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venerdì 23 dicembre 2016

L’enigmatica Adorazione
di Claudio Zanini

L’Adorazione dei Magi
presso il Museo Diocesano di Milano, fino al 5 febbraio 2017


A. Durer "Adorazione dei Magi"

L’Europa è in subbuglio, il vento della rivolta protestante spira impetuoso e sta diffondendosi in Germania; il pittore Albrecht Dürer, come molti artisti coevi, apprezza le idee di Lutero. Nel 1504 porta a termine un olio su tavola: L’Adorazione dei Magi, che possiamo ammirare presso il Museo Diocesano di Milano, in tutto il suo mirabile splendore cromatico. Nel dipinto appare evidente come, dopo i diversi viaggi in Italia, il linguaggio fiammingo di Dürer s’arricchisca di decisivi apporti desunti dalla pittura del Rinascimento italiano.
Sebbene la struttura dell’opera riprenda uno schema iconografico tradizionale, con i tre Magi a rappresentare le tre età dell’uomo e le tre diverse etnie bibliche Sem, Cam, Iafet), l’influenza italiana è visibile nella monumentalità della composizione e nell’imponenza delle figure, dove l’asprezza fiamminga è come attenuata, mentre il colore esibisce lucentezza e toni veneziani. Sullo sfondo d’un paesaggio italiano, sono presenti rovine classiche, un borgo con castello turrito arroccato su un picco, d’ispirazione mantegnesca, e un azzurrissimo lago. Alcuni cavalieri turchi, che ricordano L’Adorazione dei Magi di Leonardo, sono sul punto di sfidarsi in un torneo; un grillo e un cervo volante sono indaffarati per fatti propri, due farfalle – simbolo della resurrezione - sostano in posa, un paio di colombe bianche volitano nell’azzurro. Tutti elementi, questi, raffigurati con nitore raro e sapienza naturalistica; come, d’altra parte, nella resa delle vesti sontuose dei Magi e, soprattutto, dei preziosi e raffinati contenitori dei doni, di squisito sapore fiammingo (il padre dell’artista era un importante orafo di Norimberga).
La scena, tuttavia, è immersa in un’atmosfera sospesa, strana. La sacralità dell’evento appare come prosciugata; mentre sorprendenti sono gli atteggiamenti dei personaggi: l’anziano Turcomanno chino guarda la Madonna da sotto in su e il Moro pare indifferente a ciò che accade; il Re biondo, chiaramente un tedesco (in realtà I’autoritratto del Dürer) si volge, altero, sconsolatamente altrove, e sembra fissare il servo che fruga in una borsa. Anche la Madonna dà l’impressione d’esser come assente; lascia che il Bambino giochi con lo scrigno di Melchiorre il quale, unico tra tutti, implora la sua attenzione; lei, invece, preda d’un dolce sbigottimento, pare guardi verso la sfera del Moro, o meglio, il vuoto oltre ad essa.  
La natura intorno, come s’è già detto, minuziosamente raffigurata, d’altro s’occupa nel suo puro esistere, estranea all’evento divino.
Si ipotizza che l’opera fosse stata realizzata su commissione di Federico il Saggio per la Cappella Palatina della sua residenza di Wittemberg. Strana coincidenza! nel 1517, dopo una decina d’anni, Martin Lutero affigge sul portone della cattedrale di Wittemberg le sue 95 tesi.
Azzardo un’ipotesi fantasiosa, suscitata da un’intuizione improvvisa. La figura imponente e altera del Re biondo che fissa, particolare enigmatico, la figura del servo - guardingo come se temesse d’esser sorpreso -, il quale sembra frugare in una borsa altrui, parrebbe suggerire la denuncia dello scandalo del commercio delle indulgenze. Il Re tedesco, dunque, che ostentatamente si disinteressa della Madonna (è noto che il culto di quest’ultima e dei santi sarà soppresso dal Luteranesimo), sembra quasi voltare sdegnato la schiena alla Chiesa romana, rappresentata dal vecchio re prostrato e sofferente.