UGUAGLIANZA GIURIDICA E
DISUGUAGLIANZA SOCIALE
Perché
un referendum sia valido è necessario che i votanti siano uno di più del 50%
degli aventi diritto, e invece per il sindaco è valido qualsiasi quoziente,
poniamo il 30 o il 20%, che a riflettere è piuttosto poco. È ovvio sostenere
che il quoziente per il referendum è stato posto per impedire che qualche tema
stravagante possa divenire normativo, così come sono stati esclusi dal regime
referendario la politica fiscale e la politica estera, sostenendo una stabilità
e una coerenza dello stato considerate al di là del giudizio ondivago dei suoi
elettori. È molto probabile che se gli elettori
(ormai abituati a un edonismo individualistico) dovessero votare
l’abolizione delle tasse, lo stato cesserebbe di esistere. Tuttavia se gli
elettori dovessero votare per stabilire che ogni tipo di pensione non può
superare i 4000 euro, non cadrebbe affatto lo stato, ma si farebbe solo opera
di giustizia. Se così non si può fare, si è costretti a pensare che le pensioni
di “casta” appartengono all’unità dello stato, così che questo possa garantire
la più assoluta differenza economica tra i cittadini . Dico “assoluta” perché
tra 4000, 2000 o 1000 vi è comunque una differenza sufficiente a riconoscere e
a sottolineare la differenza e il riconoscimento dei meriti nelle funzioni che
hanno costituito il lavoro sociale dei cittadini. L’uguaglianza è giuridica, ma
la disuguaglianza sociale rimane. Credo che tutto ciò sia realistico e possa
offendere solo l’estremismo verbale. È invece offensivo che la differenza
sociale debba essere rappresentata da una quantità di denaro che segue in modo
clamoroso la differenza medesima. Questa prospettiva si può riassumere dicendo
che anche per le leggi dello stato, il denaro è la misura di tutte le cose. Ora
che lo stato nei suoi organi più importanti subisca un’influenza dai poteri
economici è un’ovvietà. In quello che (in modo discutibile? È definita la più
grande democrazia del mondo, cioè gli Stati Uniti, i presidenti hanno
l’appoggio aperto di grandi “corporations”. Che però il fare politico sia una
ragione di profitto individuale, questo fatto è decadenza etica, dissoluzione e
collasso di un sistema democratico che non è solo un oggetto di riflessione
studiosa, ma è una percezione sociale. Una percezione sociale poi non è solo un
malessere, ma è un elemento che si compone a sua volta di molte fattori, la cui
analisi sarebbe molto importante. Qui ne considero uno, senza ritenere che esso
sia nell’opinione comune il più importante, e cioè la mancanza di un adeguato
criterio di giustizia nell’azione politica. Proviamo a riflettere magari
mettendo su una medesima onda referendum e pensioni e, intanto, non avere
alcuna simpatia per il sindaco che dice: “Mi elegga l’80% degli aventi diritto
o il 10% per me è lo stesso, tanto il mio potere non cambia”.
Fulvio Papi