via la femminilità: sono diventate fantocci asessuati. Nonostante ciò
non hanno perso dignità. Quando escono il mondo le respinge. Allora per loro il
carcere assume una dimensione uterina, protettiva: è un richiamo, una
possibilità di fuga dal mondo. Non sanno affrontare il mondo perché per loro è
un incomprensibile, monolitico meccanismo che le stritola. Un mondo
insopportabile perché è pieno di McDonald, dove ci sono vecchiette con mani
incartapecorite come zampe di passeri che mangiano un hamburger da sole. E
viene voglia di morire. Il monolocale nella periferia della grande città senza
nome dove le due donne si sono rifugiate, uscite di prigione, in realtà non ha
pareti. Ma lì dentro loro non sanno far altro che rivivere le relazioni e le
dinamiche carcerarie. Sono amiche, madre e figlia, amanti ..." (Laura Sicignano)
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