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giovedì 14 aprile 2016

UGUAGLIANZA GIURIDICA E DISUGUAGLIANZA SOCIALE


Perché un referendum sia valido è necessario che i votanti siano uno di più del 50% degli aventi diritto, e invece per il sindaco è valido qualsiasi quoziente, poniamo il 30 o il 20%, che a riflettere è piuttosto poco. È ovvio sostenere che il quoziente per il referendum è stato posto per impedire che qualche tema stravagante possa divenire normativo, così come sono stati esclusi dal regime referendario la politica fiscale e la politica estera, sostenendo una stabilità e una coerenza dello stato considerate al di là del giudizio ondivago dei suoi elettori. È molto probabile che se gli elettori  (ormai abituati a un edonismo individualistico) dovessero votare l’abolizione delle tasse, lo stato cesserebbe di esistere. Tuttavia se gli elettori dovessero votare per stabilire che ogni tipo di pensione non può superare i 4000 euro, non cadrebbe affatto lo stato, ma si farebbe solo opera di giustizia. Se così non si può fare, si è costretti a pensare che le pensioni di “casta” appartengono all’unità dello stato, così che questo possa garantire la più assoluta differenza economica tra i cittadini . Dico “assoluta” perché tra 4000, 2000 o 1000 vi è comunque una differenza sufficiente a riconoscere e a sottolineare la differenza e il riconoscimento dei meriti nelle funzioni che hanno costituito il lavoro sociale dei cittadini. L’uguaglianza è giuridica, ma la disuguaglianza sociale rimane. Credo che tutto ciò sia realistico e possa offendere solo l’estremismo verbale. È invece offensivo che la differenza sociale debba essere rappresentata da una quantità di denaro che segue in modo clamoroso la differenza medesima. Questa prospettiva si può riassumere dicendo che anche per le leggi dello stato, il denaro è la misura di tutte le cose. Ora che lo stato nei suoi organi più importanti subisca un’influenza dai poteri economici è un’ovvietà. In quello che (in modo discutibile? È definita la più grande democrazia del mondo, cioè gli Stati Uniti, i presidenti hanno l’appoggio aperto di grandi “corporations”. Che però il fare politico sia una ragione di profitto individuale, questo fatto è decadenza etica, dissoluzione e collasso di un sistema democratico che non è solo un oggetto di riflessione studiosa, ma è una percezione sociale. Una percezione sociale poi non è solo un malessere, ma è un elemento che si compone a sua volta di molte fattori, la cui analisi sarebbe molto importante. Qui ne considero uno, senza ritenere che esso sia nell’opinione comune il più importante, e cioè la mancanza di un adeguato criterio di giustizia nell’azione politica. Proviamo a riflettere magari mettendo su una medesima onda referendum e pensioni e, intanto, non avere alcuna simpatia per il sindaco che dice: “Mi elegga l’80% degli aventi diritto o il 10% per me è lo stesso, tanto il mio potere non cambia”.
Fulvio Papi