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martedì 20 settembre 2016

ESCHER IL VISIONARIO
di Angelo Gaccione
Maurits Cornelis Escher

Si possono trovare numerosi aggettivi per definire l’occhio eccitato dell’artista olandese Maurits Cornelis Escher, ma non c’è dubbio che il suo è e resta un occhio visionario. Solo un occhio visionario, infatti, pur nutrendosi della più evidente e oggettiva realtà, riesce a cogliere le forme più intime di questa realtà per restituircele in altre forme e suggestioni: forme ancora più insolite ed ardite, da toccare il limite del paradosso. Entrare nel mondo delle forme e delle immagini del grande incisore olandese, è come entrare in un labirinto stordente, ma un labirinto rigorosamente geometrico, matematico, razionale, ordinato, anche lì dove le leggi della fisica sembrerebbero vacillare. L’inganno ottico è così bene organizzato dall’artista, che le sue forme acquistano una immediata coerenza architettonica, e dove l’incoerenza risulti geometricamente paradossale o del tutto arbitraria, ecco che basta scegliere il punto di vista giusto, l’angolazione precisa da cui disporsi all’osservazione, e magicamente ciò che è matematicamente impossibile, prospetticamente forzato, oggettivamente sbagliato, si rivelerà corretto allo sguardo dell’osservatore. 

La casa di Leeuwarden

Se questa regola vale per alcuni manufatti come dimostrato dall’impossibile “Cubo di Necker” o per uno dei letti “sbagliati” di Luca Maria Patella, a maggior ragione essa vale per “Belvedere”, l’incisione che Escher realizzò nel 1958, o “Relatività che è una litografia del 1953. In queste opere le architetture fatte di scale, archi, colonne presentano delle forzature prospettiche, dei procedimenti aberranti, e si presentano volutamente paradossali, e tuttavia la fascinazione visiva è straordinaria e nulla ci importa se non la verità dell’opera così come ci è data dell’artista. I paradossi geometrici, gli oggetti impossibili, le torsioni “aberranti”, le iperboli, i simboli più improbabili, in fondo non sono altro, in arte, e quindi in Escher, che elementi di quella seduzione, di quello stupore, di cui la fantasia si serve per accendere la nostra visione, per metterla alla prova.

Belvedere

 L’attenzione per le forme geometriche (ma tutte le forme hanno una geometria), è sempre stata molto viva in Escher, basta analizzare l’interesse per la cristallografia, per le architetture medievali, per il paesaggio (italiano e non solo), per le decorazioni dell’arte islamica e aragonese, per il liberty, l’art nuveaux, il mosaico… Forme che gli hanno suggerito una galleria meravigliosa di xilografie, incisioni, litografie di grande pregio, in una continua metamorfosi, in cui una forma ne figlia un’altra e un’altra ancora, fino a divenire ciò che non ci saremmo aspettati. In un gioco di invenzione che resta tuttavia rigorosamente serio ed organizzato.

Convesso e concavo

Come si può vedere in “Mosaico, Riempimento, Plane Filling II”, dove il bianco e il nero si aggrega a formare animali di ogni sorta, in un gioco di incastri che non lascia un solo margine di spazio vuoto. Una vera e propria fantasmagoria visiva e dove l’insolito emerge con sorprendente fascinazione e gli innesti sono fra i più bizzarri, persino una chitarra battente.
Un’atmosfera di surreale e di fiabesco si riscontra nella xilografia del 1947 “Altro mondo II”, dove i simboli più improbabili affollano una stanza: si tratta di animali mitici, fantastici, tipici della favolistica antica e della visionarietà medievale. Mentre “Planetoide tetraedrico”, xilografia del 1954, contiene nella sua sfera una città medievale distribuita sui quattro punti cardinali. L’effetto qui è magico come in un’altra opera non presente in questa mostra, e che si intitola “Balconi”.

Balconi

Raccontare una mostra ricca di oltre 200 opere non è cosa agevole. Una mostra che dagli “Emblemata” alle tassellature; dalle bellissime “vedute” della Calabria (Cattolica di Stilo, Pentedattilo, Morano, Rocca Imperiale col suo monastero dei Francescani) a “Giorno e notte”; dai 4 elementi a “Tre sfere”; da “Mano con sfera riflettente” a “Nastro di Möbius II”; da “Cielo e acqua” a “Incontro”, splendidamente impaginata e con rimandi, richiami e presenze di grande utilità per la comprensione approfondita della ricerca formale, teorica, culturale e dei relativi debiti di Escher verso figure, movimenti e personalità fra le più diverse e di diversi periodi storici, compresi i rapporti stretti fra l’artista di Leeuwarden e il mondo matematico e scientifico che tanta considerazione ha avuto verso le sue intuizioni e la sua produzione estetica. 

Metamorfosi II

Ma in questa mostra, e che la chiude, è esposta la xilografia “Metamorfosi II” realizzata fra il 1939 e il 1940. È un lavoro dalle dimensioni molto ampie e si allunga in orizzontale su una intera parete. È un omaggio di Escher al paesino della scogliera amalfitana Atrani, e contiene molte delle sue “ossessioni” formali. Si apre con la scritta Metamorfosi disposta secondo un preciso ordito, e avendo cura che la lettera o si trovi sempre nell’identica posizione di un “incrocio” che ricorda lo schema di un cruciverba e che si evolve nella forma di una serie di quadrati. I quadrati mutano in scacchiera, la scacchiera in lucertole, le lucertole in ramarri, questi in esagoni, gli esagoni nelle celle di un favo, le celle in api, le api in libellule che a loro volta si trasformano in colibrì, i colibrì in pesci, i pesci in uccelli, gli uccelli in cubi, i cubi in tetti di case squadrate, le case nel borgo marinaro di Atrani la cui appendice è una torre del gioco degli scacchi, quindi scacchi, scacchiera, quadrati, in una metamorfosi che termina con un ritorno all’origine, alla scritta da cui si era partiti e che chiude l’opera.

Giorno e notte

Il bianco e il nero con cui Escher costruisce in prevalenza le sue visioni conserva una forte presa sulla retina di chi osserva. Gli apparenti vuoti sono vuoti solo in apparenza. Ad un’osservazione attenta non sfuggirà che le anitre bianche in volo, ad esempio, celano in quello che appare un vuoto nero, forme di anatre nere che volano in direzione contraria. La disposizione delle forme in bianco, in realtà disegna delle forme identiche in nero. E questo si ripete serialmente con uccelli, pesci, cavalieri, in tantissime opere, da “Giorno e notte” a “Divisione regolare” e così via.

Divisione regolare

Credo che Escher provasse gioia e stupore nel comporre questi lavori e si divertisse un mondo a sfidare la sua stessa genialità visionaria, e lo spirito di acuto osservatore del suo estimatore.
[La mostra è allestita presso il Palazzo Reale di Milano 
24 giugno 2016 - 22 gennaio 2017]